È stata una settimana proficua per lo Stato italiano sul fronte della guerra al crimine organizzato. Non bastassero i blitz contro il clan Moccia di Afragola, i Casalesi di Caserta e i ladri d'opere d'arte contigui al clan Licciardi di Napoli, lunedì 25 aprile, festa della Liberazione, anche il popoloso comune di Arzano, a nord del capoluogo campano, è stato “liberato” dai boss del pericoloso clan che porta il nome di un quartiere di edilizia popolare, la “167”, e dai vertici del clan rivale. Ben ventisette persone sono finite in manette. Tra di loro Giuseppe Monfregolo, 34enne ritenuto il capo della cosca della “167”, fratello di Mariano, già finito in cella per aver minacciato il comandante dei vigili urbani Biagio Chiariello, oggetto nelle scorse settimane di pesanti intimidazioni a colpi di falsi manifesti funebri. Con il boss Monfregolo sono stati arrestati anche la madre, la moglie, la sorella e altri due fratelli, praticamente l'intera famiglia malavitosa. In cella anche il capo di un'altra fazione, un tempo alleata dei Monfregolo ma recentemente protagonista di una faida sanguinosa: Pasquale Cristiano è stato arrestato assieme al padre, ad una zia e al cognato. A dimostrazione che i legami familiari sono alla base delle cosche di camorra. Altro elemento di spicco arrestato è poi Raffaele Alterio, il cui fratello Antonio poche settimane fa è scampato fortunosamente ad un agguato, rimanendo gravemente ferito.
I protagonisti di questo blitz sono anche noti per eventi, per così dire, “folcloristici”. Ad esempio, Pasquale Cristiano fece scalpore per un video diffuso sui social in cui il pregiudicato sfilava per le vie della cittadina a bordo di una Ferrari rossa in occasione dei festeggiamenti per la comunione del figlio. Piccolo particolare: l'uomo doveva essere agli arresti domiciliari, aveva ottenuto un permesso per partecipare alla funzione religiosa ma ne aveva approfittato per la sfilata di auto di lusso, un modo di ostentare la propria forza.
Giuseppe Monfregolo, invece, finì davanti alle telecamere della popolare trasmissione televisiva “Le Iene”, ai cui microfoni candidamente affermò di essere vittima di una persecuzione, visto che “ad Arzano la camorra non esiste”. Il fratello di Raffaele Alterio, Antonio, è stato protagonista di una polemica sui social in cui accusava i giornalisti locali di non occuparsi del divieto del Comune di far svolgere la processione per la Madonna dell'Arco. In realtà i vigili urbani avevano solo subordinato la processione alla condizione di evitare di passare nella “167” per non omaggiare i boss, e di rendere pubblico l'elenco delle donazioni e dei rispettivi offerenti.
Ora, i ventisette destinatari delle misure cautelari dovranno invece rispondere in tribunale, a vario titolo, di gravissime accuse che vanno dall'associazione a delinquere di stampo mafioso al narcotraffico, dalle estorsioni alla detenzione illegale di armi e alla ricettazione.