di Giampiero Martinotti
La Francia si chiede: e adesso, piccolo presidente? Che le politiche fossero a rischio per Emmanuel Macron, lo sapevamo.
Ma nessuno aveva previsto una batosta così per un presidente eletto, meno di due mesi fa, con il 58,55 per cento dei voti. Il suo (non) partito esce con le ossa rotte dal secondo turno. Ha la maggioranza relativa, ma resta molto lontano da quella assoluta, il che rende nell’immediato difficile intravedere come potrà governare il paese.
Seconda sorpresa: il Rassemblement National di Marine Le Pen avrà il primo gruppo parlamentare di opposizione. L’estrema destra era abituata ad avere successo alle presidenziali e non alle altre elezioni. Il successo di ieri, 19 giugno, cambia le carte in tavola e allunga l’ombra del pericolo populista sulla democrazia francese.
La sinistra in Francia sotto le aspettative - Infine, la sinistra ha avuto un buon successo, ma largamente inferiore alle aspettative. I seggi sono inferiori alle attese, la France insoumise del populista Jean-Luc Mélenchon non sarà il principale oppositore del presidente. Avrà meno deputati dell’estrema destra. L’unità elettorale ha dato i suoi frutti solo fino a un certo punto.
Partiamo dal dato principale: il paese ha votato una mezza sfiducia a Macron. Due mesi fa è stato eletto per l’assenza di rivali credibili. Il paese è tuttavia diviso in tre blocchi (centro, destra populista, sinistra populista) e alle politiche ne ha approfittato per ricordare al capo dello Stato quanto sia poco amato da una parte dei cittadini.
Ciò nonostante, non esistono coalizioni alternative. Con i suoi 245 seggi, il presidente è lontano dalla maggioranza assoluta (289) e ottenere i voti necessari a far passare i suoi progetti sembra davvero un exploit.
François Mitterrand, quando venne rieletto nel 1988, si trovò di fronte una situazione simile, ma non altrettanto catastrofica. Prima di tutto, i socialisti ebbero, insieme a vari satelliti, 275 seggi. E la costituzione permetteva di governare a colpi di «non sfiducia», cioè obbligando le opposizioni a trovare un’impossibile maggioranza antigovernativa.
Questa possibilità è stata notevolmente ridotta dalla riforma costituzionale del 2008. Adesso, Macron e la sua prima ministra, Elisabeth Borne, dovranno trovare molti più voti tra i vari deputati dall’identità sgusciante. Non siamo alla paralisi, ma certo il secondo mandato di Macron rischia di arenarsi presto sulle rive dell’immobilismo.
La vincitrice delle politiche è senza dubbio Marine Le Pen. Lei stessa era sembrata non credere in un successo. Entrata in campagna tardi, si era fissata l’obiettivo di 60 deputati. Ne ha ottenuti 89, mentre nel 2017 ne aveva avuti appena 8.
Il fronte repubblicano non esiste più - Quando si è trattato di scontri diretti tra populisti di destra e di sinistra, l’elettorato non ha penalizzato i lepenisti. Il cielo di vetro che fin qui ha impedito all’Rn di puntare al successo, si è incrinato. E un brutto segnale per i prossimi anni.
Non sappiamo se Le Pen sarà di nuovo candidata nel 2027, ma il suo partito fa parte ormai del panorama politico come tutti gli altri, la conquista del potere non gli è più preclusa. Lo dimostra un dato: i lepenisti hanno conquistato più seggi di quel che resta dei Repubblicani (61 più una decina provenienti da varie schegge delle destra democratica). A destra, la loro egemonia è per il momento indiscutibile.
La sinistra è andata piuttosto bene, il cartello elettorale, sia pur sotto l’egida dei radicali di Mélenchon, ha funzionato. Il risultato finale è tuttavia inferiore alle previsioni di una settimana fa : 131 seggi più una buona parte dei 22 attribuiti genericamente alla ‘gauche’, che si dividono fra le quattro componenti dell’alleanza (mélenchonisti, socialisti, comunisti, verdi).
La Nupes (Nuova unione popolare ecologica sociale) ha dimostrato che l’elettorato di sinistra, sia pur largamente minoritario nel paese (25%), è favorevole a una larga alleanza. Il problema è quello di tradurre un cartello elettorale in un progetto politico coeso. E’ un passo per il quale la sinistra non ha ancora le gambe abbastanza lunghe.