di Alessandro Camilli
La Russia, si tende a dimenticare, da sola ha aperto la guerra e ha detto guerra aperta. Non tratta, non media, non parla nessuna lingua diplomatica affine a quella degli altri. Fa da sola, sui suoi tempi, modi e perfino valori. Se tali possono essere definiti l'eradicazione di uno Stato, una nazione e una popolazione cui non si riconosce diritto di esistenza. La Russia fa la guerra a suo modo, incurante se non sprezzante verso decadenti valori occidentali.
Infatti spiana, letteralmente spiana città e villaggi delle terre che è andata a liberare. Le libera di strade, ponti, ferrovie, industrie, silos, case. Le libera del grano, del metallo, delle navi, di parte rilevante della popolazione. Anche dei bambini rimasti orfani o dispersi, li arruola d'ufficio come nuovi cittadini russi, fa a questi minori un'offerta che, letteralmente, non si può rifiutare. La Russia fa la sua guerra e se ne frega di quello che altrove e fuori dalla Russia si intende per guerra, perfino per guerra. Farà, se e quando lo riterrà comodo per la Russia, la stessa cosa per la pace. Farà da sola la sua pace.
Putin dirà: guerra finita. Quando? Quando avrà preso e fatto diventare Russia circa un terzo dell'Ucraina. Donbass, Kherson, Mariupol e forse qualcosa ancora. Oltre alla Crimea che già aveva preso. Quando avrà occupato e fortificato militarmente un terzo dell'Ucraina o giù di lì, allora Putin dirà: guerra finita. Cioè la sua pace, la pace come premio alla conquista.