di Danilo Ceccarelli
Arrivare primo senza vincere. C'è riuscito il presidente Emmanuel Macron al secondo turno delle legislative, dove le prime proiezioni dell'Ifop riportate da Lci danno la sua coalizione, Ensemble!, tra i 210 e i 250 seggi. Non abbastanza per arrivare alla soglia dei 289 deputati necessari ad avere la maggioranza assoluta all'Assemblea nazionale. Dietro c'è la Nuova Unione popolare ecologica e sociale (Nupes), l'alleanza di sinistra guidata da Jean-Luc Mélenchon, tra i 150 e i 180. Ma la vera sorpresa è il Rassemblement National di Marine Le Pen che sfonda e arriva tra gli 80 e i 100 parlamentari, mentre i Repubblicani restano dietro tra i 60 e i 70. L'astensionismo, invece, tocca il picco massimo del 54%.
Bicchiere mezzo vuoto, se non totalmente all'asciutto per l'inquilino dell'Eliseo, che deve accontentarsi di una maggioranza relativa. Troppo poco per dormire sonni tranquilli nei prossimi cinque anni, mentre nella Camera bassa del Parlamento francese si dibatterà sui progetti di riforma in cantiere. Primo fra tutti quello delle pensioni, il più delicato in agenda, che promette battaglia soprattutto sul punto riguardante l'innalzamento dell'età pensionabile a 65 anni. “È un naufragio", commenta un esponente macroniano a France 2 rimanendo anonimo. La debacle potrebbe essere ancora più cocente in caso disfatta massima dei ministri-candidati, costretti a lasciare il governo. Già perché la premier Elisabeth Borne e il titolare dell'INterno Gerald Darmanin ce l'hanno fatta ma molti in questi minuti restano in bilico come la ministra della Transizione ecologica, Amelie de Montchaline e quello dell'Europa, Clement Beaune, mentre la sottosegretaria Justine Benin ha perso ieri nel voto anticipato in Guadalupa e nel resto dell'Oltremare.
In questo mandato la maggioranza presidenziale dovrà scendere a compromessi su ogni testo che presenterà in Parlamento. Per approvare le riforme, la maggioranza si rivolgerà soprattutto ai deputati dei Repubblicani, che a questo punto si ritrovano a svolgere un ruolo cruciale nonostante lo scarso risultato. In prima linea ci saranno i parlamentari della Nupes, diventati il principale gruppo di opposizione grazie al blitz orchestrato da Mélenchon all'indomani delle presidenziali, dove ha riunito la sinistra dopo aver incassato un ottimo 22% al primo turno. Il sogno di portare la Nupes ad avere la maggioranza schiacciante utile ad imporre una coabitazione con il “tribuno” della gauche premier non si è però realizzato, come ampiamente previsto dai sondaggi dei giorni scorsi. Mélenchon a 70 anni si è giocato il tutto per tutto scegliendo di non candidarsi e adesso resterà fuori dal Palazzo Bourbon come leader dell'opposizione, con la speranza il suo gruppo riesca a tenere per tutto il mandato visti gli attriti che si stanno già verificando.
Una vittoria zoppa anche la sua, quindi, che è comunque riuscito nell'intento di frenare i macroniani. Il nuovo slancio promesso durante la corsa all'Eliseo dal candidato-presidente non è arrivato. Macron ha perso lo smalto di cinque anni fa, quando portò circa 350 dei suoi all'Assemblea in un'elezione che dal 2002, dopo essere stata stata spostata a ridosso delle presidenziali nell'ambito di una riforma che ha ridotto il mandato da 7 a 5 anni, viene considerata come una formalità per confermare la posizione di forza del neo-eletto presidente.
Macron ci ha messo del suo: è rimasto relativamente in disparte durante un campagna elettorale sotto tono e ha puntato molto sulla sulla immagine internazionale con l'impegno nella crisi ucraina. Una strategia già vista durante le presidenziali, che sembra aver stancato i francesi per un'elezione che non è mai brillata per appeal. Lo dimostra anche l'alta astensione, diventata ormai strutturale in Francia, sebbene l'afa di queste ora ci abbia messo del suo.
Solamente all'ultimo, quando il pericolo si è fatto più concreto, il presidente ha cominciato a sventolare lo spauracchio della “instabilità” causata dagli “estremi”, gli stessi che aveva promesso di far sparire all'inizio del precedente mandato. Il risultato, oggi, è completamente opposto rispetto a quello annunciato: un centro molto forte e due opposizioni radicali ben salde, guidate rispettivamente da Mélenchon e Le Pen. Proprio quest'ultima, sebbene sembrava aver perso in questi ultimi tempi lo scettro di principale leader dell'opposizione, può sfregarsi le mani dopo aver visto il suo Rassemblement National superare ampiamente la soglia dei 15 deputati necessari per formare un gruppo parlamentare. Un risultato storico per l'estrema destra francese, che a differenza degli avversari a queste elezioni si è presentata senza stringere alleanze in un voto che tradizionalmente non gli è favorevole. Le Pen, che è stata inoltre confermata nel feudo del Pas-de-Calais, resta quindi tra i principali oppositori del presidente in uno scenario politico sempre più polarizzato.