Matteo Salvini scende nella sala stampa di via Bellerio che manca un quarto d’ora alle 16. Nel giorno di una tornata amministrativa che tutto sommato sorride al centrodestra, almeno laddove si è presentato unito, dedica tre minuti al commento delle amministrative e poi parte con l’enunciazione di una lunga serie di battaglie economiche e sociali che vedranno la Lega impegnata nei prossimi mesi. L’effetto è straniante.
Così come lo è stato per alcuni partecipanti al Consiglio federale, riunitosi in mattinata per quasi tre ore. “Si è parlato un po’ di referendum, sulle amministrative non una parola”, raccontano dal di dentro. Il segretario ha schierato tutto il gotha del coordinamento economico del Carroccio, da Claudio Borghi a Alberto Bagnai passando per Claudio Durigon. Una riunione incentrata su progetti per adeguare stipendi e pensioni al costo della vita, al rinnovo degli sconti su carburante e energia, alla rottamazione delle cartelle esattoriali e fino all’abolizione della legge Fornero.
Un vero e proprio romanzo delle intenzioni prossime future della Lega, argomenti scelti sia per battere la strada comunicativa degli ultimi mesi sia per l’effetto di pressione che si vuole esercitare sul governo e sugli altri partiti di maggioranza. Ma soprattutto per ridurre al minimo il contraccolpo del totale fallimento del referendum e del magrissimo bottino raccolto dalla Lega.
Il centrodestra vince al primo turno a Palermo e a Genova, sfiora il successo anche a L’Aquila, Federico Sboarina, candidato dei sovranisti, la spunta contro il grande nemico Flavio Tosi e sfiderà il centrosinistra al ballottaggio. Ci sarebbe che da essere soddisfatti.
E invece una lettura superficiale dei risultati nasconde quel che Salvini sa bene: la Lega è in grandissima flessione ovunque. Nella città scaligera, storico bastione delle camicie verdi, i primi dati indicano il simbolo di Alberto da Giussano inchiodato a un misero 6%. Ma la notizia è che il dato di Fratelli d’Italia è quasi il doppio rispetto a quello degli alleati. È un trend in moltissime città, soprattutto al nord, numeri sorprendenti se si considera che il principale radicamento del partito di Giorgia Meloni è storicamente da Roma in giù. Un sorpasso che sarebbe stato compiuto anche in altri capoluoghi significativi, quali Genova e Padova. A Como e Piacenza la Lega non riesce a trainare il centrodestra a una vittoria al primo turno, a Lodi va ancora peggio, con il centrosinistra che potrebbe evitare il ballottaggio. Salvini spolvera il pallottoliere, compulsa il telefono, dice che “dai primi dati che abbiamo abbiamo perso solo un sindaco”. Tra quelli conquistati e ostentati figurano Castrocaro e Ponza. Lo spoglio sarà lungo, le prime avvisaglie non sono promettenti, i colonnelli lo aspettano al varco.