di Alessandro De Angelis
La campagna di propaganda in Italia va benissimo. Ci siamo sostanzialmente presi le televisioni. Lì la discussione dominante non è la guerra, ma come i talk nazionali parlano dell’Ucraina. E chi si deve invitare. Anche il Copasir, il comitato parlamentare di controllo sui servizi segreti (i loro, non i nostri) si è cimentato sul tema, senza concludere nulla perché non è nelle sue competenze. Tutto il dibattito è su queste frattaglie, e i nostri agenti di propaganda, che lì chiamano giornalisti, hanno ovunque piena cittadinanza.
In Italia sono così distratti che neanche si sono accorti del nostro amico Lukashenko. Come sai, purtroppo, ha dichiarato che “l’operazione speciale non va come previsto”, ammettendo così le nostre difficoltà sul terreno, menomale che c’è il professor Orsini a sostenere la liberazione di Mariupol da parte nostra e dà tutte le colpe, pure della seconda guerra mondiale, agli americani. È quello che ci difende di più senza neanche un aggravio per le nostre finanze. Ci aveva pensato la tv di Stato italiana a retribuirlo, purtroppo l’operazione è saltata, ma comunque noi non abbiamo costi da sostenere.
Più in generale tutta la disinformazione di cui beneficiamo non comporta spese da parte nostra. Anche Michele Santoro sta facendo un ottimo lavoro che iniziò già ai tempi della guerra del Kosovo. È una bella sorpresa che dopo vent’anni – meno male che in Italia il tempo non passa mai - riesce ancora a rimanere sulla scena con le stesse parole d’ordine contro la Nato. Peccato che all’epoca non lo sfruttammo, eravamo più deboli perché ancora non c’era stato il suo intervento. È un capolavoro, come dicono i sondaggi che registrano un consenso contro le armi che invia l’Occidente su percentuali quasi russe.
Abbiamo indebolito uno dei principali governi dell’Occidente, ed è un franco merito nostro, ma anche gli italiani ci hanno messo del loro, grazie agli alleati che abbiamo conquistato nel tempo, le vecchie amicizie – che lungimiranza, presidente il famoso lettone di cui fece omaggio a Berlusconi - e gli investimenti politici ed economici successivi. Ottima anche l’intervista a Lavrov, su Mediaset, peccato che ha parlato di ebrei e ci ha costretti a scusarci con Israele, ma i risultati sul fronte italiano sono ottimi. Sia a livello di opinione pubblica, sia in termini politici.
Subito dopo il leader della Lega Matteo Salvini ha annunciato un viaggio a Mosca e ha chiesto di mandare meno armi e il leader dei Cinque Stelle Giuseppe Conte ha annunciato una risoluzione parlamentare contro l’escalation militare, il contrario di quella che aveva votato due mesi fa, ma non se ne è accorto nessuno. Ampi meriti vanno riconosciuti anche all’amico Orban, che dopo aver vinto le elezioni, sta svolgendo egregiamente il suo lavoro. E incontra notevole simpatia in Italia: dopo l’incontro col Papa e con Salvini sta bloccando le sanzioni sul petrolio. Peccato che c’è il capo dello Stato Sergio Mattarella, di cui forse avremmo dovuto contrastare con più fermezza la rielezione.
Scusami presidente, se introduco un elemento autocritico, ma, in questo caso, siamo stati poco lungimiranti. E tuttavia, non basta il sostegno del Quirinale a coprire la fragilità del governo Draghi, che procede nella sua azione quotidiana di mediazione in mediazione, dal catasto agli aiuti da erogare alla popolazione. In Italia, come sa, si vota il prossimo anno e in verità il dibattito sull’Ucraina è tutto di posizionamento interno, di qui l’ininfluenza rispetto ad altri paesi europei. Noti la differenza con la Germania: oggi, in un pubblico comunicato, il presidente della Repubblica Steinmeier ha riconosciuto che la ripresa del rapporto con l’Ucraina è dovuto alla visita del leader della Cdu a Kiev.
Friedrich Merz in casa svolge il suo ruolo di opposizione severa, ma all’estero difende e rappresenta il suo paese. In Italia, invece, chi sta al governo si comporta come se stesse all’opposizione e usa le visite all’estero per rafforzare questo ruolo. È perfetto per noi. Nei prossimi giorni il presidente del Consiglio Draghi andrà a Washington, dopo ben quindici mesi dall’insediamento e dopo che a Roma ancora non è stato nominato il nuovo ambasciatore americano, circostanza che solitamente sarebbe interpretata come un segno di disinteresse o come un rapporto che si è allentato. Invece siamo riusciti a farlo passare come un legame speciale, come “l’Italia gendarme della Nato”, in prima fila contro di noi.
Invece sappiamo benissimo che non è vero, ma questo serve, in nome dell’antiamericanismo diffuso, a spostare i sondaggi, già molto incoraggianti, su posizioni terziste (né con la Nato né con Putin) o compiutamente filo russe. Obiettivamente, signor presidente, un altro capolavoro. L’Italia ha poi completamente abdicato al suo ruolo di protagonista in Africa e nel Mediterraneo. Semplicemente non se ne occupa, ed è una fortuna perché questo ci lascia campo libero.
In Libia abbiamo il problema dei turchi che purtroppo resistono, ma tanto con loro ci metteremo d’accordo dopo l’Ucraina, gli italiani intanto non ci sono più; in Mali si sono ritirati e si stanno ritirando dal Sahel, il Sudan è sotto controllo, l’influenza in Centrafrica rafforzata, quando ci sarà l’embargo europeo del gas – cioè mai - decideremo con i compagni algerini, che abbiamo sostenuto sin dalla guerra di liberazione contro i francesi, se continuare a dare o meno il gas all’Italia. Se le operazioni in Ucraina andassero come in Africa potremmo essere davvero soddisfatti. Però con soddisfazione possiamo registrare che ancora non hanno capito cosa significhi l’Africa in termini energetici e di immigrazione per l’Italia e le società occidentali. Bene così. uo, Dmitri Peskov
(Ps: ovviamente si tratta di un documento satirico, che della satira rispetta lo spirito autentico: castigat ridendo mores. Ammesso che ci sia qualcosa su cui ridere). Signor Presidente Vladimir Putin.