di Maurizio Guaitoli
Qual è il colore del Lutto? Nero per l’Occidente e Bianco per l’Oriente musulmano. Così funziona anche nel caso del pacifismo dei ricchi (“wealthy pacifism” per l’inglese) a spese dei più deboli e degli oppressi, che hanno diritto solo al lenzuolo bianco della morte, al contrario di quanto avviene nel mondo colorato di chi pensa, vive e ama all’interno del tempio dei consumi e di quello virtuale dei social, per cui nessun occidentale europeo oggi si sognerebbe di morire per Kiev. Insomma, che i poveri e gli oppressi di tutto il mondo non ci vengano a disturbare con le loro sofferenze e il sangue innocente versato, perché tanto noi non prenderemo mai le armi per difendersi dai loro oppressori.
In compenso, di quelle armi siamo i più grandi produttori ed esportatori del mondo, noi europei, americani e russi, con l’aggiunta recente della Cina che ci ha raggiunti e superati in volume d’affari.Il wealthy pacifism nasce nelle ricche società dell’Occidente e ne rappresenta il nemico giurato, alleato del politically correct e della cancel culture, ma è del tutto impotente contro autocrati e dittatori che fanno un uso spregiudicato della propria forza armata e hanno il monopolio delle materie prime e delle risorse energetiche. Paradossalmente, se fosse stato per i pacifisti arcobaleno, costoro avrebbero mandato in Ucraina e in Afghanistan chilometri quadrati di bandiere multicolori, magari per rendere più allegri i burqa e per stendere un velo colorato sulle montagne di macerie prodotte dai cannoni e dai missili di Putin, che sbriciolano giorno dopo giorno le città ucraine. Perché, poi, “occhio non vede e cuore non duole”.
Tutti si augurano che, finalmente, dalle cronache televisive escano alla svelta gli orrori, il sangue e gli eccidi gratuiti di civili della guerra in Ucraina, per cui ci si rimette a fare business as usual, per evitare altri sacrifici in nome della solidarietà internazionale a difesa degli oppressi. Non si capisce che una guerra o la si perde, o la si vince, disarmando poi per decenni l’aggressore, come accadde per la Germania nazista. In questo caso, la vittoria consisterebbe nel ripristino dei confini internazionali o, quanto meno, della maggior parte di essi, visto che la Russia è una superpotenza atomica e occorre limitarsi il più possibile a una guerra convenzionale contro di lei. L’armistizio, quindi, verrà quando Mosca e Kiev avranno entrambi raggiunto la reciproca convinzione di avere più da perdere che da guadagnare nel continuare il confronto armato.
Certo, l’embargo energetico sulle forniture di Mosca all’Europa potrebbe accelerare la fine del conflitto ma, obiettivamente, rinunciare a gas e petrolio russi a buon mercato non è cosa da prendere in seria considerazione nell’immediato, per il bene dell’industria e delle pacifiche famiglie europee già stressate dai costi stratosferici delle bollette, destinati a sottrarre benessere e consumi alla crescita economica, che vira verso la stagflazione e la recessione. Per i wealthy pacifist, però, nemmeno le sanzioni si possono fare, perché così si affamano i popoli innocenti (che, guarda caso, approvano in massa la guerra di Vladimir Putin, in questo caso!), creando un vero e proprio boomerang economico e molti più danni collaterali a coloro che le applicano. Unica soluzione, a quando pare, è di arrendersi al prepotente, senza stare lì a fare la contabilità delle perdite umane e delle catastrofi che il suo comportamento scellerato ha causato.
Di tutti questi leoni da talk e da tastiera non se ne trova uno solo che sia in grado di rispondere a “come si fa?” a convincere il violento a desistere dal prendere a calci e a pugni il più debole e inerme senza fermarlo con la forza, per poi neutralizzarlo e, se delinquente abituale, tenerlo confinato in qualche posto sicuro da cui non si possa allontanare per il tempo dovuto. I ragionamenti che si ascoltano in giro propagandati dal wealthy pacifism parlano di vittime burattini e di manipolatori burattinai che si fanno la guerra per procura, in modo da testare per interposta persona le reciproche forze. Così Vladimir Putin attacca e invade l’Ucraina in via preventiva anticipando a suo dire un’analoga mossa della Nato, mentre Joe Biden ne approfitta per dimostrargli che è un bullo, capace solo di prendersela con il più debole. E ha quindi diritto a ricevere una bella lezione sul campo che metta giudizio a lui stesso e alla sua cricca di oligarchi e generali.
Ed è in base a simili congetture che il wealthy pacifista alla Michele Santoro/ Marco Travaglio asserisce seriosamente e con sussiego che la soluzione risiede in un incontro risolutivo a due per la pace, in cui Putin e Biden si guardano negli occhi e si mettono finalmente d’accordo fermando la guerra (di Putin) e spartendosi il resto del mondo. Non si capisce bene in questo schema se Volodymyr Zelensky sia della partita (giustamente, per Mario Draghi deve essere l’Ucraina a dire l’ultima parola su che cosa intenda per “vittoria”) o svolga il ruolo del terzo incomodo. Come se il territorio dell’Ucraina che lui rappresenta fosse solo un terreno edificabile, più o meno virtuale, nel Grande Gioco del Monopoli planetario tra superpotenze in cui, però, la Russia tellurocratica continuerà ad avere una fame insaziabile di riconquista dei territori perduti dopo la catastrofe dell’Urss.
Gli Usa, invece, hanno gli occhi puntati solo sulla Cina, come fu all’epoca di Sparta e Atene, e vivono la mossa scellerata di Putin come un grande fastidio, mentre il Deep State sta pensando seriamente di scaricare il peso morto della Russia (Polifemo energetico ma nano economico e forse anche politico) sulle spalle di Xi Jinping, che dovrà assumersi tutti i costi di sostenere economicamente il gigante d’argilla dello Zar che possiede un Paese molto più esteso e ricco del suo. C’è chi a Washington sta solo aspettando il passo falso di Pechino per la fornitura a Mosca di armi e know-how avanzato di componentistica elettronica, per far volare aerei e missili russi, in modo da mettere sotto embargo le imprese cinesi del settore, facendo perdere così alla Cina parecchi punti di Pil!
Su di una cosa il wealthy pacifism tace e continuerà a tacere per sempre: la dittatura feroce dell’Islam radicale che umilia le donne e i loro diritti. E fa strage letterale dei miscredenti. Per tutti costoro, non avendo nessuna soluzione “pacifica” da proporre, vanno bene così come sono Paesi come l’Iran e l’Afghanistan, che cancellano diritti e libertà di ogni tipo delle persone. Del resto, loro sono già in pace con noi: non ci attaccano militarmente e non ci sanzionano negandoci petrolio e oppio. Non è, forse, vero che oggi nel mondo, disposti a combattere una guerra per la loro fede o la difesa della loro Nazione, sono rimasti i musulmani che difendono la sharia armi in pugno, e i popoli slavi, come i russi e gli ucraini?