di Giorgio Merlo
L’attuale bipolarismo non può essere la prospettiva della politica italiana. Veniamo da una stagione contrassegnata da un bipolarismo che ha un solo ed esclusivo obiettivo: la sostanziale distruzione e delegittimazione dell’avversario/nemico. Una distruzione non solo politica ma soprattutto morale. Non a caso, soprattutto nel campo della sinistra, la coalizione del centro destra viene spesso e volutamente confusa e interpretata come una sorta di coalizione sovversiva, illiberale e con una difficoltà a rinnegare un passato oscuro e autoritario.
Un ritornello ormai ridicolo e stantio che però, puntualmente, riemerge alla vigilia di ogni consultazione elettorale con l’altrettanto puntuale accompagnamento e sostegno dello stuolo di giornalisti e conduttori al servizio della “causa”. Un dèjà vu persin troppo collaudato per essere ulteriormente descritto ed approfondito. Sull’altro versante la solita solfa sul “ritorno della sinistra comunista” che, con l’avallo del populismo grillino, si presta ancor più a questa interpretazione.
Ma anche questo è un tasto ormai noioso e ripetitivo che non offre alcunché di costruttivo e di politicamente rilevante. Insomma, si tratta di un impianto politico che non regge più alle sfide importanti e inedite della politica contemporanea. Perché è una risposta politica sbagliata e non più corrispondente alle dinamiche e alle attese della società italiana. Soprattutto dopo la pandemia sanitaria e quella sociale in pieno svolgimento e le ricadute pesantissime che ci saranno con la guerra russo/ ucraina. Una situazione che non può più tollerare pregiudiziali ideologiche, contrasti dello scorso secolo e contrapposizioni frontali attorno a tematiche e temi ormai del tutto archiviati e già consegnati agli archivi.
Sarebbe curioso, al riguardo, assistere dopo le vacanze natalizie - e puntualmente alla vigilia delle prossime elezioni generali - all’eterno duello tra gli intramontabili “post fascisti” e i tardo “ex comunisti”. Ecco perché è giunto il momento di voltare pagina. Certo, molto se non tutto dipende dal futuro sistema elettorale. Ma anche su questo versante - e anche alla luce della deriva trasformistica ed opportunistica di questa legislatura caratterizzata dalla presenza dei populisti - occorre essere chiari perché le regole si possono sempre aggirare. Come, ripeto, ci hanno confermato le vicende politiche di questi ultimi quattro anni che dovevano “rivoluzionare” la politica italiana archiviando definitivamente il passato e tutto ciò che lo aveva contraddistinto.
Tutti sappiamo, invece, com’è finita questa cosiddetta e ridicola “rivoluzione” politica. Un sistematico e scientifico rinnegamento di tutto ciò che era stato solennemente promesso e giurato nelle piazze italiane. Ma, al di là di questa sceneggiata che, purtroppo, ha convinto e affascinato quasi la metà di chi si era recato al voto nel marzo del 2108, forse è giunto il momento anche per cambiare il sistema elettorale prendendo atto che questo bipolarismo è ormai fuori luogo e fuori tempo e che, di conseguenza, l’unico elemento che può smuovere le acque - oltreché essere utile e forse anche indispensabile - è il ritorno di un sistema proporzionale.
Un sistema, cioè, che permetta a tutte le forze politiche di valorizzare la propria ricetta di governo da un lato e che, dall’altro, faccia decollare una coalizione che non è più imprigionata da regole astruse e coercitive estranee ed esterne a ogni riferimento politico, culturale e minimamente programmatico. Un sistema, detto in altri termini, che restituisca alla politica il suo ruolo, la sua funzione e la sua “mission” al di là dei populismi, dei sovranismi e del “nulla della politica” per dirla con l’indimenticabile Mino Martinazzoli.
Ed è proprio in questo contesto che si impone la presenza di un “centro” politico, riformista, democratico e liberale. Un partito e un progetto politico di “centro” che metta definitivamente in discussione quel “bipolarismo selvaggio” e ormai finto che resta all’origine della crisi della politica contemporanea, della scarsa credibilità dei partiti e dello stesso fallimento dell’azione di governo. Al punto che è stato necessario ricorrere ai “tecnocrati”, e quindi alla sostanziale sospensione della politica, per poter dare un governo degno di cronaca al nostro paese. Una situazione, comunque sia, che non può essere definita normale anche perchè, prima o poi, la politica deve riprendere il ruolo che le spetta. Cioè contribuire al governo del paese attraverso il ruolo e la funzione dei suoi attori principali, ovvero i partiti.
Per questi semplici motivi è giunto il momento di liquidare definitivamente ed irreversibilmente questo “bipolarismo selvaggio”. Con la precisa consapevolezza che siamo anche alla vigilia di una nuova fase della politica italiana. Che non va più affrontata con strumenti e metodologie vecchie, desuete e ormai inservibili.