Il day after l’annuncio della mobilitazione “parziale” decisa dal Cremlino è segnato da un mix di confusione e panico in Russia. Confusione per la vaghezza con cui è stato scritto un decreto che chiama alle armi centinaia di migliaia di russi: per ora 300mila, domani chissà. E panico, perché l’idea di essere sbattuti al fronte - a combattere quella che schizofrenicamente ci si ostina a non chiamare guerra, ma si presenta come una guerra totale contro l’Occidente – non può piacere a nessun essere umano che abbia un minimo di attaccamento alla vita.
Come Putin forse si aspettava, i russi non stanno reagendo bene a quella che di fatto rappresenta la prima mobilitazione russa dalla Seconda guerra mondiale. La corsa all’acquisto di biglietti aerei che arrivano a costare fino a 10mila euro, il traffico ai valichi di frontiera con Finlandia e Georgia e le proteste di queste ore in diverse città del Paese sono tutti segnali di una indisponibilità dei russi a imbracciare le armi. L’intelligence britannica, nel suo report quotidiano sulla guerra in Ucraina, lo dice chiaro e tondo: Putin dovrà "lottare sul piano logistico e amministrativo per radunare 300mila riservisti" da inviare in Ucraina; il Cremlino “sta accettando un considerevole rischio politico nella speranza di generare la necessaria potenza di combattimento”.
Quella di Mosca appare, però, come una disperata speranza. Il ricorso alla mobilitazione è un'ammissione del fatto che la Federazione ha esaurito le scorte di volontari disposti a combattere in Ucraina. Anche ammesso che le autorità riescano a radunare questi 300mila riservisti, le nuove formazioni difficilmente saranno efficaci in combattimento per mesi, sottolineano gli 007 di Londra. E, visti i metodi di arruolamento, c’è da dubitare che saranno efficaci in generale. Il ministero della Difesa russo è alla disperata ricerca di uomini da mandare al fronte: si punta a massimizzare le reclute tra i migranti provenienti da Kyrgyzstan, Tagikistan, Kazakhstan e Uzbekistan con la promessa/ricatto della cittadinanza (facendo innervosire i rispettivi governi e spingendoli sempre più verso la Cina), mentre alle autorità della Repubblica russa del Tatarstan viene ordinato di impedire “temporaneamente” i viaggi a tutti i suoi residenti riservisti.
Si pesca dove si può, ma anche dove non avrebbe senso - un po’ per disperazione, un po’ per il gusto di metter paura. La manifestazione più clamorosa di questo nonsense è l’idea stessa di mandare al fronte le persone arrestate per aver partecipato alle proteste contro la mobilitazione proclamata da Putin. Il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov ha sostenuto oggi che la consegna di cartoline per l'arruolamento nell'esercito ai manifestanti arrestati nel corso delle proteste "non è contro la legge". Al di là dell’aspetto motivazionale – si può ben immaginare con quanta dedizione chi è sceso in piazza per protestare sia determinato a combattere – quella di Peskov è chiaramente una menzogna, condita dall’imbarazzo per lo scherzo telefonico in cui è caduto il figlio Nikolay, in età d’arruolamento (alla presunta chiamata alle armi, preso in contropiede, ha risposto proponendo di “risolvere la questione a un livello diverso”, chiamando papà).
“In realtà, per legge, la cartolina può essere ricevuta soltanto presso l'indirizzo di residenza, il luogo di lavoro o il luogo di studio”, spiega ad HuffPost Giulia De Florio, membro del direttivo di Memorial Italia, parte del network della storica Ong nata a Mosca negli anni '80 per custodire la memoria e difendere i diritti. “Purtroppo, stiamo vedendo nella pratica come avviene l’arruolamento. Secondo voci non ancora confermate, punti di reclutamento sarebbero stati allestiti in fretta e furia in zone di passaggio molto frequentate".
La minaccia di inviare al fronte le persone arrestate durante le proteste è particolarmente subdola, perché in teoria lo stesso decreto di mobilitazione prevederebbe dei criteri per ricevere la cartolina. L’obiettivo del governo è quello di scoraggiare delle proteste che rischiano di divampare in tutto il Paese. Secondo i dati della piattaforma Ovd-Info, sono almeno 1325 le persone arrestate durante le proteste contro la mobilitazione. La cartolina non solo non potrebbe essergli consegnata per strada, durante un arresto.
“In Russia esistono due tipologie di persone arruolabili in caso di mobilitazione: reservizsty e zapasniki”, spiega De Florio. Secondo il giurista e attivista Pavel Cikov, la chiamata arriverà prima ai riservisti che hanno siglato un contratto con il ministero della Difesa. Poi si dovrebbe passare a quelli di riserva, zapasniki, che sono molti di più, in pratica chiunque abbia fatto la leva.
“È un distinguo importante e va sottolineato che ricevere la cartolina non vuol dire essere automaticamente spedito al fronte. Ci possono essere inesattezze nella sua compilazione e altri escamotage che permettono di fare ricorso”, sottolinea l’esperta: “ è evidente che il ricorso ha possibilità quasi nulle di essere accettato, però intanto consente di guadagnare del tempo per trovare un modo di non essere costretti a presentarsi al commissariato militare e partire. A riguardo è importante sottolineare il ruolo degli avvocati e di tutti i giuristi che ormai sono diventati davvero dei soldati in prima linea nel difendere quei pochi diritti ancora sanciti in Russia”. Nelle ultime ore è uscito un vademecum da parte della piattaforma Ovd-Info che descrive una serie di mosse da fare in caso di ricezione della cosiddetta cartolina, anche e soprattutto per chi la riceve dopo essere stato fermato per una protesta. “Sono dettagli – osserva De Florio - ma come sempre nei dettagli si trova spesso la possibilità di salvezza. Il lavoro che fanno i giuristi in questo senso - e con loro i media indipendenti che poi diffondono queste notizie alla popolazione - è fondamentale in questo momento: può decidere della vita e della morte delle persone".
Di fronte a questo scenario, è perfettamente comprensibile la reazione emotiva di chi ha cercato un modo per scappare via cielo o via terra, con 35 km di code al confine con la Finlandia. Chiaramente, sono opzioni precluse alla stragrande maggioranza dei russi che per motivi economici - e non solo - non possono abbandonare il Paese. Se per la popolazione russa il disorientamento è fortissimo, c’è un gruppo di persone che in queste ora sta subendo un ricatto assoluto: i migranti.
“È una situazione molto peculiare”, argomenta De Florio. “Il sindaco di Mosca Sergey Sobyanin ha già dichiarato di voler convertire un centro di immigrazione a Sakharovo, una cittadina a 80 km da Mosca, in un punto di reclutamento per arruolare più facilmente gli immigrati, attirandoli con la promessa di ottenere più rapidamente la cittadinanza russa. Questo ha provocato forte malcontento da parte delle autorità di Kyrgyzstan, Tagikistan, Kazakhstan e Uzbekistan. Il Kyrgyzstan, ad esempio, ha emesso una nota ufficiale avvisando i propri cittadini che partecipare a missioni di guerra sotto le insegne di un altro Stato è passibile di una condanna penale nel proprio Paese”.
Come risposta a questo, la presidenza russa ha annunciato l'intenzione di approvare un decreto in base al quale i migranti di questi quattro Paesi che hanno la cittadinanza russa da meno di 10 anni saranno costretti a servire un anno nell'esercito russo, oppure gli verrà tolta la cittadinanza. Un ricatto assoluto nei confronti di persone che, tipicamente, non hanno possibilità economiche e risorse. “Si tratta di un bacino molto grande di persone, non proprio un migliaio di soldati in più o in meno”, osserva la ricercatrice di Memorial. Allo stesso tempo, si tratta di una strategia rischiosa, con ripercussioni sul rapporto tra la Federazione russa e questi Paesi. Un altro azzardo da parte di una presidenza russa che appare sempre più disperata.