PORTOFRANCO
DI FRANCO MANZITTI
Sarà l’estate, sarà il caldo, saranno le evoluzioni politiche di questi anni sconvolgenti, ma il cerchio di Giovanni Toti non si chiude mai e il crak avviene sempre d’estate. Per la terza volta di fila il governatore della Liguria ha giocato sotto il solleone la sua operazione “centrista”, riunendo a Roma le forze che potrebbe costituire il centro politico dello schieramento e inventandosi il terzo nome della serie: “Italia al centro”.
Prima c’erano stati “Cambiamo” e poi “Coraggio Italia”. Tutti tentativi di prendere le distanze dalla Destra per creare, sfrangiando un po’ Forza Italia e cercando adepti un po’ ovunque nel mondo ultracircolare e liquido della politica di oggi. “Cambiamo” è una soluzione rimasta in piedi solo in Liguria, dove le liste Toti con quel segno hanno avuto successo dentro i confini liguri, con il prezzo, però, di avere “corrotto” i rapporti con il resto del centro destra, sopratutto con la Lega che da mesi conduce una dura polemica anti Toti, accusandolo di essere un po’ una specie di grande king maker della politica regionale, tenendosi stretti, oltre alla poltrona di governatore, anche quella di assessore alla Sanità e al Bilancio. Mica bruscolini.
Oggi la polemica è sempre più viva, ma almeno questa ha spazi ristretti. “Coraggio Italia”, invece, si è schiantata con lo strappo del principale alleato, il sindaco di Venezia, Antonio Brugnaro, che ha sparato a zero su Toti.
E così ora tocca a “Italia al centro”, sempre in piena estate e sempre in pieno caos politico italiano. Se il primo tentativo di Toti di separarsi dal suo creatore, il Cavalier Berlusconi, di cui era stato il Delfino e poi il direttore di reti Mediaset e perfino il candidato alle elezione europee da 150 mila preferenze, per correre al centro si era fuso, dopo la famosa riunione al teatro Brancaccio, mentre Salvini faceva lo show al Papeete e si faceva mettere fuori dal governo, trascinando out anche il governatore ligure, pronto a coprirgli il fianco destr dello schieramento, oggi la scena sembra ripetersi pari pari come una beffa.
Infatti Toti ha fatto la sua bella e molto mediatizzata riunione a Roma con l’aspirazione di mettere insieme tutto il centro da Sala, Calenda, a Gelmini in fuoruscita forzista, a Più Europa, fino al Di Maio, transfuga 5 Stelle, fino a Renzi, in un ambrassons nous molto velleitario e comunque altisonante.
Ma la mossa gli è esplosa nelle mani, prima per le reazioni interne di questo presunto “centro”, poi per il crollo del quadro nazionale, con le dimissioni di Draghi.
Il primo a stopparlo è stato proprio il suo padre putativo, Silvio Berlusconi, redivivo che ha urlato: “ Il centro sono io, il centro è forza Italia!”
La dose è stata rincarata dalla delfina attuale del cavaliere, Licia Ronzulli che ha usato parole di fuoco contro Toti, accusato di totale ingratitudine. “ Se Toti è arrivato lì il merito è solo di Berlusconi che lo ha creato dal nulla, poi gli ha fatto prendere 150 mila preferenze alle elezioni europee che da solo non ne aveva mezza e poi lo ha portato a governare la Liguria…”
Toti ha risposto rifugiandosi nella storia e definendo Berlusconi oramai un Luigi XIV, ma ha accusato il colpo. La botta finale al tentativo centrista, così altisonatamente lanciato, è poi arrivata dalla crisi di governo.
Esattamente come nell’estate del 2019, appena prima dell’arrivo della pandemia, quando il governo giallo verde stava diventano giallo rosso. Allora Toti si era trovato totalmente scoperto in avanti, sicuro di andare a fare l’alleato ultra moderato di un Salvini pronto ai pieni poteri e invece naufragato in mutande e perfino sbeffeggiato in Parlamento da Giuseppe Conte.
Ora il destino, cinico e baro, vuole che sia di nuovo Conte a mettere almeno temporaneamente in braghe di tela il tentativo di Toti.
Se crolla tutto e andiamo verso elezioni anticipate, o verso un governo di emergenza che le prepari , le mosse centriste evaporano per la terza volta.
Il tentativo del governatore ligure di fare il collante centrale si scioglie nella canicola di questa estate rovente, che passa tra un anticiclone africano e l’altro. Dove finisce il centro nel confuso quadro italiano, con lo strappo dei resti 5 Stelle e una battaglia politica estrema che si profila ben oltre il prossimo mercoledì della resa dei conti in Parlamento.