Fusse che fusse la vorta bbona??? Lo diceva Nino Manfredi, attribuendo la frase al “barista de Ceccano”. Lo scrivevamo il 2 luglio del 2021, dopo che addirittura due deputate presentarono il testo della proposta di modifica della legge istitutiva del Com.It.Es. elaborata e approvata dal CGIE. Le due onorevoli sono l’eletta all’estero Fucsia Nissoli (Forza Italia) e l’eletta in Italia Lia Quartapelle (Capogruppo PD alla Camera). Nel primo caso, il testo costruito dal CGIE era stato presentato senza cambiare una virgola, nel secondo caso conteneva invece due miglioramenti, che l’Assemblea del Consiglio Generale non aveva voluto adottare per difendere alcuni orticelli ben identificabili. Fusse che fusse la vorta bbona lo ripetiamo oggi, dopo aver visionato la proposta di testo unificato del relatore Alessandro Battilocchio (Forza Italia), membro della III Commissione Affari Esteri e comunitari. Ci sono voluti 10 mesi per arrivare alla stesura di questo testo unificato. I componenti della Commissione hanno tempo fino all’11 maggio per presentare modifiche al testo, che poi inizierà il suo percorso di approvazione finale quando verrà calendarizzato in Assemblea. Quando e se… verrà calendarizzato. A questo proposito suggeriamo a tutti la lettura del Regolamento interno della Camera dei Deputati e sottoponiamo alla vostra attenzione fior da fiore delle procedure di base contenute nel Regolamento fin dal 1992. Siamo certi che ci siano state ulteriori modifiche, non sappiamo se in meglio o in peggio, ma il quadro generale non può spostarsi più di tanto da quanto di elenchiamo. Sotto la voce “Organizzazione dei lavori”, si legge: “La Camera organizza i suoi lavori secondo il metodo della programmazione”. Ottimo! Altamente pragmatico e produttivo! “A tal fine il Presidente della Camera, presi gli opportuni contatti con il Presidente del Senato e con il Governo, consultati i Presidenti delle Commissioni permanenti, convoca la Conferenza dei Presidenti di Gruppo, per predisporre il programma dei lavori dell’Assemblea, per non oltre tre mesi. Il Governo è informato della riunione, per farvi intervenire un proprio rappresentante”. Perfetto! Tutti sono avvisati, tutti, sono coinvolti, tutti hanno voce in capitolo! Benissimo! “Il programma è predisposto sulla base delle indicazioni del Governo e delle proposte dei Gruppi. Il programma predisposto all’unanimità diviene impegnativo dopo la comunicazione all’Assemblea”. Meraviglioso! L’armonia è assicurata e con essa il rapido svolgimento dei lavori. O no? Non sappiamo quante volte nella storia della Camera il programma abbia raggiunto l’unanimità. E non vogliamo saperlo, perché non vogliamo uscire da questa idilliaca visione di “tutti insieme amorosamente per il bene del popolo italiano”. Infatti, se non si raggiunge l’unanimità, si apre uno scenario complicato e bizantino, nel quale viene preparato un altro programma di massima, che contiene le proposte prevalenti nonché quelle delle minoranze e viene presentato all’Assemblea per il dibattito, in base al quale si arriva a una terza proposta. Se nemmeno questo funziona, si procede per comunicazioni di ordini del giorno dei lavori soltanto per i due giorni successivi. Se vi è opposizione anche a questa quarta possibilità, si decide per alzata di mano sentiti un oratore contro e uno a favore. Otto von Bismarck, il cancelliere di ferro, diceva: “La politica è l’arte del possibile, la scienza del relativo”, ma il giornalista francese Luis Lazarus chiosava: “La democrazia è l’arte di far credere al popolo che esso governi”. Le regole, sempre più minuziose, servono a impedire che il processo di valutazione e approfondimento culmini nell’approvazione di leggi che siano al vero servizio delle comunità che dovrebbero proteggere e al soddisfacimento delle loro esigenze. Nella proposta del relatore Battilocchio si legge un evidente desiderio di dare ai Com.It.Es. non soltanto compiti concreti e precisi, ma anche di invertire l’approccio smisuratamente assistenzialistico del mondo dell’emigrazione, che ancora adesso viene visto dall’Italia come un peso, dati gli stereotipi su alcune comunità. L’intervento dell’Italia è assolutamente doveroso, giustificato e necessario per quanto riguarda le collettività italiane nei Paesi che stanno attraversando tragiche vicissitudini dal punto di vista politico, economico e dell’uguaglianza dei cittadini. Ma non ha senso quando le rivendicazioni vengono urlate e piatite all’interno del sistema protettivo della UE, soltanto per i nostri cittadini che vi risiedono, senza alcuna estensione a chi vive fuori dall’Europa.
Quello che può giovare all’Italia e ai suoi figli all’estero è invece dare forza al concetto della parità dei diritti di cittadinanza a prescindere da dove si vive. Norberto Bobbio, nell’introduzione al suo corso sulla Teoria delle forme di governo, scriveva: “Le varie forme di governo non sono soltanto modi diversi di organizzare la vita politica di un Gruppo sociale, ma sono anche momenti diversi e successivi del processo storico, generalmente l’uno concatenato all’altro, l‘uno discendente per interno sviluppo dall’altro”. I momenti negativi di considerazione e approccio al rapporto fra l’Italia e i suoi figli all’estero si sono sviluppati nelle definizioni di successive categorie di espatriati: gli emigrati sono stati promossi al livello di italiani all’estero, poi sostituiti dal prevalere della categoria della nuova mobilità nella coscienza concettuale collettiva di chi definisce le politiche per i 6.5 milioni di AIRE, la 21esima Regione italiana, tarpando le ali della fruizione della democrazia da parte di chi non vive entro i confini e quindi relegando una volta ancora “la questione emigrazione” ai margini della vita del nostro Paese. Questa modifica della legge istitutiva dei Com.It.Es. non è perfetta, lo sappiamo, ma fa compiere un enorme passo avanti al riconoscimento della dignità e dell’uguaglianza del principio di cittadinanza reale. La perfezione non è di questo mondo. Il meglio è il nemico del bene. Assicuriamoci almeno questo primo salto di qualità.
(Carlo Catttaneo)