Il Governo sembra intenzionato a procedere con la privatizzazione di Ita Airways, la compagnia nata dalle ceneri della vecchia e fallita Alitalia. Secondo quanto riferito da fonti di stampa, il prossimo Consiglio dei ministri dovrebbe dare il via libera alla cessione dell'80 per cento del vettore alla cordata Msc-Lufthansa.
Se le cose andranno davvero così, sarà una buona notizia per i contribuenti, che va a merito dell'Esecutivo. Nel passato, la coincidenza con le scadenze elettorali ha rallentato o impedito questo genere di operazioni. Nel 2008, quando Alitalia stava per essere acquisita da AirFrance-Klm, fu proprio lo scontro elettorale a determinare lo stallo e poi il fallimento della trattativa. Nel 2013, all'indomani del voto, una maggioranza fragile e composita decise di non lasciare andare la compagnia, aprendo sì le porte a soci privati, ma pretendendo anche l'ingresso dello Stato per mezzo di Poste Italiane. E, nel 2017, quando il vettore si trovò per l'ennesima volta al capolinea, anziché lasciarlo al suo destino si decise di favorire il ritorno dello Stato azionista.
Da questo punto di vista, sarebbe molto meglio se il Governo buttasse il cuore oltre l'ostacolo e mettesse sul mercato, subito, anche il restante 20 per cento della compagnia. L'ingresso nella compagine azionaria di Poste fu, per così dire, lo strumento su cui si fece poi leva per fare rientrare lo Stato quale azionista in prima persona. Sarebbe paradossale, oggi, ripetere quell'esperienza, ponendo le premesse per una nuova escalation nel ruolo pubblico in un futuro più o meno distante.
Se la vendita effettivamente si perfezionerà, finalmente Alitalia (pardon, Ita) potrà uscire dalla sua dimensione di vettore regionale ed entrare nel perimetro di un grande gruppo internazionale, come ha spiegato tempo fa Andrea Giuricin in un Focus dell'Ibl. Naturalmente questo non rappresenta una garanzia che la storia infinita di Alitalia non tornerà a ripetersi, come è accaduto tante volte. Ma il sapore di déjà-vu è meno intenso che nelle dichiarazioni pre-elettorali di tanti politici che spergiurano che sia "strategico" mantenere l'italianità di un'azienda che, nei voli da e per l'Italia, ha una quota di mercato inferiore al 5 per cento.