Ci siamo. Manca poco ormai al redde rationem del governo Draghi: l'ex "numero uno" della Bce otterrà la fiducia del Parlamento, come in tanti si sono augurati in queste ore (in particolare i sindaci: più di 1.900, in rappresentanza di tutti gli schieramenti politici, quelli che hanno firmato appelli diretti al premier invitandolo a non mollare) oppure sarà crisi e occorrerà prepararsi per le elezioni anticipate? Questa mattina, a partire dalle 9.30, il presidente del Consiglio sarà in Senato per le comunicazioni. Verso le 18.40 potrebbe iniziare la chiama poi si procederà con il voto. Domani il secondo round alla Camera. In ballo, come detto, c'è la fiducia, su cui pesa l'incognita dei 5Stelle, tuttora divisi tra chi vuole lo strappo (i contiani) e chi invece (i governisti) preme per il Draghi bis. Proprio sull'atteggiamento dei grillini ha fatto rumore la dichiarazione dell'ex reggente pentastellato, lo scissionista e oramai leader di "Insieme per il Futuro" Luigi Di Maio, secondo il quale ci sarebbe una volontà precostituita da parte dei componenti del direttivo del gruppo M5S della Camera di votare la fiducia al governo, al di là della volontà dei vertici (leggi Conte) intenzionati, invece, a votare no. Una posizione, questa, che però è stata seccamente smentita dallo stesso gruppo parlamentare di Montecitorio. In ogni caso, proprio in vista del passaggio in Parlamento, Draghi è salito al Colle, ieri, per un colloquio Tra oggi e domani, dunque, si decide il futuro del governo. Un futuro che, senza Draghi, secondo l'agenzia di rating Fitch, potrebbe essere molto cupo. Perché, viene spiegato “sarà più difficile portare avanti le riforme e il risanamento di bilancio”. "Le dimissioni di Draghi – argomenta l’agenzia - annunciano una maggiore incertezza politica anche se venissero evitate le elezioni anticipate. Le implicazioni di breve termine per la politica economica e di bilancio dipendono dagli esiti politici; ma è probabile che le riforme strutturali e il risanamento di bilancio diventino più impegnativi". "I recenti sviluppi – prosegue l’agenzia - sono ampiamente in linea con la nostra visione di lungo termine sul fatto che le divisioni tra i partiti della coalizione di governo possano ampliarsi con l'approssimarsi delle prossime elezioni (attese per la primavera del 2023), indebolendo potenzialmente l'agenda politica del governo". Per Ficht le conseguenze politiche "non sono chiare". L'attuale piano di bilancio del governo fissa il risanamento oltre il 2023. L’agenzia prevede per il 2022 un deficit maggiore di quello stimato dal governo (5,9% del Pil, contro 5,6%); per l'anno prossimo stima una "modesta riduzione" del deficit al 4,5% del Pil (3,9% la previsione). con il presidente Mattarella. Contestualmente il premier ha anche incontrato il segretario del Pd Enrico Letta. Una mossa, quest'ultima, che ha scatenato i mugugni del centrodestra. "Draghi non può gestire una crisi così complessa confrontandosi solo con il campo largo di Pd e 5 Stelle" hanno mormorato in via Bellerio con la Lega che ha detto chiaro e tondo che non sarebbe disponibile a un esecutivo che comprenda nuovamente anche i 5Stelle.