di Marco Fortis
L’ottimo Mario Draghi, appena mandato a casa da una classe politica italiana che ha toccato in questi ultimi giorni i minimi storici in termini di senso di responsabilità e di attenzione all’interesse generale del Paese, è stato ampiamente promosso dalle ultime previsioni del Fondo Monetario Internazionale. Infatti, nel 2022 il PIL dell’Italia crescerà del 3%, cioè più di quelli di Germania (+1,2%), Francia (+2,3%) e anche di Stati Uniti (+2,3%) e Giappone (+1,7%). La stessa Cina (+3,3%) sarà davanti a noi di soli tre decimali.
In attesa della stima preliminare Istat del PIL nel secondo trimestre, appare sin d’ora chiaro che l’Italia non sarebbe riuscita a conseguire una crescita così positiva nel 2022, nel pieno della guerra russo-ucraina, dei rialzi del gas e dell’inflazione, se il governo Draghi non avesse prontamente adottato misure che hanno cercato di preservare il potere d’acquisto delle famiglie italiane e quindi la dinamica dei consumi. Gli altri meriti di Draghi sono stati quelli di aver portato a compimento una campagna vaccinale efficace, che ha anche favorito la pronta ripresa economica italiana dello scorso anno (+6,6%) e il buon avvio del 2022, di aver iniettato una notevole dose di fiducia tra gli operatori economici del nostro Paese, di aver funzionato egli stesso come una sorta “scudo anti-spread” umano e di aver mantenuto tutti gli adempimenti concordati con Bruxelles per la realizzazione del PNRR.
Se prendiamo per buone le previsioni del FMI per il 2022, appare evidente che in un anno e mezzo di governo Draghi l’Italia ha completamente recuperato i livelli di PIL del 2019 ante pandemia: ci manca, di fatto, solo un decimale. Non male per una economia che lo stesso FMI a gennaio 2021 prevedeva che sarebbe cresciuta lo scorso anno solo del 3%.
Tra i quattro grandi Paesi dell’Eurozona solo la Francia ha fatto meglio di noi e a fine 2022 sarà sopra i livelli del 2019 dello 0,8%. Viceversa, la Spagna, pur crescendo nel 2022 del 4%, a fine anno sarà ancora sotto del 2,5% al PIL del 2019, mentre la Germania, che pure durante il 2020 contrassegnato dalla fase più acuta del Covid-19 aveva fatto registrare una recessione più moderata rispetto agli altri Paesi, non riuscirà a recuperare i livelli di PIL pre-pandemia nemmeno quest’anno. Infatti, a fine 2022 Berlino sarà ancora lontana dello 0,6% rispetto ai valori del 2019.
L’Istat ci dirà domani quanto è cresciuto il PIL italiano nel secondo trimestre di quest’anno. Non solo il MEF ma anche Prometeia scommettono in un aumento congiunturale dello 0,5% rispetto al primo trimestre: una progressione che, di fatto, porterebbe l’Italia ad incamerare una crescita già acquisita per il 2022 del 3,1% in soli sei mesi. Gli indici di fiducia di famiglie e imprese stanno però rapidamente peggiorando e, come ha detto lo stesso Draghi, sarà un “autunno complesso”. Se le prossime elezioni non faranno emergere un quadro politico solido o dovessero far registrare l’affermazione di forze sovraniste ed antieuropee, l’autunno potrà anche rivelarsi turbolento per l’Italia. Perché in tal caso saremo non soltanto a corto di gas ma anche senza più lo scudo anti-spread che ci garantiva Draghi premier.