di Gabriella Cerami
Muoversi separati per colpire uniti. Virginia Raggi è la spina nel fianco di Giuseppe Conte. Insieme a Beppe Grillo, piccona prima sottotraccia ora allo scoperto il presidente M5s come se giocasse di sponda con il Garante. Alessandro Di Battista è il candidato in Parlamento pronto a fare da frontman in questa campagna elettorale. Insieme, ma in modo parallelo, la coppia Raggi-Dibba marcia alla conquista del Movimento con la benedizione del fondatore. Raggi in tutto questo tempo si è mossa nell’ombra, ma ha tifato per la caduta del governo Draghi in contatto diretto Roma-Mosca con Di Battista. Non solo ha sperato nella fine dell’esecutivo ma anche nel ritorno al voto subito. Si è fatta vedere poco ma da componente del Comitato di Garanzia, dove Grillo a suo tempo ha piazzato le persone di cui più si fida, ha tessuto la sua tela, fino a tirar fuori un piccone contro Conte lanciando, da custode delle regole e dello Statuto, un avvertimento: “Le liste si fanno alla luce del sole e devono essere aperte a tutti. Il MoVimento non può diventare un tram per portare in Parlamento gli 'amici degli amici’”. Il riferimento è alla scelta dei capilista alle elezioni del 25 settembre, su cui Conte si è riservato la possibilità di scegliere. Tra l’altro sono gli “unici” - se il risultato elettorale sarà premiante - ad entrare in Parlamento. Il presidente M5s replica e vorrebbe relegarla al ruolo di consigliera comunale del Comune di Roma “farà le sue battaglie per il Movimento da lì”. Niente affatto. Il progetto è ben diverso e l’ex premier, che ufficialmente fa finta di non sapere, ne è conoscenza. Per usare una metafora, Raggi aspetta, non più in silenzio, sulla riva del fiume i risultati del voto per vedere passare il cadavere politico del suo nemico. Sempre più insistenti sono all’interno del Movimento le voci che la vedrebbero alla guida del partito. In tanti la considerano la pupilla di Grillo, stimata perché da sindaco di Roma ha resistito cinque anni contro tutto e tutti, “contro i poteri forti” come amano dire nel mondo pentastellato. E poi ancora, si dice di lei, “ha avuto tutto il mondo contro”. Poco importano da queste parti i risultati del suo lavoro e lo stato, abbastanza pietoso, in cui ha lasciato la Capitale. Ora il Garante la vede bene come capo del partito di opposizione. Peccato però che Virginia Raggi non possa sedere in Parlamento essendo già terzo mandato, di cui uno che è stato considerato mandato zero. Niente deroga per lei, infuriata invece per quelle allo studio. Conte vuole superare il principio di territorialità per poter candidare i suoi fedelissimi nei collegi vincenti, come il friulano Stefano Patuanelli, il toscano Riccardo Ricciardi e la sarda Alessandra Todde. Tutti provenienti da territori dove M5s non tocca palla. Raggi si ribella, d’accordo con Grillo tornato custode della purezza delle origini. Con questa mossa viene fatto fuori ciò che resta del cerchio magico di Conte, la restante parte è stata già messa da parte impedendo la deroga al secondo mandato. In questo modo Raggi, se il disegno di Grillo dovesse realizzarsi, si ritroverebbe tra le mani un partito nuovo, con gruppi parlamentari che non hanno l’impronta di Conte. Lei presidente M5s mentre Di Battista, che non essendo iscritto a M5s da più di sei mesi ha bisogno della deroga (ma su di lui niente da dire), farebbe da testa d’ariete in Parlamento. Piccola parentesi. Tra Grillo e Di Battista i rapporti si erano raffreddati, è stata Raggi a fare da intermediaria tra i due e con buoni risultati. Un’altra picconata di questi giorni, che fa sempre da cartina di tornasole, riguarda l’alleanza con i dem: “Sono lieta di vedere che finalmente Conte e i big del Movimento 5 Stelle hanno capito che non c’è speranza con il Pd. Adesso, dopo che ci hanno sbattuto la porta in faccia, qualcuno ha riscoperto il valore delle proprie idee e si rende conto che è ora di tornare, di correre da soli”. Nei progetti dell’ex sindaca, che a tratti sembra parlare già da leader del Movimento delle origini vi è anche quello di rompere le alleanze territoriali, a cominciare dalla Regione Lazio. Quindi ecco risponderle la nemica di sempre Roberta Lombardi che non ci sta “alla doppia morale” da parte di “chi è stata mandata a casa dei cittadini”. Ma, nonostante questo, il ribaltone dopo il voto del 25 settembre, che vedrebbe Raggi defenestrare Conte in tandem con Di Battista alla guida dell’opposizione in Parlamento, è lo schema che prende forma. Si profila, se le cose andranno in un certo modo, la grande battaglia tra due donne: Meloni premier nel Palazzo e Raggi leder dell’opposizione sociale che sarà molto forte vista la crisi economica che già c’è e che dal prossimo autunno, come non nasconde la stessa leader di FdI e eventuale premier, morderà duramente i portafogli e le aspettative degli italiani.