DALLA REDAZIONE
Attacchi alla libertà di stampa e di espressione sono all'ordine del giorno in ogni continente. Le nuove guerre per il diritto all'informazione non si dipanano più su un fronte, che divide due campi di battaglia, ma esplodono all'interno della società civile. Vittime predestinate di queste violazioni dei diritti umani sono giornalisti indipendenti, schiacciati dal processo di acquisizione della centralità dell'informazione da parte di poteri consolidati che non tollerano voci dissonanti. Minacce personali e alle famiglie, ferimenti, violenze, attentati, sequestri e omicidi, dichiarazioni false al Dipartimento Editoria per bloccare i contributi e far tacere la voce scomoda, rendono sempre più pericoloso il lavoro giornalistico.
Nonostante la globalizzazione e la vitalità di alcuni settori nella convergenza con le
nuove tecnologie digitali ed elettroniche, c'è ancora molta strada da fare per superare steccati e contraddizioni che ostacolano la libera espressione e circolazione dell'informazione.
Salutato come oasi di libertà di informazione, anche Internet è presto caduto a tutti gli effetti nelle maglie della censura. Dopo una prima illusione di libertà che ne ha fatto la patria di espressione di giornalisti censurati sui media tradizionali e cyberdissidenti non professionisti si è compreso che la Rete può diventare strumento di un più sofisticato controllo. Utenti arrestati, internet point chiusi, chat room controllate, blog cancellati, siti bloccati, notizie estere censurate, motori di ricerca sottoposti a filtri. Il controllo della Rete è un fenomeno all'ordine del giorno da parte di regimi autoritari, che di anno in anno acquisiscono nuovi strumenti di censura e diversificano le strategie.
Le minacce alla libertà di stampa provengono anche dall'interno del complesso mondo dell'informazione e degli informatori. Non sono rari i casi in cui il giornalismo, per paura di ritorsioni, - ma non é il nostro caso - si fa silente e chino alle richieste di poteri forti, perdendo il senso della sua stessa esistenza con grave danno per la società civile.
"La libertà di stampa, insieme alla libertà di essere informati, è il termometro della salute democratica di un Paese. Ce lo insegnano in questi giorni i drammatici avvenimenti della guerra in Ucraina. È compito della comunità internazionale ai vari livelli rendere effettivi questi diritti". No, non sono parole del direttore de 'La Gente d'Italia' Mimmo Porpiglia, bensì del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, dette ieri in occasione della Giornata mondiale della libertà di Stampa e Giornata della memoria dedicata ai giornalisti uccisi da mafie e terrorismo. Ma sono parole che questo quotidiano fa sue, a discapito di tutti quei politicanti che vorrebbero far tacere determinati giornali che non hanno padroni e proprio per questo danno fastidio. Ne sappiamo qualcosa anche noi: il nostro essere liberi e critici non piace a qualcuno che fa di tutto per metterci i bastoni tra le ruote non riuscendo purtroppo a capire (bontà loro) che non riusciranno a farci chiudere le rotative con mezzucci di bassa lega, dicendo per esempio che la nostra linea editoriale a loro non garba. È come entrare nella cucina di un ristorante e decidere in che modo va cucinata la pasta. Una cosa senza senso, ai limiti dell'assurdo e, perché no, del patetico.
Siamo un media aperto a tutti, diamo spazio a tutti (Destra, Centro, Sinistra), apprezziamo chi lavora bene (per il bene della collettività) e critichiamo chi lavora meno bene, fregandosene abbastanza della gente. La nostra Costituzione stabilisce che "la stampa non può essere sottoposta ad autorizzazioni o censure". Forse sarebbe bene che qualcuno lo capisse o che magari studiasse appunto almeno le nozioni elementari di questa Costituzione che, a detta di tutti, è la più bella del mondo. Non siamo più ai tempi del fascismo, dove vigeva un solo pensiero e che forse qui in Uruguay qualcuno vorrebbe ancora. Ma per fortuna non siamo sotto alcuna dittatura e ci dispiace per queste persone che vorrebbero che scrivessimo "qui la vita è tutta rosa e fiori". Ma saremmo poco credibili e probabilmente sbeffeggiati, perché le cose qui in Uruguay, così come in Italia, sono tutto fuorché rose e fiori. Certo, colpa della pandemia e della guerra in Ucraina, ma anche di una politica che fa di tutto per allontanarsi dall'affetto della gente.
Le ultime elezioni del Comites (dove c'è qualche censore, per fortuna non tutti) qui a Montevideo ne sono stata la prova: un flop assoluto. La gente è stanca delle solite promesse preelettorali che puntualmente svaniscono, ed è stanca di scandali e imbrogli vari. Questo giornale da più di 20 anni ha consapevolezza del compito importante che svolge per la democrazia, con l'obiettivo di offrire ai cittadini un'informazione di qualità per contribuire a formare coscienze critiche e libere. E non andando dietro alle veline di questo o quel politico. Per fortuna le persone sono con noi. Ce ne accorgiamo dall'affetto che ci dimostrano quotidianamente via mail o tramite la pagina Facebook che cresce giorno per giorno sempre di più. E se 'La Gente d'Italia' è uno dei pochissimi giornali per gli italiani all'estero ancora in vita, un motivo ci sarà. Quindi se ne facciano una ragione l'Ambasciatore Iannuzzi e Lamorte a cui non vanno bene i contenuti di questo giornale e stanno facendo un'altra volta ( come lo scorso anno) carte false, sí, false per tentare di farci chiudere.....
Viva la libertà di stampa, no al pensiero unico e alla censura.