Nervi tesi nel Pd. La sconfitta elettorale spinge Enrico Letta al passo d’addio. Il segretario dem non si dimetterà subito. L’ex premier - che ieri ha telefonato a Giorgia Meloni per riconoscere la sua vittoria - ha assicurato che rimarrà in plancia di comando ma solo fino al prossimo congresso. Insomma, dopo il ko, con i democratici arenatisi al 19% e quindi al di sotto della soglia "psicologica" del 20%, per i dem ora si gioca la partita della vita, in particolare per quanto concerne le future alleanze.
Con chi fare squadra? Con i 5Stelle di Giuseppe Conte, come chiede il fronte filo-grillino capitanato da Francesco Boccia e Michele Emiliano o con gli altri attori della sinistra, come invece vorrebbe Base riformista di Lorenzo Guerini? Su Conte, intanto, Letta si è tolto qualche sassolino dalla scarpa: se il campo largo non è stato possibile è perché i 5S non si sono resi disponibili a percorrere una strada insieme, ha detto.
“La destra governerà perché Conte ha fatto cadere Draghi” ha sbottato. Se poi l'alleanza con i pentastellati si potrà o meno ricostituire, questo non spetterà più a lui dirlo: "Forse il fatto che non sia io a gestire questa fase, aiuterà" ha sottolineato. E dure critiche Letta ha mosso anche contro il "fuoco amico di Carlo Calenda" che, tra l'altro, è costato il seggio parlamentare a Emma Bonino. Ma "il Pd perde tutte le elezioni politiche nazionali dal 2008. Basta con questa stortura dei candidati calati dall'alto” l’affondo di Antonio Decaro, sindaco di Bari ed esponente di spicco del Pd.