L'amministrazione Biden intende chiedere formalmente al Congresso di approvare una vendita di armi per 1,1 miliardi di dollari a Taiwan.
Lo riferisce Politico.
Il pacchetto comprende 60 missili antinave Agm-84L Harpoon Block II per 355 milioni e 100 missili aria-aria Aim-9X Block II Sidewinder per 85 milioni, oltre a 655,4 milioni per l'estensione di un contratto per la sorveglianza radar. La notizia arriva mentre continua a crescere la pressione militare nello Stretto di Taiwan, dopo la visita all'isola della speaker della Camera americana Nancy Pelosi.
Immediata la reazione di Pechino. Il portavoce dell'ambasciata cinese a Washington, Liu Pengyu, ha detto -in dichiarazioni diffuse dalla Tass- che gli Usa devono smettere di vendere armi a Taiwan poiché qualsiasi contatto militare con l'isola viola il principio di "una sola Cina". "Gli Stati Uniti devono interrompere immediatamente la vendita di armi a Taiwan e i contatti militari con Taiwan - ha detto Liu, riferendosi ai piani di Washington di vendere armi altre armi a Taiwan -. Devono smettere di creare fattori che potrebbero portare a tensioni nello Stretto di Taiwan, e dovrebbero dar seguito alla dichiarazione del governo Usa di non sostenere l''indipendenza di Taiwan'".
E le prossime settimane rischiano di vedere la tensione crescere ancora. Lo Yuan Legislativo, il parlamento di Taiwan, si appresta a ricambiare le tre visite di agosto di altrettante delegazioni del Congresso americano, partite all'inizio del mese con quella della speaker Pelosi: a metà settembre, 8-10 deputati di un ampio spettro di partiti dell'isola saranno a Capitol Hill, a Washington, per incontri anche con rappresentanti dell'amministrazione di Joe Biden. Il vicepresidente del Gruppo di amicia parlamentare Taiwan-Usa, Charles Chen, l'ha definita una "missione di routine" ma nel contesto attuale, però, ha il potenziale per infiammare lo scontro tra Washington e Pechino
La visita di Pelosi, inoltre, dato il via a una prova militare senza precedenti di Pechino intorno alla provincia ribelle da riunificare anche con la forza, se necessario. Solo ieri l'Esercito popolare di liberazione ha mobilitato 8 navi e ha aumentato a 37 i caccia intorno a Taiwan, in risposta ai due incrociatori americani transitati nel fine settimana nello Stretto di Taiwan. Una mossa, quest'ultima, finita nel mirino del ministero degli Esteri cinese. Con il pretesto della libertà di navigazione, "le navi da guerra americane mettono in mostra la loro forza: non si tratta di una promessa di 'libertà e di apertura', ma di una provocazione che cerca di colpire la libertà e di un deliberato sabotaggio della pace e della stabilità regionale", ha tuonato il portavoce Zhao Lijian.
Altro teatro caldo, dall'1 al 7 settembre, sarà l'Estremo Oriente, dove navi da guerra russe e cinesi daranno vita a esercitazioni congiunte ('Vostok 2022') per perfezionare "la difesa congiunta delle rotte marittime e delle aree di attività economica" nel mare di Okhotsk, del Giappone e nei territori del Distretto militare orientale russo. Una prova in scala minore dovuta alla guerra in Ucraina: nel 2018, ultimo anno di attività congiunte, Mosca ufficializzò 300.000 soldati contro i 50.000 attuali.