di Massimiliano Di Pace
Quanto sta costando la guerra Russia – Ucraina all'Italia? La questione che il nostro paese stia soffrendo a causa del conflitto è affrontata nel dibattito politico, così come nel mondo economico, ed ammessa dallo stesso Governo, che è intervenuto più volte, come in occasione della riduzione delle accise sui carburanti (in scadenza ai primi di luglio), e il bonus di 200 euro per la maggioranza delle famiglie italiane. Va detto però che un tentativo di quantificazione dei danni causati al nostro paese dalla scellerata decisione russa di invadere l'Ucraina, ancorché difficile, è possibile, se si accettano alcune ipotesi semplificatrici.
Innanzitutto si può ipotizzare che il costo della guerra derivi sia dalle mancate vendite all'estero, dovute alle sanzioni occidentali, sia dal maggior costo degli acquisti di beni e servizi per famiglie e imprese, a causa dell'aumento dei prezzi delle materie prime energetiche e agricole, dovute in buona misura agli effetti della guerra, che si è poi esteso a tutti gli altri prodotti. Per la prima voce di danno è sufficiente analizzare i dati del commercio internazionale, mentre per la seconda tipologia di costo si può utilizzare il differenziale tra la media dei tassi di inflazione registrati tra febbraio (in cui i mercati delle commodities avevano già cominciato a scontare l'imminente invasione) e maggio 2022, e la media dei tassi dei mesi precedenti al conflitto, per applicare poi questa percentuale differenziale al valore dei consumi delle famiglie e degli acquisti di beni e servizi delle imprese.
Sul fronte del calo delle esportazioni, si è già visto in un precedente articolo uscito sabato 11 giugno, che l'export italiano, almeno nel primo trimestre 2022, non ha complessivamente risentito della guerra (anche per il fatto che l'export verso la Russia rappresenta solo l'1,5% delle vendite di merci italiane all'estero), nonostante si sia registrata una forte contrazione dell'export verso la Russia, un mercato che nel 2021 valeva 7,7 miliardi di euro. Per la precisione, le esportazioni verso la Russia erano aumentate nei primi 2 mesi dell'anno, portandosi a 1,2 mld, salvo poi crollare del 50% rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente nei mesi di marzo ed aprile 2022. Non è poi da escludere che nei prossimi mesi il calo sia ancora maggiore, se non altro per le difficoltà di pagamento (molte banche russe sono state sconnesse dallo Swift, la rete internazionale per i trasferimenti di denaro), e di trasporto, essendo interrotto qualsiasi movimento di persone e merci tra Ue e Russia. Nella peggiore delle ipotesi, ossia di un crollo quasi totale dell'export italiano in Russia, si può stimare in 5 miliardi di euro il danno per il 2022, considerato che comunque a inizio gennaio e febbraio 2022 gli esportatori italiani avevano già venduto merci per 1,2 miliardi di euro, e per 700 milioni nei 2 mesi successivi. Il mercato ucraino vale invece 1,7 miliardi di euro l'anno, ed è ragionevole ritenere questo importo completamente perduto per il 2022, con il risultato che in termini di minori ricavi per l'economia italiana si può segnare un -7 mld per l'attuale anno.
Sul fronte dei maggiori costi per le famiglie e le imprese, occorre partire, come già ricordato, con la quantificazione dell'incremento dell'inflazione nel periodo febbraio – maggio 2022, rispetto al semestre precedente (agosto 2021 – gennaio 2022). Consultando il sito dell'Istat, si scopre che l'inflazione (indice armonizzato dei prezzi al consumo - IPCA) mensile dei mesi di febbraio, marzo, aprile, maggio 2022 è stata, rispettivamente, dello 0,8% (6,2% su base annua), 2,4% (6,8% annuo), 0,4% (6,3% annuo), 0,9% (7,3% annuo). In media, la crescita mensile dei prezzi dei beni di consumo in questi 4 mesi è stato del 1,1%, mentre l'inflazione annua si è assestata in media intorno al 6,6%. Se si pongono a confronto questi valori con quelli risultanti dalla media dei tassi di inflazione (mensili e annui) dei 6 mesi precedenti, si ha subito l'evidenza della crescita attuale dei prezzi, che è ragionevole attribuire alla guerra: infatti nei 6 mesi precedenti al conflitto (agosto 2021 – gennaio 2022), l'inflazione mensile è stata in media dello 0,6%, mentre quella annuale del 3,6%.
In pratica è ragionevole affermare, considerato che la spinta inflazionistica era già partita nei mesi precedenti, che l'ulteriore accelerazione dei prezzi degli ultimi mesi sia dovuta principalmente all'evento bellico, che ha generato un ulteriore incremento dei prezzi dello 0,5% mensile (1,1% - 0,6%). Nell'ipotesi che l'aumento dell'inflazione sia costante nel corso del 2022, è ragionevole ritenere che i consumi delle famiglie saranno pagati almeno il 5% in più in questo 2022 (0,5% per 11 mesi). Applicando tale percentuale del 5% al valore dei consumi delle famiglie italiane, pari a 1.029 mld di euro nel 2021 (come risulta dai conti nazionali dell'Istat), si arriva ad un extra costo di 50 miliardi di euro per i residenti in Italia per l'intero 2022.
Se a questo si aggiunge il costo in più sostenuto dalle imprese per l'acquisto di beni e servizi, quantificato dall'Istat in 2.381 mld di euro nel 2019, anche essi soggetti all'inflazione, la guerra potrebbe essere costata al mondo produttivo circa 120 miliardi in un anno (sempre nell'ipotesi che l'inflazione si mantenga nel corso del 2022 agli attuali livelli). Volendo limitare la quantificazione ai primi 4 mesi (da febbraio a maggio 2022), si può affermare che, dividendo i valori sopra stimati per 11 mesi, e moltiplicandoli per 4, gli extra costi per l'inflazione sospinta dalle conseguenze del conflitto si potrebbero aggirare intorno ai 20 miliardi per le famiglie, e ai 40 miliardi per le imprese. Insomma, tra riduzione delle esportazioni (7 miliardi) e maggiori costi dovuti all'inflazione (20 + 40 mild), l'Italia è creditrice della Russia già per quasi 70 miliardi, che potrebbero diventare a fine anno 180 miliardi.
Non ci sarà sequestro dei beni russi sufficiente per ripagare l'Italia per gli effetti dell'assurda e ingiustificata invasione dell'Ucraina, ma almeno si potrebbe cominciare ad incamerare nell'erario, a titolo risarcitorio, quei beni di soggetti russi, che oggi sono solo congelati per effetto delle sanzioni dell'Ue. E' probabile che a questo scopo serviranno provvedimenti normativi e attività di intelligence. Infatti, tanti beni di persone e imprese russe sono intestati a società cipriote, un paese dell'Ue storicamente molto aperto agli investimenti russi, e per individuarli occorre un'occhiuta attività di indagine, difficile, ma possibile. In conclusione, anche alla luce dei costi sostenuti dallo Stato italiano per gli aiuti all'Ucraina, per il momento difficili da quantificare, sarebbe pure giusto che il conto non lo paghino sempre e solo i contribuenti italiani.