di Giorgio Merlo
Periodicamente, e di norma prima di ogni consultazione elettorale nazionale, riemerge dalle ceneri la cosiddetta "questione cattolica". Ovvero, quanto contano ancora i cattolici nel voto per i singoli partiti? E, soprattutto, qual è il peso politico reale dei cattolici nel condizionare e nell'orientare l'andamento della politica italiana? Messa così, è di tutta evidenza che la conclusione è scontata e addirittura banale. Ovvero, i cattolici contano poco o nulla perché non essendoci più un partito di riferimento è chiaro che il loro ruolo politico è del tutto marginale se non addirittura periferico. Eppure il tema continua a essere al centro del dibattito. Come lo è stato in questi ultimi giorni. E questo perché nel nostro Paese la "questione cattolica" si è storicamente intrecciata con il percorso e il cammino della nostra democrazia e dei nostri stessi governi. Per una molteplicità di elementi, a cominciare dalla presenza cinquantennale della Democrazia Cristiana per finire, come ovvio e scontato, con la presenza reale e fortemente radicata nel territorio e nel tessuto sociale e civile del nostro Paese della Chiesa cattolica.
Ma, al di là di questi due tasselli sufficientemente noti per essere descritti, non si può non richiamare l'attenzione sul fatto che il peso e il ruolo dei cattolici italiani nella geografia pubblica si è fortemente indebolito in questi anni. Non solo perché manca - ancora? - un partito organizzato ma per la semplice ragione che si è progressivamente indebolita e smarrita la capacità di elaborazione politica e programmatica dei cattolici stessi. Se è aumentata e se è accresciuta - e questo è un dato fortemente positivo e incoraggiante - la presenza dei cattolici nel campo del sociale, del pre politico, dell'assistenza e del volontariato, è certamente vero, però, che l'assenza di questa cultura specifica in ciò che resta dei partiti italiani non ha giovato ad una maggior visibilità del patrimonio storico e culturale dei cattolici italiani.
Ora, di fronte a un quadro che non può essere messo in discussione nell'arco di breve tempo - salvo accadimenti sempre possibili ma ad oggi imprevedibili - è indubbio che si tratta di capire come i referenti e gli interpreti di questa cultura riescono a condizionare la strategia e il progetto politico dei partiti in cui i cattolici stessi sono presenti. Ovvero, nel pieno rispetto del pluralismo delle scelte politiche, è ancora possibile che la nobile e gloriosa tradizione del cattolicesimo politico italiano riesca ad incidere sulle singole scelte politiche dei vari partiti? E questo perché in molti tornanti decisivi della storia politica italiana le scelte dei cattolici democratici, popolari e sociali sono state determinanti ai fini del progetto politico complessivo che riguardava l'intero paese.
Proprio in questi giorni il presidente dei Vescovi italiani, card. Zuppi, ha nuovamente invitato i cattolici a essere presenti nell'agone politico ed elettorale portando in dote quelle peculiarità che storicamente li contraddistinguono nello scenario pubblico. Ma anche qui non possiamo non aggiungere una riflessione, seppur elementare. E cioè, con l'assenza di uno strumento politico organizzato, cioè un partito riconoscibile, radicato e con una chiara identità culturale, tocca ai cattolici nelle varie formazioni politiche e nelle rispettive coalizioni tentare di essere il più possibile protagonisti e decisivi nel condizionare i singoli progetti politici e di governo.
Certo, non si tratta di una operazione facile anche perché la miglior tradizione del cattolicesimo politico italiano non ha particolare cittadinanza né nel recinto della sinistra e né, tantomeno, nel campo della destra. Anzi, si tratta di due coalizioni fortemente eterogenee al proprio interno ma che non contemplano affatto la presenza di un pensiero di matrice cattolico popolare o cattolico sociale. Per non parlare dei populisti dei 5 stelle dove il solo richiamo demagogico, anti politico, qualunquista, manettaro e giustizialista è del tutto estraneo ed esterno a questa cultura politica. Forse l'unico polo dove può trovare cittadinanza il richiamo alla cultura cattolico popolare e sociale è quello centrista di Renzi. Semprechè ci sia la volontà concreta di dare spazio a questo segmento culturale e politico che nel nostro paese, lo ripeto, ha sempre avuto un ruolo importante nel contribuire a trovare le soluzioni più adatte e più confacenti per il raggiungimento del tradizionale "bene comune".
Ecco perché non esiste più una "questione cattolica" nel nostro Paese ma, al contempo, continua a esistere il nodo - e il problema - di una rinnovata presenza pubblica dei cattolici italiani. E sempre nel pieno rispetto della categoria della laicità dell'azione politica. Si tratta, però, di una presenza molto diversa rispetto al passato ma che, comunque sia, continua a essere necessaria e feconda per la qualità della nostra democrazia, l'efficacia dell'azione di governo e la stessa credibilità delle nostre istituzioni democratiche.