di ROBERTO ZANNI
Ci voleva il genio del pallone per organizzare un torneo negli Stati Uniti con squadre di serie A zeppe di riserve in contemporanea con i prossimi Mondiali del Qatar. Gli stadi si sarebbero riempiti con l'aggiunta di resse di appassionati davanti alla tv. E il genio, meglio dire i geni, c'erano: quelli della Lega di Serie A. Poi però qualcosa è successo, perchè passata solo qualche settimana dal lancio della balzana idea, ecco il dietrofront: il torneo non si farà. Chissà per quali astrusi motivi è arrivata la rinuncia... Certo che se la Serie A, quella vera, del campionato, nonostante gli sforzi disumani di CBS/Paramount+ che detiene i diritti tv negli Stati Uniti, non la guarda quasi nessuno, facile comprendere quale seguito avrebbe potuto avere un torneo, senza stelle, in contemporanea con il top del calcio, i Mondiali. Ma ci sono altri esempi che rendono l'idea di come e quanto il calcio italiano è seguito negli USA: prima della pandemia si svolgeva, d'estate nelle metropoli americane, il torneo della Relevent Sports Group di Charlie Stillitano. Un grande successo, ma solo se in campo c'erano il Manchester, il Liverpool, il Real Madrid e il Barcellona (nessuna importanza chi si trovavano di fronte). Quando toccava a Inter, Juventus o Milan, quindi il top dell'Italia, spalti semivuoti, quando andava bene. Poi è arrivato il flop dell'Italia, doppio, fuori dai Mondiali, mentre la Serie A continua a riempirsi solo di giocatori stranieri, non importa il valore. E allora così dove si può andare? In America ovviamente: la prodiga Lega apre il portafoglio (dopo averlo rigorosamente chiuso l'anno scorso nei confronti degli italiani all'estero, ma questa è una vecchia storia ormai, taciuta dai più e dimenticata) investe in un ufficio a New York (chissà a cosa servirà), lancia la mostra 'Calcio is Back' e ora anche in un gala al Metropolitan Museum dove solo l'altra settimana si è svolto il Met Gala (questo con la maiuscola), evento mondiale della moda e della mondanità. Una serata, in programma martedì 24, dove sono pronte a scendere sul red carpet le vecchie glorie: ci saranno quattro campioni del mondo 2006, Alessandro Del Piero, che ha un ristorante a Los Angeles e tre allenatori disoccupati: Andrea Pirlo (protagonista a New York, 2015-17, di un grande flop), Fabio Cannavaro e Alessandro Nesta che ha guidato in passato anche il Miami FC (non è quello di Beckham, avrebbe dovuto spaccare il mondo ma si barcamena nella USL, seconda lega degli States). Attesi ospiti e celebrities americane (vedremo quali...) dello sport e dello spettacolo, ma soprattutto presidenti e dirigenti del nostro calcio. L'obiettivo è quello di trovare la chiave per aprire le porte dell'America: incrementare l'audience, entrare nel tessuto connettivo degli USA, per rendere la Serie A popolare. Mission Impossible, direbbe Tom Cruise, perchè non è certo un gala con ex giocatori che stuzzicherà il mercato a stelle e strisce. Qui l'offerta di sport (e i pro delle grandi leghe sono solo la punta di un iceberg enorme) è talmente vasta che serve ben altro che portare vecchie glorie a New York, sfruttando un nome ormai ingiallito dagli anni e che i più (non solo i giovani) non conoscono. Si dovrebbe invece preparare una campagna promozionale capillare, studiare il mercato, puntare sulle aree che potenzialmente offrono maggiori prospettive, con indagini di marketing, prove su campioni (che non sono quelli che fanno più gol...), affidandosi anche alle associazioni italoamericane che in questo modo, con il pallone, diventerebbero emblema di una nuova italianità. Raccontano che la Serie A vorrebbe entrare nelle scuole americane, ma forse proprio per questa idea vuol dire che non le conoscono troppo bene, come sfruttare i ristoranti italiani (che il più delle volte lo sono soltanto per il nome). Ma, ci si può chiedere, come mai allora sono sempre di più i capitali USA a entrare nelle società di calcio italiane (ultimissimo esempio il fondo RedBird con il Milan)? Per far soldi in Italia: sono infatti tante le proprietà a stelle e strisce (e non solo in serie A), ma nessuna, fin dalla prima volta della Roma nel 2011, ha mai cercato di trasportare seriamente il brand, il prodotto negli Stati Uniti. Chiedete a loro perchè.