di Giulia Berardelli
Il capitolo finale deve ancora essere scritto, ma “è difficile vedere i risultati della guerra di Putin sin qui come qualcosa di diverso da un fallimento”. Qualche giorno fa il direttore della CIA, William J. Burns, esprimeva questo giudizio sull’andamento della guerra russa in Ucraina. Oggi, dopo le notizie degli ultimi successi della controffensiva ucraina, quella valutazione somiglia sempre meno a un’opinione e sempre più a una fotografia. A sei mesi e mezzo dall’invasione, la Russia è stata costretta a ritirarsi dalla roccaforte chiave di Izyum; la sua economia soffre sotto il peso delle sanzioni occidentali; la ricerca di un salvagente a est si sta rivelando non priva di contropartite, una su tutte la voracità cinese.
Sono tutti tasselli di un puzzle che assume ogni giorno di più le sembianze di un fallimento, anche se il Cremlino non lo ammetterà mai. Se sul piano economico Putin può ancora bluffare (i danni delle sanzioni diventeranno più evidenti con il passare dei mesi), più complicato è spiegare come mai il potente esercito russo non solo non sia riuscito a occupare tutto il territorio che voleva, ma stia anche perdendo quello che pensava di avere in pugno. Come è il caso di Kupiansk, città nell'oblast di Kharkiv, catturata dai russi una settimana dopo l'invasione del 24 febbraio e diventata un centro logistico fondamentale per le forze del Cremlino. E come è il caso di Izyum, snodo ferroviario strategicamente importante che le forze russe avevano sequestrato in primavera dopo una sanguinosa battaglia durata una settimana.
I combattimenti nell'Ucraina orientale arrivano mentre prosegue la controffensiva delle forze ucraine nella regione di Kherson, nel sud. Gli analisti suggeriscono che la Russia potrebbe aver spostato soldati dall'est per rinforzarsi intorno a Kherson, offrendo agli ucraini l'opportunità di colpire una linea del fronte indebolita. Il ministro della Difesa ucraino Oleksii Reznikov ha riferito al canale televisivo Ukraina che i russi non avevano cibo o carburante per le loro truppe nell'area, poiché Kiev aveva interrotto le loro linee di rifornimento. La versione russa, chiaramente, è diversa, ma include una parola – “riorganizzazione” - che contiene in sé l’ammissione che le cose non stanno affatto andando secondo i piani. “Le truppe russe si stanno riorganizzando nei pressi di Balakliya e Izyum per aumentare gli sforzi in direzione di Donetsk, in modo da raggiungere gli obiettivi dell'operazione militare speciale di liberare il Donbass", afferma il ministero della Difesa di Mosca, citato da Interfax.
Gran parte dell'offensiva ucraina nella regione di Kharkiv, dove si trova Izyum, è stata avvolta nell'incertezza in mezzo alla mancanza di conferme ufficiali. Ma l'offensiva fulminea nel nord-est del Paese ha rimodellato quella che era diventata una stridente guerra di logoramento. Nel giro di pochi giorni, le linee del fronte russe si sono piegate, le truppe di Mosca sono fuggite e un villaggio dopo l'altro è tornato sotto la bandiera gialla e blu dell'Ucraina. Mentre i funzionari ucraini celebravano la svolta, per quanto con cautela, alcuni importanti blogger militari filo-Cremlino hanno espresso rabbia e frustrazione per i rapidi sviluppi.
A fotografare i progressi ucraini è anche il ministero della Difesa del Regno Unito. "Le forze russe sono state probabilmente colte di sorpresa. Il settore è stato tenuto solo leggermente e le unità ucraine hanno catturato o circondato diverse città", osserva l'esercito britannico. Anche l'Institute for the Study of War, un think tank con sede a Washington, riferisce di consistenti progressi da parte di Kiev, stimando che con la controffensiva nel nordest abbia conquistato circa 2.500 chilometri quadrati di territorio.
Gli ultimi sviluppi rafforzano le valutazioni provenienti nei giorni scorsi da Washington. “La scommessa di Putin in questo momento è che riuscirà a essere più duro degli ucraini, degli europei, degli americani", ha detto Burns giovedì, parlando alla conferenza Billington CyberSecurity. “Credo – e lo credono anche i miei colleghi della CIA - che Putin abbia torto su quella scommessa, proprio come erano sbagliate le sue ipotesi risalenti allo scorso febbraio sulla volontà ucraina di resistere”. E ancora: "Non solo è stata smascherata la debolezza dell'esercito russo, ma ci saranno danni a lungo termine all'economia russa e a generazioni di russi".
Alle difficoltà militari vanno aggiunte quelle economiche e tecnologiche: come un iceberg di cui ora si intravede solo la punta. L'Air Force Command di Kiev ha affermato in una dichiarazione su Facebook di aver distrutto almeno 157,5 milioni di dollari di aerei e armi russi in soli tre giorni. Per far fronte a queste perdite, Mosca avrebbe acquistato dall'Iran i droni della serie Mohajer-6 e Shahed. Non solo: la Russia sarebbe andata a chiedere munizioni d’artiglieria e razzi persino alla Corea del Nord, uno dei Paesi più arretrati del mondo. Il motivo di queste richieste è che Mosca è stata esclusa dalle catene di approvvigionamento globali a causa delle sanzioni – e la Cina, pur rimanendo “amica senza limiti” della Russia - si è astenuta dal fornire a Mosca la tecnologia di cui ha bisogno per l'equipaggiamento bellico.
Bisognerà vedere cosa riuscirà a ricavare Putin dall’incontro con Xi Jinping, previsto per la settimana prossima a margine del vertice annuale della Shanghai Cooperation Organization, a Samarcanda. Al centro del colloquio ci sarà il tema del rafforzamento economico tra i due Paesi, ma è indubbio che lo zar ci arrivi indebolito, con le sue truppe costrette a un’altra ritirata e un dissanguamento economico che lo mette di fronte a un bivio. Asservirsi completamente a Pechino o rivedere ancora al ribasso gli obiettivi di una “operazione militare speciale” che – nella sua mente – non doveva certo andare così.