Ha fatto molto rumore l'iscrizione nel registro degli indagati del colonnello dei carabinieri Fabio Cagnazzo, con l'accusa di concorso nell'omicidio del sindaco di Pollica Angelo Vassallo. Cagnazzo per tanti anni è stato un militare molto in vista e in prima linea nella lotta alla camorra campana, in particolar modo nel periodo in cui comandò la compagnia di Cisterna di Castello. Figlio d'arte, il padre è stato un ufficiale di primo livello (fu lui ad ammanettare il presentatore televisivo Enzo Tortora, vittima di un gravissimo errore giudiziario).
Quando nel 2010, lambito dai primi sospetti su di lui e i suoi fedelissimi commilitoni, fu improvvisamente spostato a Foggia molti pubblici ministeri napoletano scrissero una lettera al procuratore capo per attestare la loro stima a Cagnazzo. Oggi il militare si trova sotto accusa ma attraverso il suo legale, l'avvocato Ilaria Criscuolo, si dice sereno: «L'atto garantito (l'iscrizione nel registro degli indagati, ndr) per me è una liberazione perché per oltre dieci anni ho convissuto con una spada di Damocle sul capo, a causa di accuse del tutto infondate e frutto di mere illazioni e suggestioni che saranno finalmente e definitivamente chiarite, nonché a causa della devastante gogna mediatica che ne è conseguita».
E aggiunge Cagnazzo: «Tutto ciò ha irrimediabilmente minato la mia serenità familiare e la mia carriera. Ora potremo discutere di tutta la vicenda nelle sedi opportune. Sono serenissimo e come sempre a disposizione della Giustizia». Intanto sui social in molti si sono schierati dalla parte di Cagnazzo. È stato lanciato l'hashtag #iostoconfabiocagnazzo e molti utenti stanno esprimendo la propria solidarietà all'ufficiale. «Supererai anche questa con la lealtà, l’onestà e la professionalità che ti contraddistinguono», scrive uno degli utenti.
Ma dal canto della famiglia del sindaco ucciso, interviene il figlio Antonio Vassallo: «Abbiamo sempre saputo che le indagini sull'omicidio di mio padre erano complicate. Sono stati commessi dalle forze di polizia errori mai visti, neppure nei film. Per molto tempo ci siamo chiesti se ciò fosse accaduto per incapacità, negligenza o invece volontariamente per creare confusione e depistaggi. Oggi le ipotesi della Procura ci forniscono una prima risposta. È giusto e doveroso riaffermare la nostra fiducia negli inquirenti, come abbiamo sempre fatto anche quando la speranza sembrava svanire, fiducia nei confronti di quella parte di Stato che funziona, lo Stato nel quale mio padre credeva, lo Stato per cui lui ha rimesso la vita difendendo il suo incarico, i suoi concittadini e il suo territorio».