di Roberto Menia°
Ci siamo. Piaccia o meno voteremo il 25 settembre e avremmo dovuto farlo prima, visto e considerato che questa legislatura disgraziata è iniziata male ed è finita anche peggio. Il tentativo di affidare al governo dei migliori le sorti dell’Italia non ha funzionato e, adesso, tutte le energie vanno intelligentemente convogliate verso le urne. Il ridimensionamento del volume delle due Camere, deciso da una misura demagogica targata M5s porta in dote un dimagrimento anche per i seggi all’estero, dove interi continenti e svariate comunità rischiano di ritrovarsi privati della necessaria rappresentanza. Un problema che andrà risolto, semmai, in un secondo momento: ora la priorità si chiama campagna elettorale.
Innanzitutto, anche in considerazione del voto degli italiani all’estero, è utile rintuzzare i vili attacchi a Fratelli d’Italia portati avanti dalla stampa straniera: mai si era registrato un fenomeno simile negli altri paesi. Un fatto che, in altri ambiti, avrebbe provocato dure reazioni diplomatiche finanche in seno alle associazioni della stampa. Invece in questa occasione tutti zitti.
Il New York Times, come altri organi, forse imbeccati da alcuni corrispondenti in Italia che leggono evidentemente solo Repubblica, si è distinto per aver fatto del terrorismo mediatico senza precedenti, mostrando an- che un limite di mancata conoscenza. FDI sulla guerra si è schierata apertamente e dal primo momento su posizioni euroatlantiste: a New York questo passaggio è sfuggito?
Di contro, altri esponenti italiani sono ancora molto contigui a quei regimi che vorrebbero usare l’occidente (in parte lo stanno già facendo) per le proprie mire geopolitiche, come dimostra la tragica vicinanza del M5s alla Cina.Vicinanza documentata da
incontri, relazioni e “consigli” giunti al tandem Grillo-Conte, come il no alle trivelle in Adriatico che ci priva della possibilità di prendere il gas, cosa che la vicina Croazia si appresta a fare.
Sui temi economici e sociali la vicinanza di FDI alle fasce deboli, alle periferie e alle categorie produttive ha privato la sinistra trasformatasi “al caviale” di una sacca di voti: questa la motivazione di fondo che sta
scatenando una campagna mediatica quotidiana contro chi, invece, si è rimboccato le maniche e ha provato a scommettere su temi, dossier ed esigenze di tutti, famiglie e imprese, studenti e commercianti.
Ma questo evidentemente crea anche scompiglio ideologico in una sinistra che si guarda allo specchio e si vede ormai monca: non parla più al paese, perché lo ha illuso e deluso; non intercetta i bisogni degli ultimi perché li ha affossati aprendo le porte di casa a certi colossi e soprattutto allo tsunami cinese che ha demolito vari settori trainanti, come il calzaturiero a Prato o in Salento; non rassicura neanche le imprese, perché incapace di una visione di sistema e programmatica, preferendo il calduccio dei vecchi guru come D’Alema che continua a tessere la sua tela (salvo aver perso recentemente il figlioccio Arcuri in una posizione di vertice). Anche per tutte queste ragioni, la spinta propulsiva della destra battagliera è ciò che serve all’Italia. Adesso.
°Roberto Menia, Responsabile Fi nel mondo