"Quando sei in guerra non puoi permettere che le difficoltà dominino il tuo pensiero". Così Margaret Thatcher nelle sue memorie ricorda la difficile decisione di intervenire militarmente nell'Atlantico meridionale per riprendere nel 1982 le isole Falkland invase dalle truppe della dittatura militare argentina che le avevano ribattezzate col loro nome spagnolo di Malvinas.
Oggi ricorrono i 40 anni dalla fine di quel conflitto che si può considerare l'ultima grande gloria militare individuale del Regno Unito e che viene celebrata come tale dalle istituzioni e soprattutto dalle associazioni dei reduci, ancor di più se si considera che Londra è impegnata in una stretta collaborazione militare e nella fornitura di armi all'Ucraina invasa dalla Russia.
La spedizione navale e con forze di terra ordinata dall'allora premier conservatrice, perfino contro la volontà degli alleati americani guidati dal presidente Ronald Reagan, raggiunse il suo obiettivo dopo due mesi e dodici giorni (dal 2 aprile al 14 giugno 1982) col ritorno del Territorio d'Oltremare sotto la madrepatria, l'umiliante sconfitta delle truppe di Buenos Aires, e un bilancio di quasi mille caduti, 255 britannici e 649 argentini. La guerra era così finita ma la lunga contesa sulle isole è andata avanti nei decenni. Non mancano i parallelismi con le vicende attuali.
A Londra il premier conservatore Boris Johnson è stato paragonato alla Thatcher: come lei sta vivendo un periodo di forte difficoltà interna, con la sua leadership traballante, e la scelta di mostrarsi come il leader occidentale più vicino all'Ucraina di Volodymyr Zelensky ha suggerito a qualcuno l'espressione di un "momento Falkland" per BoJo. Se però all'inizio della guerra nel paese europeo la prontezza di Johnson nel sostenere Kiev lo ha rafforzato dentro il suo partito conservatore e perfino rispetto alle opposizioni, il prolungarsi delle ostilità va contro i suoi interessi, e lo si è visto anche in occasione del recente voto di sfiducia fra i deputati Tory superato dal premier ma con una certa difficoltà.
Altre similitudini si possono ritrovare in una recente dichiarazione del ministro della Difesa, Ben Wallace, che ha paragonato Vladimir Putin al generale Leopoldo Galtieri: per conquistare le Falkland "mandò giovani soldati a morire per le sue personali ragioni politiche". Mentre si deve ricordare che anche la famiglia reale ebbe un certo ruolo nel conflitto, col principe Andrea impegnato in prima linea come pilota di elicotteri e perfino decorato, anche se gli scandali recenti e la revoca di titoli e gradi militari hanno oscurato quel suo contributo.
Ci sono comunque grandi differenze rispetto al passato. La Lady di Ferro combatteva contro un nemico modesto in confronto alla Russia e soprattutto in due mesi ha chiuso la partita. Le ripercussioni di quelle settimane di ferro e fuoco però restano. Buenos Aires, anche con l'attuale presidente Alberto Fernández, ripete lo slogan nazionale, che si ritrova un po' ovunque, dalle sedi istituzionali ai cartelli stradali: "Le Malvine sono argentine".
La rivendicazione delle "Malvinas" resta quindi come un diritto, ribadito presso gli organismi internazionali, al netto della vendetta calcistica ottenuta dalla 'mano de Dios' di Maradona ai mondiali del 1986 nei quarti di finale tra Argentina e Inghilterra. Le tensioni tra Londra e Buenos Aires non sono mancate negli ultimi anni: hanno riguardato ad esempio i giacimenti petroliferi trovati al largo delle isole e più in generale i rapporti bilaterali segnati da quella guerra non ancora consegnata ai libri di storia.