Tutte le volte, proprio tutte, che un politico (maggiore, medio, minimo o infimo che sia in graduatoria di potere o notorietà) dice, posta, dichiara, pubblicizza, sostiene, lancia un'offesa alla realtà o infligge uno sfregio al plausibile sempre lui/lei stesso/a o chi per loro aggiungono, giustificano, argomentano, assolvono, plaudono con la frase: "è campagna elettorale". Dunque in campagna elettorale (peraltro in Italia quasi permanente) tutto vale, tutto si può, anzi si deve fare, senza alcun conto del vero e neanche del verisimile. Tutto vale, anche se non è amore e neanche carnevale.
L'idea che la frase "è campagna elettorale" tutto sdogani, renda lecito, anzi ovvio se non doveroso è comunemente accettata e veicolata dalla comunicazione. Sia quella "alta" dei mezzi di informazione, sia quella "bassa" della chiacchiera privata, di gruppo o di chat. Tutti si accetta che "è campagna elettorale" sia insieme liberatoria e dovere d'ufficio del politico. Ed è singolare come nessuno metta in evidenza cosa sottende, anzi cosa è necessario perché questa idea viaggi, venga comunemente detta e accettata.
Il presupposto: elettore ottuso e da far fesso - Per dire e accettare che in campagna elettorale tutto vale, anche e soprattutto la furbata propagandistica, c'è bisogno di un soldo fondamento, di una solida fondazione. Quella per cui l'elettore è mediamente ottuso. Lento, lentissimo a capire. Inadeguato ad ogni complessità. All'elettore dunque non far sapere, mai, come stanno le cose nella realtà. Ottuso, ottuso non basta. Ottuso e quindi da far fesso: su questo si basa la liberatoria e l'obbligo d'ufficio dello in campagna elettorale tutto vale. Ottuso e da far fesso l'elettore. Il bello è che ce lo dicono ogni giorno, ogni giorno ce lo dicono in faccia. Che non possono far altro che prenderci per i fondelli perché siamo ottusi. Di solito noi elettori non ci offendiamo, tendiamo anzi a premiare elettoralmente chi ce lo dice meglio.