Franco Esposito
Torna obbligatoria la presenza, muore lo smart working. Finisce un'era, quella dei pregi inattesi e degli ostacoli imprevisti. Benedetto bisogna considerarlo o esattamente maledetto questo smart working? Sull'argomento, divisivo quanto pochi altri, il cosiddetto lavoro agile, si discuteva già prima dell'avvento della pandemia. Argomento indubbiamente futuribile, lo smart working consente l'esercizio delle ipotesi più disparate. Basta lavorare di teoremi e di pancia.
Bene o male, tutti in Italia abbiamo sperimentato lo smart working. In un tinello o in camera da letto, cercando di riprodurre come in vitro l'ufficio di ciascuno di noi. Ma una sintesi possibile sarà possibile solo col tempo. Intanto, qualche dato. Gli italiani che lavorano da casa sono il 13%. Gli smart worker estensivi, ovvero le persone in grado di operare autonomamente raggiungolo quota 6,4 milioni. Il tredici per cento quelli che lavorano da casa.
L'esame dei dati fornisce spunti interessanti. Il 7,1% sono quelli che lavorano da casa meno di due giorni alla settimana. Operano da remoto o per due e più giorni alla settimana. La media europea degli operatori da remoto per due o più giorni alla settimana è pari al 5,9%. Nel confronto con l'Europa in materia di occupanti che spesso lavorano da remoto è 13,4. Al primo posto c'è il Belgio , con un forte 26,2%, venendo da 6,9%. Segue la Germania, passata da 5,2 a 17%. Il quattordici per cento delle donne è in smart working; 11,9 gli uomini.
In azienda l'aria comunque è cambiata. Scaduto il diritto alla modalità agile per il lavoro, a settembre ci sarà la prova dl nove per l'intero apparato. I dipendenti del settore privato possono continuare a lavorare da remoto solo nel caso in cui venga richiesto o consentito dall'azienda. La norma introdotta vale fino al 31 agosto. Con la proroga della procedura ritenuta “semplificata”, l'unico obbligo di comunare in via telematica è quello di “segnalare al Ministero del Lavoro e delle politiche sociali i nominativi dei lavoratori e la data di cessazione della prestazione di lavoro in modalità agile”.
Due anni di pandemia hanno dettato l'emergenza in maniera chiara, perentoria. Ne sapremo molto di più tra sei mesi. Modello di organizzazione, in attesa di nuova proroga del lavoro agile emergenziale, dal primo settembre tale modalità di occupazione sarà possibile solo previa sottoscrizione di un accordo tra le parti. L'intesa dovrà essere siglata nell'atto assunzione.
Sarà necessario un accordo tra imprese e lavoratori, diversamente si torna in presenza. “Non si potrà adibire allo smart working un lavoratore che intende operare da remoto, senza il benestare del proprio datore di lavoro”. Una necessità inderogabile anche questa, che emerge con la volontà di numerose aziende di proseguire con il lavoro agile. Lo smart working alternato a giornate in ufficio. Gran parte delle imprese -la comunicazione è del ministero - “hanno già fatto accordi in tal senso”. In Italia la normativa quadro è adeguata. “Si potrebbe fare qualcosa in più in materia di diritto alla disconnessione”. A quel punto, diventa importante che la legge non incida in misura totale. Diventa compito della contrattazione collettiva adattare il lavoro agile alle esigenze di ogni singola azienda. E su questo fronte c'è ancora molto da fare.
Ma finora com'è andata? Il giudizio non può ce essere soggettivo. Nel tempo dipenderà innazitutto dall'incrocio dei dati. I più pigri hanno scoperto che la tecnologia è in fondo una occasionale comoda convivente. I fanatici del digitale hanno constatato che “ basta solo che qualcuno obblighi tutti ad approcciarla”.
Fuori di casa impazza la vita familiare. Probabilmente lo scambio di vedute potrebbe funzionare da pena. Ma di aule nea si tratterebbe, ora che l'emergenza è finita? Si avverte a prescindere la necessità di regolamentare “una volta per tutte lo smart working”. Il grande Massimo Troisi, che da questo mondo si è allontanato molto prematuramente, del successo amava dire, “non è vero che cambia i caratteri delle persone, ne è solo un amplificatore: se eri imbecille, lo sarai di più”.
Funziona anche in senso inverso. Vale in ogni caso.