Nelle ultime ore nelle Marche si è verificato un fenomeno insolito, ma sempre più frequente: il temporale autorigenerante. Il capo della protezione civile, Fabrizio Curcio ha spiegato che “la quantità di acqua caduta è veramente notevole: più di 400 mm in alcune aree, che corrispondono a un terzo dell’acqua che normalmente cade in un anno”.
I temporali che si originano nelle zone montuose si spostano con le correnti in quota verso la pianura o il mare dove si scaricano, ma nelle Marche è accaduto di fuori dal comune: si è formata una “cella temporalesca autorigenerante” che ha provocato un’alluvione lampo. Fenomeni del genere sono stati la causa di alcune alluvioni “lampo” avvenute in passato in diverse aree del nostro Paese, in primis proprio a Genova.
Che cosa è un temporale autorigenerante? - Tra gli effetti di questo clima che cambia verso il caldo non va sottovalutato il potenziale rischio di eventi meteo estremi. Più caldo, più vapore, più acqua precipitabile in atmosfera, più energia per i temporali. Infatti con il caldo aumenta anche l’energia potenziale. I contrasti termici vengono particolarmente accentuati creando un mix micidiale per lo sviluppo di imponenti celle temporalesche, alte anche fino a 10/12 km. Nel caso delle Marche il mare, ancora molto caldo, ha rilasciato enormi quantità di vapore acqueo che si è poi andato a condensare in nubi e quindi, poi, in piogge torrenziali. Il calore assorbito in estate dai mari è un pericolo e un evento straordinario come quello di ieri potrebbe non risultare isolato.
Dove si forma maggiormente - Le cause dinamiche appena descritte sono più diffusamente riscontrabili in prossimità delle aree costiere: in questo caso la superficie marina costituisce un ottimo serbatoio di aria umida e sufficientemente calda e dove, in particolari situazioni meteorologiche, è facile ritrovare zone di convergenza dei venti al suolo che aiutano questa massa d’aria a salire. Ad aggravare la situazione e ad incrementare la fenomenologia possono essere anche un moto dell’aria “lento” alle quote medio-basse della troposfera, che tende a far stazionare il temporale in loco, e la presenza di ostacoli orografici (montagne) nei dintorni della cella temporalesca, che esaltano il sollevamento dell’aria umida e amplificano la persistenza delle precipitazioni stesse.