di Franco Manzitti
La terra trema per cinque secondi. Lo sentono tutti nella grande città di Genova e anche più lontano perché il terremoto questa volta è accompagnato da un sinistro e lungo boato. Vola giù in briciole un angioletto di pietra dalla cuspide della millenaria chiesa di Pieve Alta, un piccolo paradiso del Levante genovese. Cadono i quadri dalle pareti delle case, gli edifici si svuotano di colpo mentre la parola “terremoto” corre, corre su e giù per la città.
Paura, senso di incredulità, un tam tam sempre più rumoroso. Nello studio televisivo di Telenord, una emittente genovese, cade un pezzo di soffitto in uno studio nel quale stavano registrando un dibattito elettorale.
L'epicentro è a Bargagli, piccolo paese arrampicato nel mezzo del desertificato entroterra, dove mai era successo un evento sismico. Celebre, questo paese, un po' triste, un po' cupo, perchè anni fa era stato al centro di un giallo kolossal, a metà tra le storie della post resistenza antifascista e le vendette personali.
Addirittura si era parlato di un “mostro” che nel corso degli anni dal 1945 in avanti aveva ucciso in sequenza almeno cinque protagonisti e protagoniste della guerra partigiana in lotta per mettere le mani su un “tesoro” bottino bellico.
E così Bargagli era salita al centro della cronaca ed anche della politica, perchè il sospetto che tanti anni dopo i partigiani regolassero sanguinosamente i loro conti, uccidendosi nei sentieri impervi del paese, aveva infangato gli antichi eroi e l'Anpi aveva reagito, mobilitando grandi avvocati e leader del passato.
Poi dopo processi, indagini retrospettive e sentenze mai definitive, un lungo silenzio, che ora la scossa di terremoto ha rotto decenni dopo, alla fine di una calda estate nella quale il paese incartapecorito, in cima alla val Bisagno, si era solo un po' scosso per il viavai di chi lo attraversava per salire verso il lago del Brugneto, l'invaso che disseta i genovesi e che la siccità stava lentamente prosciugando.
Ecco, terremoto inatteso e poi replicato due ore dopo da un'altra scossa di assestamento, in una valle vicina, a Davagna, altro borgo solitario di quell'entroterra, in mezzo a quelle montagne che il grande giornalista -scrittore Gian Paolo Pansa nei suoi grandi libri di successo aveva battezzato “le montagne con la pelliccia” per la ricca vegetazione, quasi impenetrabile.
Ecco: terremoto, siccità, guerra e rigurgiti sempre più forti di Covid: questo è lo scenario dell' anti vigilia elettorale che si proietta sullo sfondo in un clima di sottile angoscia e inquietudine.
Alla fine di una campagna elettorale indecente, vuota di contenuti, ricca di personalismi, di scontri tra presunti leader, dove si è trattato più del fatto se il fascismo esiste ancora o se è un'altra cosa , che dei temi veri da affrontare di fronte alle cavalcanti emergenze.
La scossa del 4,1 grado della scala Mercalli, davanti alla quale i sismologi e i vulcanologi hanno quasi tutti balbettato la loro impreparazione, ha come lanciato un segnale.
Ma come, siamo in questa situazione emergenziale, con una guerra che minaccia di diventare nucleare, con una grande potenza come la Russia che mobilita un milione di riservisti, con un inverno europeo già freddo e duro nelle previsioni degli squilibri del prezzo energetico, con la geopolitica mondiale impazzita, focolai che si accendono ovunque nel mondo, vedi il caso Iran e le altre guerre disseminate per il globo e questi qua, in Italia, passano le ore dei comizi, degli insopportabili talk show televisivi, dei post, dei tik tok e dei twitter a scambiarsi insulti e querele, presi dai loro noiosissimi personalismi?
Mentre i sondaggi sono univoci in una direzione e tambureggiano da mesi con la ondata crescente della Destra-Destra di Giorgia Meloni in netto vantaggio, con il solo dubbio della sua investitura per palazzo Chigi, che dipende dall'entità del suo vantaggio rispetto agli altri partiti di un centro destra diviso profondamente. La mummia di Berlusconi gioca per una Europa di Bruxelles, i suoi alleati, il leghista Salvini e la Meloni di “Fratelli d'Italia” giocano per l'Europa di Orban e dei leader postfascisti della Spagna di Vox.
E questi potrebbero essere i futuri governanti, che già fanno uscire elenchi di ministri del prossimo governo dove si autonominano e preannunciano rivoluzioni presidenziali, ritocchi della carta costituzionale, che le tombe di quei partigiani di Bargagli, la terra delle scosse telluriche, si scoprono da sole e si alzano i morti.
La scossa è anche per gli altri, che corrono in questa campagna elettorale delirante, fatta di candidati nominati, di cavalli di ritorno, di voltagabbana rischierati altrove rispetto alle loro origini politiche, di Enrico Letta, il segretario Pd ad interim che sa di avere perso, ma non può dirlo, di Giuseppe Conte, leader del Movimento 5 Stelle , rianimato da chissà quale flebo che cavalca in malcontento del Sud d'Italia abbandonato da generazioni di ogni partito e ora scommette sul reddito di cittadinanza, cioè su una politica sociale a perdere e che cerca di farsi dare l'imprimatur dal fondatore, l'elevato Gigi Grillo, il quale ha già i suoi grattacapi.
La sua bella moglie iraniana Pavel depone, nel giorno del terremoto genovese, al processo contro loro figlio Ciro, che a Tempio Pausania stanno giudicando per il famoso stupro di due ragazze in una notte brava sulla Costa Smeralda.
Una pacchia di scenario questo, che il terremoto ha scosso, dove brillano le star come Renzi, furbo come un'aquila a stare un passo dietro Calenda nel suo terzo Polo, così se perdono la colpa non è sua, astuto e rivendicatore di Draghi e del governo caduto in gloria. E se Draghi va in Usa a prendersi il premio e i complimenti dalle mani di Kissinger, come migliore statista mondiale, il toscano, ex presidente del Consiglio ed ex segretario del Pd, può ghignare tranquillamente e sostenere che l'operazione Draghi porta la sua firma e che oggi l'unica via d'uscita sarà di nuovo Draghi che a Mattarella non potrà dire di no, se dopo un risultato complicato del voto dovesse ripetergli l'invito, o meglio l'invocazione, a tirarci fuori dal caos complessivo.
E che dire di Matteo Salvini che neppure a Pontida se lo filano più ed ha già la testa di segretario sulla mannaia preparata dai governatori leghisti del Nord e dal silenziosissimo Giorgetti.
Una scossa ancora più forte forse ci sarebbe voluta su milioni di potenziali elettori, che stanno pensando se andarci alle urne o no, se restare a casa nell'ultima domenica di un settembre mai visto, di un'estate torrida, siccitosa, altamente bellica.
Dall'India le voci su una nuova variante del Covid serpeggia tra gli esperti: è una nuova Omicron, refrattaria agli antidoti che l'umanità ha già trovato.
Se sali a Bargagli, dove la scossa è partita dal ventre della terra, 10 chilometri di profondità, incontri facce spaventate ma anche rassegnate. In fondo alla apertura delle urne mancano poche ore e allora si vedrà se quel terremoto era solo l'anticipo di quello elettorale-politico-costituzio