Tutto sommato, tutto scontato. E non poteva essere altrimenti. Ieri Fratelli d'Italia, Lega e Forza Italia con i rispettivi leader Giorgia Meloni, Matteo Salvini e Silvio Berlusconi hanno tenuto un vertice alla Camera in vista delle elezioni del 25 settembre. Tema del giorno, sgombrare tutti gli equivoci del caso e trovare una linea comune dopo la 'minaccia' della Meloni di correre da sola in caso di mancato accordo. La notizia è che il partito che prenderà più voti indicherà il candidato premier a Palazzo Chigi, come richiesto da Fratelli d'Italia. Ovviamente in caso di vittoria.
Il vertice insomma ha trovato un accordo sulla modalità per indicare il candidato a presidente del Consiglio. Come nel 2018, sarà valido il criterio che ogni lista si presenterà da sola con il proprio simbolo, mentre vi sarà una lista unica del Centrodestra per gli italiani all'estero. Di certo si tratta di un importante risultato per la Meloni, dato che l'ok spiana la strada al suo partito, visto il buon vento che arriva dai sondaggi. Non si chiude invece sul rebus dei collegi uninominali. Come previsto, l'intesa sul criterio sulla loro distribuzione è ancora lontana ma il dialogo è avviato, è la versione ufficiale.
A quanto si è appreso i vertici dei partiti presenti erano anche al lavoro sull'algoritmo per la suddivisione dei posti e le quote da assegnare ai vari partiti, non solo a quelli più grandi. Il nodo infatti è l'assegnazione ai partiti più piccoli. In ogni caso, per la Lega i sentimenti prevalenti sono "soddisfazione e ottimismo". Nessuno alza le barricate contro la rivale più temuta. Anzi, è Salvini che annuncia l'accordo a riunione ancora in corso: "Decidono gli italiani: chi prende un voto in più, indica chi governerà l'Italia nei prossimi cinque anni", rimarca intervistato dal Tg5. E ha rivendicato: "La squadra è compatta".
Nella Sala Salvadori presso il gruppo della Lega a Montecitorio si sono seduti attorno allo stesso tavolo, oltre ai leader, Antonio Tajani (FI), Antonio De Poli (Udc), Maurizio Lupi (Nci) e Luigi Brugnaro, fondatore di Coraggio Italia. Per FdI c'era anche Ignazio La Russa e per la Lega Roberto Calderoli. Per la prima volta dopo anni il summit si è tenuto in una sede istituzionale e non in una delle residenze di Berlusconi tra Roma, Milano e la Sardegna. Intanto porte scorrevoli in Forza Italia: lascia la deputata Rossella Sessa (l'uscita numero 7 dallo stop al governo Draghi) e entra la sottosegretaria allo Sport Valentina Vezzali: "Mi riconosco in questo partito", le sue parole.