Chiaro il messaggio che ieri il primo ministro Mario Draghi, nel corso delle repliche alle comunicazioni alla Camera dei deputati in vista del Consiglio europeo del 23 e 24 giugno, ha dato in merito alla guerra: l’Ucraina si deve poter difendere dall’aggressione russa. Il presidente del Consiglio ha detto di condividere questo “punto di vista” sulla questione ucraina.
“C’è una fondamentale differenza fra due punti di vista: in base a uno, quello mio sostanzialmente, l’Ucraina si deve difendere. Le sanzioni e l’invio di armi servono a questo”, ha detto il premier a proposito dei “due punti di vista” che a suo avviso sono stati esposti nell’emiciclo. “L’altro punto di vista è diverso: l’Ucraina ‘non si deve difendere, non dobbiamo fare le sanzioni, non dobbiamo mandare le armi, la Russia è troppo forte, perché combatterla, lasciamo che entri, che l’Ucraina si sottometta, dopo tutto cosa vogliono questi", ha proseguito Draghi esprimendo il suo disaccordo.
Riguardo alla pace, "l'Italia, e io personalmente, cerchiamo questa pace, l'abbiamo cercata sin dall'inizio. Per una parte, che oggi sta continuando la guerra e cercando posizioni di vantaggio e solo quando queste posizioni di vantaggio all'interno dell'Ucraina, occupando parte dell'Ucraina, saranno stabilizzate, per questa parte solo allora si potrà cominciare a parlare di pace. La posizione dell'altra parte è dire: no, scusate, siete venuti a casa mia, prima di tutto ve ne dovete andare, poi parleremo di pace. Sono due posizioni inconciliabili" ha osservato Draghi.
Il premier ha ripercorso poi questi mesi di conflitto. “Ci avviciniamo al quarto mese dall’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina, iniziata il 24 febbraio. Mosca continua ad aggredire militarmente città ucraine nel tentativo di espandere il controllo sul territorio e rafforzare la propria posizione - ha detto -. I combattimenti a Severodonetsk, nella regione di Luhansk, sono particolarmente feroci. Il bombardamento russo di Kharkiv, la seconda città più popolosa dell’Ucraina, aggrava il già terribile bilancio di morti e feriti. Al 20 giugno sono 4.569 civili morti, 5.691 quelli feriti secondo le nazioni unite. Ma il numero è certamente molto più alto”.