Sono per la maggior parte donne e soprattutto di vecchiaia, con l’eccezione dell’America Latina dove al primo posto ci sono quelle di reversibilità. "Il calo - ha spiegato il presidente Inps Pasquale Tridico - dovuto al restringimento dei requisiti di accesso e per l’eccesso di mortalità causato dal Covid". Ma c'è un aspetto importante: “L’unica Italia che cresce è quella che emigra”, ha detto Delfina Licata, Sociologa delle migrazioni della Fondazione Migrantes
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ROMA - Sono 326mila le pensioni che l’Inps paga all’estero, il 2% del totale, per un importo complessivo di 1,3 miliardi di euro, mentre in Italia arrivano circa 3 miliardi e mezzo dagli istituti previdenziali degli altri Paesi. È solo uno dei dati contenuti nel rapporto “Il fenomeno migratorio e gli effetti sulle pensioni pagate all’estero”, presentato questa mattina a Palazzo Wedekind a Roma durante il convegno “Italia, pensioni e mobilità: storie di partenze e di ritorni” promosso da Inps e Fondazione Migrantes.
Un contributo “pregevole”, come sottolineato dal presidente dell’Istituto nazionale di previdenza, Pasquale Tridico, che ha aperto i lavori sottolineando come l’Italia riceva, appunto, molto più di quello che paga. Negli ultimi anni le pensioni pagate sono diminuite circa del 10% per due ragioni, ha spiegato Tridico: per il “restringimento dei requisiti di accesso”, così come accade in Italia dopo l’entrata in vigore della Legge Fornero, e per “l’eccesso di mortalità” causato dal Covid.
Di 326mila pensioni totali, 183mila, cioè il 56,1% viene pagata in Europa; il 22,8% in America Settentrionale; il 10,7% in Australia, l’8,1% in America meridionale; l’1,2% in Africa, lo 0,6% in Asia e lo 0,5% in America centrale.
I pensionati all’estero sono per la maggior parte donne, che ricevono pensioni soprattutto di vecchiaia, con l’eccezione dell’America Latina dove al primo posto tra le prestazioni erogate c’è la pensione di reversibilità.
In totale l’Inps paga all’estero 1,3 miliardi di euro; il grosso rimane in Europa, non solo nei Paesi di vecchia emigrazione (soprattutto Germania e Svizzera), ma anche ad Est (Polonia, Romania, Bulgaria, Ucraina e Moldova), “e crescono i flussi verso Africa e Asia”, ha spiegato il presidente Inps, segno che sempre più immigrati che hanno lavorato in Italia con l’avanzare dell’età decidono di tornare a casa. Un numero che “aumenterà nei prossimi anni”. Ad oggi “la maggior parte delle pensioni è erogata a cittadini italiani” all’estero. Tra questi anche chi sceglie Portogallo (3500 persone) o Spagna per “turismo pensionistico”.
Quanto alle pensioni che incassiamo da altri Paesi, salda al primo posto c’è la Germania che da sola versa all’Italia 1,1 miliardi di euro (dati 2019), seguita da Svizzera (anche se, come ha precisato Tony Ricciardi “il secondo pilastro non transita attraverso l’Inps” quindi sarebbe la Confederazione il paese a pagare più pensioni), Francia e Canada. Il 50% delle pensioni pagate dalle Germania va in sole 4 regioni: Sicilia, Puglia, Campania e Calabria. Insomma, a seguire il filo delle pensioni si ripercorre la storia migratoria del nostro Paese. E infatti oggi l’Inps registra una diminuzione delle prestazioni nei paesi di vecchia emigrazione e l’aumento verso altri, come Ucraina e Moldavia, Polonia e Romania. Un quadro che cambia e che, ha sottolineato Tridico, dovrebbe comportare la stipula di nuove convenzioni bilaterali con i Paesi extra Ue così da dare “certezze” ai lavoratori, che solo in presenza di convenzione possono totalizzare i periodi contributivi. Misure “utili e doverose” per il presidente dell’Inps, che ha infine ricordato come gli immigrati oggi contribuiscano con 160 miliardi di euro alle casse previdenziali, ricevendo prestazioni pensionistiche per 1,2 miliardi, cui si aggiungono quelle non pensionistiche (disoccupazione, Reddito di cittadinanza o malattia, ad esempio) per 2,3 miliardi su un totale di 26.
“L’unica Italia che cresce è quella che emigra”, ha detto Delfina Licata, Sociologa delle migrazioni della Fondazione Migrantes. “Eravamo soliti dire che l’Italia contava uguale numero di immigrati soggiornanti nel Paese ed emigrati italiani all’estero. Questa affermazione, stando alle statistiche di oggi, non è più vera”. Crescono gli italiani all’estero - al 1° gennaio 2021, 5.652.080 unità – dunque, ma non la popolazione immigrata in Italia.
“Se i cittadini italiani residenti oltre confine negli ultimi sedici anni sono aumentati dell’82%, le donne in particolare lo hanno fatto dell’89,4%. Un processo che è, allo stesso tempo, di femminilizzazione e di familiarizzazione”, ha spiegato Licata. “A partire, infatti, sono sicuramente tante donne alla ricerca di realizzazione personale e professionale, ma vi sono anche tanti nuclei familiari con figli al seguito, legati o meno da matrimonio”, ma anche le vedove, “che a volte rientrano per medio-lunghi periodi prima di fare ritorno all’estero (solitamente nello stesso paese in cui sono state emigrate per diversi anni oppure in nuovi paesi dove sono residenti figli e nipoti), le nonne, che raggiungo figlie, figli e nipoti; e le giovani/giovani adulte che partono da altamente qualificate o con titoli di studio medio-alti”.
Secondo la Fondazione Migrantes, dei 5,6 milioni di iscritti all’Aire il 20,3% ha più di 65 anni (oltre 1,1 milioni e di questi, il 10,7% cioè circa 600 mila, ha più di 75 anni). “La longevità femminile appare in tutta la sua evidenza. Su 1.148.612 residenti italiani all’estero di età superiore ai 65 anni, il 52,2% sono donne; il 47,2% hanno 65-74 anni, il 31,6% si colloca nella fascia 75-84 anni. Il 21,2% supera gli 85. Dal 2006 al 2021 la presenza degli anziani italiani in mobilità è cresciuta del 91,5%”, senza seguire flussi costanti. Il trend – che ha avuto il suo culmine nel 2008 con oltre 9 mila partenze - si è poi assestato su 6 mila pensionati l’anno.
Pensionati, ha spiegato Gabriele Uselli, Direttore centrale Pensioni INPS, che in media ammontano da 338 euro. Fuori scala il Portogallo, dove è emigrato chi ha lavorato solo in Italia: qui le pensioni – 3500 in totale – ammontano a 2024 euro in media.
Calano le pensioni di vecchiaia nei Paesi di vecchia emigrazione, ha confermato Uselli, che ha citato come “caso emblematico” il -29% del Belgio, tranne la Germania, che fa caso a sè. Delle 326mila prestazioni totali, il 52,6% è erogato a donne; in totale, il 42,8% sono pensioni di vecchiaia, il 55,8 ai superstiti (reversibilità), il restante altre prestazioni. Il 71% dei percettori all’estero è italiano.
“Le pensioni non mentono, analizzandole ripercorriamo la storia della nostra emigrazione”, ha esordito lo storico delle migrazioni Toni Ricciardi, che si è soffermato sui principali paesi meta dei flussi migratori, confrontando le pensioni pagate dall’estero in Italia e le pensioni liquidate dall’Italia all’estero richiamando i diversi accordi bilaterali stipulati con Belgio, Svizzera, Germania.
“Non è un caso che le direttrici dell’epoca siano anche le stesse che oggi contribuiscono, in una sorta di rimborso postumo, ad accrescere il monte delle pensioni erogate dall’estero a cittadini e cittadine che hanno scelto di rientrare al momento della pensione (Belgio 97 milioni di euro, Francia 279 milioni, Germania 1,1 miliardi di euro, Svizzera 2 miliardi)”, ha detto Ricciardi, aggiungendo alle cifre Inps una proiezione del cosiddetto “secondo pilastro” svizzero. “Se Germania e Svizzera sono i primi contributori in termini di erogazioni, nel caso svizzero, considerato il sistema pensionistico in vigore a partire dal 1986 (secondo pilastro contributivo), la cifra complessiva, con ogni probabilità, è almeno 2-3 volte superiore al monte complessivo”.
“Le pensioni sono come gli anelli dei tronchi degli alberi: raccontano la vita non solo lavorativa del pensionato”, ha detto Daniele Russo, Dirigente Direzione centrale Pensioni INPS, che ha parlato di un “trend decrescente” in base al quale “in 10 anni sono sparite 80/90mila pensioni”, a significare che “sta finendo il vecchio trend migratorio” mentre “quello nuovo ancora non ha prodotto effetti” perché chi emigra non ha ancora raggiunto i requisiti necessari alla pensione. Inoltre, “cresce la dinamicità del mercato del lavoro, sia nel segmento alto che basso”. Per questo, ha sottolineato al pari di Tridico, è importante stipulare convenzioni bilaterali con i Paesi extra Ue.
Quanto al “turismo pensionistico” romanzato dai media, il fenomeno esiste, ma è contenuto: “negli ultimi anni sono state varate norme di favore per i pensionati in Grecia e Cipro, presentati come nuovi Eldorado; in realtà qualche decina in di pensionati è andato in Grecia e 8 a Cipro, di cui 6 italiani”.
Ad esplorarlo è stata Susanna Thomas, della Direzione centrale Pensioni INPS: “dal 2011 al 2021, ogni anno emigrano 4.300 pensionati, in crescita con un trend incostante. Il 77% resta in Europa”. Degli stranieri che tornano nel Paese di origine, l’86% va in un Paese dell’Europa dell’Est.
Ci sono “italiani che decidono di emigrare anche perché desiderosi di vivere in un Paese più esotico e affascinante”, ma ci sono anche “i genitori che raggiungono figli migranti”, una “scelta difficile” la loro, che li porta soprattutto in Svizzera, Francia, usa, Australia, Germania, Regno Unito e Canada.
“In Svizzera pre pandemia ogni anno migravano 400 pensionati”, Paese per altro con il maggior numero di ingressi di donne; in Portogallo, “prima del covid 700 l’anno, oggi 430”; e poi la Tunisia, “paradiso” degli ex Inpdap – cioè dipendenti pubblici – che sono obbligati a pagare le tasse in Italia, ma non se emigrano in Tunisia, appunto, Cile, Senegal e Australia. “In Cile e Senegal non ci è andato nessuno”, ha chiosato Thomas.
Le conclusioni sono state affidate a monsignor Gian Carlo Perego, Presidente Fondazione Migrantes.
“Il nostro paese vive un momento molto delicato e saranno decisivi i passi che saranno compiuti alla luce della dinamica demografica che ci sta condizionando sempre di più e della strutturalità della mobilità, in uscita e in entrata, che condiziona i nostri territori”, ha detto Perego. “Per questo diventa essenziale l’analisi e la lettura di questo legame, rendendo ancora più marcata e ufficiale la collaborazione tra l’Inps e la Fondazione Migrantes attraverso una ricerca nazionale che viene annunciata oggi, aprendosi anche ad altre eventuali realtà nazionali ed estere. L’obiettivo è far emergere quanto il contributo dato, ieri come oggi, dalle lavoratrici e dai lavoratori italiani all’estero e dalle attuali pensionate e pensionati rientrati in Italia sia da sempre ricchezza fondamentale in alcune aree del nostro paese, a maggior ragione nel quadro socio-demografico di cui si è parlato. Così come ricchezza inestimabile è il lavoro oggi di cittadini di altre nazionalità che diventano o potrebbero diventare italiani in futuro, restando in Italia o ritornando nei loro luoghi di origine. Una nuova Italia non potrà che essere figlia della mobilità: giovani che scelgono l’Europa non solo per il lavoro, ma per scrivere una nuova storia familiare, una nuova partecipazione alla vita delle città, una democrazia da costruire e sperimentare”.
Di 326mila pensioni totali, 183mila, cioè il 56,1% viene pagata in Europa; il 22,8% in America Settentrionale; il 10,7% in Australia, l’8,1% in America meridionale; l’1,2% in Africa, lo 0,6% in Asia e lo 0,5% in America centrale.
I pensionati all’estero sono per la maggior parte donne, che ricevono pensioni soprattutto di vecchiaia, con l’eccezione dell’America Latina dove al primo posto tra le prestazioni erogate c’è la pensione di reversibilità.
In totale l’Inps paga all’estero 1,3 miliardi di euro; il grosso rimane in Europa, non solo nei Paesi di vecchia emigrazione (soprattutto Germania e Svizzera), ma anche ad Est (Polonia, Romania, Bulgaria, Ucraina e Moldova), “e crescono i flussi verso Africa e Asia”, ha spiegato il presidente Inps, segno che sempre più immigrati che hanno lavorato in Italia con l’avanzare dell’età decidono di tornare a casa. Un numero che “aumenterà nei prossimi anni”. Ad oggi “la maggior parte delle pensioni è erogata a cittadini italiani” all’estero. Tra questi anche chi sceglie Portogallo (3500 persone) o Spagna per “turismo pensionistico”.
Quanto alle pensioni che incassiamo da altri Paesi, salda al primo posto c’è la Germania che da sola versa all’Italia 1,1 miliardi di euro (dati 2019), seguita da Svizzera (anche se, come ha precisato Tony Ricciardi “il secondo pilastro non transita attraverso l’Inps” quindi sarebbe la Confederazione il paese a pagare più pensioni), Francia e Canada. Il 50% delle pensioni pagate dalle Germania va in sole 4 regioni: Sicilia, Puglia, Campania e Calabria. Insomma, a seguire il filo delle pensioni si ripercorre la storia migratoria del nostro Paese. E infatti oggi l’Inps registra una diminuzione delle prestazioni nei paesi di vecchia emigrazione e l’aumento verso altri, come Ucraina e Moldavia, Polonia e Romania. Un quadro che cambia e che, ha sottolineato Tridico, dovrebbe comportare la stipula di nuove convenzioni bilaterali con i Paesi extra Ue così da dare “certezze” ai lavoratori, che solo in presenza di convenzione possono totalizzare i periodi contributivi. Misure “utili e doverose” per il presidente dell’Inps, che ha infine ricordato come gli immigrati oggi contribuiscano con 160 miliardi di euro alle casse previdenziali, ricevendo prestazioni pensionistiche per 1,2 miliardi, cui si aggiungono quelle non pensionistiche (disoccupazione, Reddito di cittadinanza o malattia, ad esempio) per 2,3 miliardi su un totale di 26.
“L’unica Italia che cresce è quella che emigra”, ha detto Delfina Licata, Sociologa delle migrazioni della Fondazione Migrantes. “Eravamo soliti dire che l’Italia contava uguale numero di immigrati soggiornanti nel Paese ed emigrati italiani all’estero. Questa affermazione, stando alle statistiche di oggi, non è più vera”. Crescono gli italiani all’estero - al 1° gennaio 2021, 5.652.080 unità – dunque, ma non la popolazione immigrata in Italia.
“Se i cittadini italiani residenti oltre confine negli ultimi sedici anni sono aumentati dell’82%, le donne in particolare lo hanno fatto dell’89,4%. Un processo che è, allo stesso tempo, di femminilizzazione e di familiarizzazione”, ha spiegato Licata. “A partire, infatti, sono sicuramente tante donne alla ricerca di realizzazione personale e professionale, ma vi sono anche tanti nuclei familiari con figli al seguito, legati o meno da matrimonio”, ma anche le vedove, “che a volte rientrano per medio-lunghi periodi prima di fare ritorno all’estero (solitamente nello stesso paese in cui sono state emigrate per diversi anni oppure in nuovi paesi dove sono residenti figli e nipoti), le nonne, che raggiungo figlie, figli e nipoti; e le giovani/giovani adulte che partono da altamente qualificate o con titoli di studio medio-alti”.
Secondo la Fondazione Migrantes, dei 5,6 milioni di iscritti all’Aire il 20,3% ha più di 65 anni (oltre 1,1 milioni e di questi, il 10,7% cioè circa 600 mila, ha più di 75 anni). “La longevità femminile appare in tutta la sua evidenza. Su 1.148.612 residenti italiani all’estero di età superiore ai 65 anni, il 52,2% sono donne; il 47,2% hanno 65-74 anni, il 31,6% si colloca nella fascia 75-84 anni. Il 21,2% supera gli 85. Dal 2006 al 2021 la presenza degli anziani italiani in mobilità è cresciuta del 91,5%”, senza seguire flussi costanti. Il trend – che ha avuto il suo culmine nel 2008 con oltre 9 mila partenze - si è poi assestato su 6 mila pensionati l’anno.
Pensionati, ha spiegato Gabriele Uselli, Direttore centrale Pensioni INPS, che in media ammontano da 338 euro. Fuori scala il Portogallo, dove è emigrato chi ha lavorato solo in Italia: qui le pensioni – 3500 in totale – ammontano a 2024 euro in media.
Calano le pensioni di vecchiaia nei Paesi di vecchia emigrazione, ha confermato Uselli, che ha citato come “caso emblematico” il -29% del Belgio, tranne la Germania, che fa caso a sè. Delle 326mila prestazioni totali, il 52,6% è erogato a donne; in totale, il 42,8% sono pensioni di vecchiaia, il 55,8 ai superstiti (reversibilità), il restante altre prestazioni. Il 71% dei percettori all’estero è italiano.
“Le pensioni non mentono, analizzandole ripercorriamo la storia della nostra emigrazione”, ha esordito lo storico delle migrazioni Toni Ricciardi, che si è soffermato sui principali paesi meta dei flussi migratori, confrontando le pensioni pagate dall’estero in Italia e le pensioni liquidate dall’Italia all’estero richiamando i diversi accordi bilaterali stipulati con Belgio, Svizzera, Germania.
“Non è un caso che le direttrici dell’epoca siano anche le stesse che oggi contribuiscono, in una sorta di rimborso postumo, ad accrescere il monte delle pensioni erogate dall’estero a cittadini e cittadine che hanno scelto di rientrare al momento della pensione (Belgio 97 milioni di euro, Francia 279 milioni, Germania 1,1 miliardi di euro, Svizzera 2 miliardi)”, ha detto Ricciardi, aggiungendo alle cifre Inps una proiezione del cosiddetto “secondo pilastro” svizzero. “Se Germania e Svizzera sono i primi contributori in termini di erogazioni, nel caso svizzero, considerato il sistema pensionistico in vigore a partire dal 1986 (secondo pilastro contributivo), la cifra complessiva, con ogni probabilità, è almeno 2-3 volte superiore al monte complessivo”.
“Le pensioni sono come gli anelli dei tronchi degli alberi: raccontano la vita non solo lavorativa del pensionato”, ha detto Daniele Russo, Dirigente Direzione centrale Pensioni INPS, che ha parlato di un “trend decrescente” in base al quale “in 10 anni sono sparite 80/90mila pensioni”, a significare che “sta finendo il vecchio trend migratorio” mentre “quello nuovo ancora non ha prodotto effetti” perché chi emigra non ha ancora raggiunto i requisiti necessari alla pensione. Inoltre, “cresce la dinamicità del mercato del lavoro, sia nel segmento alto che basso”. Per questo, ha sottolineato al pari di Tridico, è importante stipulare convenzioni bilaterali con i Paesi extra Ue.
Quanto al “turismo pensionistico” romanzato dai media, il fenomeno esiste, ma è contenuto: “negli ultimi anni sono state varate norme di favore per i pensionati in Grecia e Cipro, presentati come nuovi Eldorado; in realtà qualche decina in di pensionati è andato in Grecia e 8 a Cipro, di cui 6 italiani”.
Ad esplorarlo è stata Susanna Thomas, della Direzione centrale Pensioni INPS: “dal 2011 al 2021, ogni anno emigrano 4.300 pensionati, in crescita con un trend incostante. Il 77% resta in Europa”. Degli stranieri che tornano nel Paese di origine, l’86% va in un Paese dell’Europa dell’Est.
Ci sono “italiani che decidono di emigrare anche perché desiderosi di vivere in un Paese più esotico e affascinante”, ma ci sono anche “i genitori che raggiungono figli migranti”, una “scelta difficile” la loro, che li porta soprattutto in Svizzera, Francia, usa, Australia, Germania, Regno Unito e Canada.
“In Svizzera pre pandemia ogni anno migravano 400 pensionati”, Paese per altro con il maggior numero di ingressi di donne; in Portogallo, “prima del covid 700 l’anno, oggi 430”; e poi la Tunisia, “paradiso” degli ex Inpdap – cioè dipendenti pubblici – che sono obbligati a pagare le tasse in Italia, ma non se emigrano in Tunisia, appunto, Cile, Senegal e Australia. “In Cile e Senegal non ci è andato nessuno”, ha chiosato Thomas.
Le conclusioni sono state affidate a monsignor Gian Carlo Perego, Presidente Fondazione Migrantes.
“Il nostro paese vive un momento molto delicato e saranno decisivi i passi che saranno compiuti alla luce della dinamica demografica che ci sta condizionando sempre di più e della strutturalità della mobilità, in uscita e in entrata, che condiziona i nostri territori”, ha detto Perego. “Per questo diventa essenziale l’analisi e la lettura di questo legame, rendendo ancora più marcata e ufficiale la collaborazione tra l’Inps e la Fondazione Migrantes attraverso una ricerca nazionale che viene annunciata oggi, aprendosi anche ad altre eventuali realtà nazionali ed estere. L’obiettivo è far emergere quanto il contributo dato, ieri come oggi, dalle lavoratrici e dai lavoratori italiani all’estero e dalle attuali pensionate e pensionati rientrati in Italia sia da sempre ricchezza fondamentale in alcune aree del nostro paese, a maggior ragione nel quadro socio-demografico di cui si è parlato. Così come ricchezza inestimabile è il lavoro oggi di cittadini di altre nazionalità che diventano o potrebbero diventare italiani in futuro, restando in Italia o ritornando nei loro luoghi di origine. Una nuova Italia non potrà che essere figlia della mobilità: giovani che scelgono l’Europa non solo per il lavoro, ma per scrivere una nuova storia familiare, una nuova partecipazione alla vita delle città, una democrazia da costruire e sperimentare”.