di Sergio Carrà
Sui giornali di qualche giorno fa l’attenzione veniva catturata da articoli che annunciavano la seconda cancellazione del lancio verso la luna di Artemis, con rinvio a data da destinarsi. Curioso perché alla fine degli anni 60, con una navicella e una strumentazione relativamente semplice rispetto alla attuale, come si può constatare da una visita allo Smithsonian di Washington, l’uomo sulla Luna è già andato, e ritornato. E adesso? Perché Artemide, gemella di Apollo, non riesce a staccarsi dal suolo? Ci stiamo forse avviando verso un declino tecnologico?
Probabilmente la maggior ambizione di questa iniziativa rispetto alla precedente presenta criticità che meritano particolari attenzioni. Vero, ma non del tutto convincente. Infatti si deve osservare che il precedente viaggio sulla Luna ha avuto sopratutto un valore strategico nel conflitto fra mondo occidentale e quello orientale. Per cui i partecipanti erano non solo dei tecnici preparati, ma sopratutto degli eroi, disposti a mettere a repentaglio la loro vita per un'impresa che avrebbe, ed ha, giocato un ruolo sull’evoluzione tecnopolitica del mondo. Le parole di Neil Armstrong “Un piccolo passo per l’uomo, un grande passo per l’Umanità” ci hanno commossi e riempiti di orgoglio.
Potremmo pensare che oggi gli eroi siano stanchi, frastonati da messaggi talora ambigui, in un clima politico mondiale confuso e per certi aspetti contradditorio. Tali da far affiorare il dubbio che il precedente volo lunare non abbia portato a risultati del tutto innovativi, essendo prevedibile che i sassi della Luna fossero uguali a quelli della Terra, e che la configurazione dell’altra faccia del nostro satellite non fosse molto diversa da come avremmo potuto immaginare. Per scoprire qualcosa di nuovo ed eclatante si deve andare più lontano, almeno su Marte, per verificare se esistano tracce di vita.
Nel contempo ci rendiamo consapevoli dell’attenzione che si deve porre sul nostro pianeta, minacciato da un processo di riscaldamento che sta compromettendo la stessa esistenza umana. Escludendo ovviamente la prospettiva di costruire navi spaziali per evadere da una Terra incandescente, aderendo alle sollecitazioni della fantascienza.
In realtà molti scienziati sono sollecitati a concentrarsi sulla ricerca di nuovi approcci alla gestione dell’energia, o all’individuazione di nuove fonti. Per scoprire che purtroppo sono poco fruibili, come si verifica per le rinnovabili, solare ed eolico, che malgrado gli incentivi, globalmente superano di poco il 2% dell’energia utilizzata dall’uomo. O attraverso un’improbabile riesumazione di una economia dell’idrogeno, che non è mai riuscita a decollare, poiché l’idrogeno, al più, potrebbe essere considerato un vettore energetico, e non una sorgente di energia. Da impiegare comunque con cautela, vista la tendenza a formare con aria miscele esplosive. O per non menzionare la fatidica fusione fredda, che pur avendo, senza risultati, impegnato per qualche decina di anni anche il mondo della scienza ufficiale, è stata onorata dell’etichetta di essere una “scienza patologica”.
Nel contempo, vista la situazione politica incerta, siamo costretti a fruire di un significativo contributo delle fonti fossili, fortunatamente abbondanti, che sappiamo però gestire agevolmente. Curioso che in questo quadro permanga la diffidenza, o il rifiuto di accettare una estesa applicazione della fissione nucleare quale sorgente energetica, la più sicura, come appare dalla seguente figura. Quindi in grado di offrire un esteso approccio, concreto e praticabile, come si sta verificando in diversi paesi, alcuni a noi adiacenti.
Nel 1996, John Horgan, redattore del Scientific American, ha pubblicato un libro intitolato "The end of Science", che ovviamente ha suscitato scalpore. Per alcuni aspetti aveva ragione, ma la successiva scoperta del bosone di Higgs e delle onde gravitazionali, hanno messo in discussione il suo presupposto. In realtà in un recente aggiornamento della rubrica "Science and Technology" dell’Economist (9 luglio 2022), un esauriente articolo dal titolo "Beyond the Standard Model" (Oltre il modello standard) conclude con l’affermazione: "What physics no longer has, is an embracing model of the future, to try to fit everything into" (Ciò che manca alla fisica è un modello che si sviluppi nel futuro, in cui cercare di adattare tutto). Lasciando intravedere un obiettivo senz’altro affascinante, ma ancora remoto e sicuramente non confrontabile con la necessità di impegnarsi sui complessi fenomeni che stanno all’origine delle catastrofi che minacciano il nostro pianeta.
Quindi se la scienza non è finita, prevale l’obbligo di focalizzare gli sforzi su tali problemi. Con spirito innovativo, però, volgendo ad esempio l’attenzione sui progressi in corso riguardanti la chimica microbiologica che, in virtù delle prospettive offerte dalla biologia sintetica, promette significativi avanzamenti nella gestione dei processi catalitici metabolici verso l’ottenimento di composti chimici con caratteristiche definite, e quindi desiderate. Non solo per quanto concerne la salute, ma per quasi tutte le attività umane. Inclusi i rinnovati approcci alla preparazione di biocarburanti che, fruendo dei progressi realizzati nelle tecnologie della raffinazione, sono in grado di offrire un approccio importante alla soluzione dei problemi energetici, in grado di interagire, e quindi tutelare, tutte le tecnologie che attualmente fruiscono dei combustibili derivati dal gas naturale e dal petrolio