Alt: abbiamo scherzato. Il sesto pacchetto di sanzioni licenziato con un accordo politico dai leader europei al Consiglio straordinario di lunedì e martedì non è ancora realtà. Gli ambasciatori degli Stati membri avrebbero dovuto mettere il loro sigillo ieri. Ma, nella nuova riunione, il rappresentante dell'Ungheria blocca tutto. La nuova richiesta di Budapest è di escludere il patriarca della Chiesa ortodossa Kirill dall'elenco dei sanzionati. Ma nelle cancellerie europee il sospetto è che Viktor Orban sia tornato a tirare la corda per chiedere altre deroghe riguardanti l'embargo sul petrolio russo.
Tutto da rifare dunque, sempre a livello di ambasciatori. Una nuova riunione verrà convocata dalla presidenza francese, ma ancora non è stata fissata. Nel frattempo sono in corso i contatti tra le capitali e Budapest, il centro dell'ingorgo che risucchia il sesto pacchetto appena varato dal Consiglio europeo straordinario di fine maggio. Il problema è il patriarca Kirill. O almeno, a quanto si apprende, su questo ha obiettato l'ambasciatore ungherese in Coreper, il comitato che riunisce gli ambasciatori dei 27. Ma è diffusa l'idea che in realtà Orban stia chiedendo altro.
Vale a dire: un'altra deroga di tre anni sui prodotti derivati dal petrolio. In sostanza, secondo l'accordo raggiunto, Budapest potrà continuare a importare petrolio dalla Russia, perché l'oleodotto che glielo porta è escluso dalle sanzioni, ma non potrà esportarlo a partire da febbraio. Cioè da quando entrerà in vigore lo stop delle importazioni di oro nero via mare e da quando Germania e Polonia si sono impegnate a chiudere i rubinetti dell'oleodotto escluso dalle nuove misure, il Druzhba che non serve solo l'Ungheria ma anche Germania e Polonia, appunto, oltre che Croazia, Repubblica Ceca, Slovacchia. Dietro il nuovo stop da parte di Orban ci sarebbe la richiesta di poter esportare il greggio russo raffinato nelle raffinerie ungheresi fino al 2026.