di Goffredo Galeazzi
La guerra in Ucraina ha evidenziato quanto sia importante disporre di energia prodotta localmente e facilmente trasportabile. L’idrogeno può svolgere queste funzioni: è una risorsa cruciale per la transizione energetica e con un ruolo chiave nei settori in cui è difficile abbattere le emissioni, come l'industria pesante e il trasporto a lungo raggio. E per fortuna sarà sempre più abbondante e sostenibile: nel 2050 sarà prodotto per due terzi a partire da fonti rinnovabili. Con un costo che passerà dagli attuali cinque dollari al chilo a meno di un dollaro secondo lo scenario più ottimista, o comunque poco al di sopra di un dollaro in quello pessimista. Inoltre, un quarto dell’idrogeno prodotto al mondo sarà esportabile, rendendo così facili i rifornimenti in tutti i continenti. Tutto ciò sarà reso possibile dall’innovazione tecnologica e dall’economia di scala, che nella maggior parte delle aree del mondo abbatteranno i costi di produzione. Sono le conclusioni del nuovo rapporto sull’idrogeno appena pubblicato da Irena (International Renewable Energy Agency), l’organizzazione intergovernativa nata per favorire la transizione energetica verso un sistema più sostenibile.
L’analisi esplora l'evoluzione dei costi globali dell'idrogeno verde prendendo in esame impianti produttivi off-grid e considerando il solo costo di produzione, al netto del trasporto. Il modello messo a punto per ogni singolo Paese tiene conto non solo del costo dell’energia e degli investimenti necessari a realizzare le strutture, ma anche della terra disponibile, applicando criteri di esclusione per aree protette, foreste, centri urbani e anche scarsità di acqua. Nonostante questi paletti, il potenziale per produrre idrogeno verde a basso costo risulta diffuso in tutti i continenti e supera di un ordine di grandezza il consumo energetico del pianeta.
La diffusione su larga scala della produzione di idrogeno verde, ovvero ottenuto dall’acqua con l’uso di elettrolizzatori alimentati da elettricità generata da fonti rinnovabili, sarà possibile grazie ai prezzi molto bassi previsti per il 2050: nello scenario più favorevole 72 centesimi di dollaro al chilo negli Stati uniti, 75 in Spagna, 89 in Italia, 90 in Brasile e 67 in Cile. Per l’Italia, l’Irena stima un costo nel 2050 compreso tra poco meno di 1 dollaro a kg nello scenario ottimistico e poco più di 1,5 dollari nello scenario pessimistico. Il dossier quantifica anche il fabbisogno totale di energia rinnovabile e di capacità di elettrolisi installata per raggiungere l’obbiettivo ‘net-zero’ nel 2050: 14 terawatt di solare, 6 terawatt di eolico onshore e 4-5 terawatt di elettrolisi.
Il rapporto formula infine alcune raccomandazioni rivolte ai decisori politici per facilitare la realizzazione di questi scenari: creare un mercato dell’idrogeno con normative idonee, stabilire uno standard internazionale per chiarire cos’è l’idrogeno verde e incentivarne la produzione. Ma, sottolinea lo studio, per raggiungere gli obiettivi occorre accelerare ulteriormente lo sviluppo delle fonti rinnovabili, in modo da poter riservare un’adeguata quota dell’elettricità generata alla produzione di idrogeno verde. “In un'era di alti prezzi dell'energia e delle materie prime, fare dell'idrogeno verde una merce per il commercio globale è un prerequisito fondamentale per accelerare la transizione verso un sistema più sostenibile basato sulle rinnovabili”, ha detto Francesco La Camera, direttore di Irena. La Camera ha aggiunto che l'idrogeno può aiutare a mitigare il 10% delle emissioni globali di CO2 dall'energia entro il 2050 e raggiungere il 12% della domanda finale di energia. “Un quarto di questo idrogeno può essere fornito attraverso il commercio globale. Ciò è in netto contrasto con la situazione odierna, in cui l'idrogeno è difficilmente scambiato oltre confine a causa delle limitate infrastrutture di trasporto e viene consumato principalmente dove viene prodotto”.