Gente d'Italia

Bollette in vetrina lamento, grida e alibi dei commercianti. Ai clienti gas e luce non aumentano? E c’è chi si porta avanti…

foto depositphotos

di Riccardo Galli

Bollette in vetrina, mettete in vetrina la vostra aumentata, spesso iper aumentata, bolletta della luce o del gas e avrete esposto la carta che canta la legittimità, l'inevitabilità e l'obbligatorietà oggettiva del vostro aumento dei prezzi delle merci che vendete. Bollette in vetrina a documentazione del perché dei vostri scontrini aumentati, bollette in vetrina e i clienti no solo avvertiti ma coinvolti nel messaggio per cui se i commercianti aumentano i prezzi non è loro colpa e responsabilità, anzi non è neanche una loro scelta. Bollette in vetrina è l'iniziativa della Confcommercio dopo essere stata la mossa individuale di qualche esercente. Bollette in vetrina è il manifesto, il grido di dolore e anche l'alibi.

Perché, ai clienti non aumentano gas e luce?

 

Il cliente, qualunque sia la fonte del suo reddito, vede la bolletta in vetrina, la legge aumentata, raddoppiata e viene preso da un moto di stupita solidarietà verso l'esercente e il commerciante, moto che porta il cliente a ritenere giustificati e ovvi gli aumenti di quel che c'è in vetrina oltre la bolletta.

Mettiamo pure, mettiamo che nella testa del cliente vada così (ipotesi, per così dire, larga e ottimista). Mettiamo che quella bolletta/lamento esposta induca il cliente consumatore a ritenere inevitabili e giustificati gli aumenti di prezzo che gli sta praticando il commerciante, questi aumenti oltre che motivati dal caro energia per il commerciante, risultano anche sostenibili per l'acquirente? Il lamento-manifesto sotto forma di bollette in vetrina è solido e reale nelle sue motivazioni ma è per così dire "commerciantocentrico". Il caro energia arriva anche nelle case e nelle tasche di lavoratori dipendenti, pensionati, lavoratori precari, artigiani, professionisti. E se, per paradosso, un cliente al momento del conto al ristorante o dello scontrino in negozio esibisse la sua di bolletta aumentata?

Tra chiusure e trasferimenti di ricchezza 

 

Con le bollette raddoppiate o triplicate rispetto a solo un anno fa davvero molte imprese e aziende vanno a lavorare senza profitto o addirittura in perdita. E davvero ci sono aziende e imprese che sono spinte verso la chiusura. Dalle cronache del Corriere della Sera un minimo esempio : il caseificio la cui bolletta è passata da 3.800 euro a più di 11mila. E' drammaticamente e maledettamente vero che questi costi dell'energia sballano i conti di molte aziende e imprese. Soprattutto aziende e imprese. Molto meno e non tutti i negozi e non tutta la catena dell'intermediazione delle merci.

Anche qui un piccolo esempio tratto dalle stesse pagine del Corriere: il parrucchiere con bolletta passata da 229 a 517 euro, trecento euro in più in due mesi cui vanno sottratti i circa cento da maggio consumo nel periodo. Duecento euro di maggiori costi per il parrucchiere che ha aumentato, parole sue, le pieghe di 2/3 euro e i colori di 3/5 euro. Quindi media di 3 euro in più a servizio accollati e scaricati sui clienti consumatori. I conti tornano? Proprio no: per recuperare i costi dell'aumentata bolletta al parrucchiere bastano 70 pieghe o colori in due mesi. Poco più di una/uno al giorno. Lavora così poco il parrucchiere? Con l'aumento dei suoi prezzi il parrucchiere si è portato parecchio avanti nel lavoro.

Da chi non fa il prezzo a chi lo fa

 

Quale lavoro? Nel suo piccolo il parrucchiere si porta avanti nel lavoro, non nuovo in verità, del trasferimento di ricchezza da chi non fa il prezzo delle merce a chi il prezzo lo fa. Con i suoi 3 euro in più a prestazione il parrucchiere recupera la bolletta salata e va oltre. Oltre nel trasferire una parte infinitesimale della ricchezza dalla quota di questo detenuta dal reddito fisso alla quota di reddito disponibile conquistata da chi fa il prezzo.

E' già accaduto in maniera macroscopica col change money lira-euro quando l'intero sistema di chi faceva il prezzo non cambiò lira in euro in base al valore 1936 lire uguale un euro. Il cambio fu fissato di fatto a mille lire per un euro. E così centinaia e centinaia di miliardi passarono dal reddito fisso a chi faceva il prezzo delle merci. Succede ogni volta che c'è inflazione, anche se mai o quasi mai nelle proporzioni sfacciate del change money. Succede, per i consumatori è un costo aggiuntivo dell'inflazione che sopravviveranno anche a questo.

Però almeno la bolletta dei commercianti in vetrina ai consumatori poteva essere risparmiata visto che non possono rispondere con una richiesta di sconto sul prezzo esibendo la loro bolletta aumentata come quella del commerciante o la loro busta paga di certo più immobile dei prezzi a cui il commerciante vende.
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