Il 2 giugno, celebreremo la Festa della nostra Repubblica, nata, per volontà del popolo italiano, settantasei anni or sono.
Rivolgo un saluto a quanti seguiranno questo momento di incontro attraverso la radio, la tv, la rete del web.
È per me un piacere - unitamente ai rappresentanti delle istituzioni qui convenuti – esprimere, in questa occasione, alla comunità degli ambasciatori accreditati a Roma i sentimenti di amicizia che da sempre caratterizzano i rapporti internazionali della Repubblica Italiana. Li ringrazio per l'attenzione e per la cooperazione che manifestano e invito a trasmettere questi sentimenti ai rispettivi governi.
Ho adoperato – non a caso e con un senso di auspicio - il termine 'comunità' per definire l'insieme dei diplomatici presenti in Italia.
Con la Costituzione l'Italia ha imboccato con determinazione la strada del multilateralismo, scegliendo di non avere Paesi nemici e lavorando intensamente per il consolidamento di una collettività internazionale consapevole dell'interdipendenza dei destini dei popoli, nel rispetto reciproco, per garantire universalmente pace, sviluppo, promozione dei diritti umani.
Ci ha spinto e ci spinge il solenne impegno al ripudio della guerra come strumento di risoluzione delle controversie internazionali.
Oggi, l'amara lezione dei conflitti del XX secolo sembra dimenticata: l'aggressione all'Ucraina da parte della Federazione Russa pone in discussione i fondamenti stessi della nostra società internazionale, a partire dalla coesistenza pacifica.
Trovarsi, nel continente europeo, nuovamente immersi in una guerra di stampo ottocentesco, che sta generando morte e distruzioni, richiama immediatamente alla responsabilità; e la Repubblica italiana è convintamente impegnata nella ricerca di vie di uscita dal conflitto che portino al ritiro delle truppe occupanti e alla ricostruzione dell'Ucraina.
Non è un conflitto con effetti soltanto nel territorio che ne è teatro. Le conseguenze della guerra riguardano tutti. A cerchi concentrici le sofferenze si vanno allargando, colpendo altri popoli e nazioni.
Accanto alle vittime e alle devastazioni provocate sul terreno dello scontro, la rottura determinata nelle relazioni internazionali si riverbera sempre più sulla sicurezza alimentare per molti Paesi; sull'ambito della gestione delle normali relazioni, incluse quelle economiche e commerciali. Reca grave danno al perseguimento degli obiettivi legati all'emergenza climatica.
Un conflitto come quello in corso ha, inevitabilmente, effetti globali; intercetta e fa retrocedere il progresso della condizione dell'umanità. Ci interpella tutti.
La comunità internazionale vede pesantemente messi in discussione risultati faticosamente raggiunti negli ultimi decenni.
Sembra l'avverarsi di scenari che vedono l'umanità protagonista della propria rovina.
Con lucidità e con coraggio occorre porre fine all'insensatezza della guerra e promuovere le ragioni della pace.
L'incancrenirsi delle contrapposizioni conduce soltanto ad accrescere i serbatoi dell'odio, a negare le ragioni della libertà, della democrazia, della giustizia internazionale dei popoli, valori incompatibili con chi promuove conflitti.
Esistono per il genere umano, con la più grande evidenza, beni condivisi e gravi pericoli comuni che obbligano a superare ogni egoismo, ogni volontà di sopraffazione.
Occorre ripristinare una rinnovata legalità internazionale.
Con questa convinzione e in questa prospettiva auguro a tutti buona Festa della Repubblica.