Di Matteo Forciniti
Il 7 settembre, a una decina di giorni dal termine di scadenza per partecipare alle elezioni, il primo segretario dell'Ambasciata italiana in Uruguay Alberto Amadei partecipava a un evento memorabile: la presentazione della festa delle nazioni del supermercato Tienda Inglesa.
In quegli stessi giorni la rappresentanza diplomatica era impegnata molto attivamente a promuovere la Expo Prado, l'esposizione agroindustriale più importante del paese dove dal 9 al 18 settembre l'Ambasciata ha partecipato con un suo padiglione con la collaborazione di diverse imprese italiane. Per l'occasione l'ambasciatore Giovanni Iannuzzi è intervenuto con un video diffuso sui social per invitare alla partecipazione.
Sempre in quello stesso periodo c'è stato un altro appuntamento che in Uruguay è passato completamente in secondo piano: le elezioni italiane.
Al di là della vittoria del Partito Democratico con Filomena Narducci, il dato più rilevante di queste elezioni è stato ancora una volta la scarsa partecipazione. In Uruguay a votare è stato solo il 22%, circa 21mila persone su più di 94mila elettori abilitati confermando così una tendenza in caduta libera inaugurata con il voto del 2018 quando si ebbe un crollo con cifre analoghe a quelle attuali. Si tratta di numeri osceni rispetto a quelli che venivano raggiunti in un passato che oggi appare lontano anni luce.
A colpire, al di là di un fisiologico calo nell'interesse verso l'Italia, è stato ancora una volta il silenzio assoluto imposto dall'Ambasciata sul voto così come era stato fatto nel 2018 oppure alle ultime elezioni del Comites. Sembra un copione che si ripete costantemente, c'è ormai una chiara tendenza a snobbare sistematicamente ogni istanza di partecipazione. Come mai?
Anche questa volta non si è avuta alcuna traccia della "grande campagna informativa" promessa dalla Farnesina che è stata portata avanti con una decina di post pubblicati su Facebook negli ultimi 3 mesi e nient'altro. Come si può pensare di fomentare la partecipazione in questo modo considerato che la stragrande maggioranza degli italouruguaiani è lontana dalle vicende italiane e non conosce bene la lingua? L'ambasciatore Iannuzzi, tra l'altro, non si è degnato di spendere neanche una parola su queste elezioni, come il 25 aprile, come tante altre volte su altri argomenti. Neanche la denuncia del video dello scandalo di Aldo Lamorte è servita a toglierlo per un istante dal consueto immobilismo.
Per capire l'importanza che queste elezioni hanno avuto per la sede diplomatica di Montevideo basta guardare il sito internet dell'Ambasciata dove nell'home page compare ancora come prima notizia in evidenzia un annuncio vecchio di una settimana fa con la scadenza del termine per votare.
La conseguenza di questo enorme vuoto istituzionale è stata quella di lasciare campo aperto ai politici che con quel poco di pubblicità sugli organi di informazione locali hanno preferito (legittimamente) cercare voti anziché informare.
Non entriamo nel merito se sia giusto o sbagliato partecipare a eventi privati e commerciali, guardiamo ai fatti: in un periodo cruciale in cui si sarebbe auspicato una grossa campagna informativa sulle elezioni l'Ambasciata ha concentrato i suoi sforzi altrove. La figura dell'ambasciatore è stata ridotta così a puro strumento di marketing. Anziché fomentare la vita democratica di una comunità, il rappresentante dello Stato italiano in Uruguay ha ritenuto più opportuno andare in giro a cercare di vedere un po' di pasta, con tutto il dovuto rispetto del Made in Italy e delle eccellenze italiane apprezzate in tutto il mondo.
Qui però ci sono in gioco altri valori che non potranno mai essere monetizzati come la democrazia e i diritti che in Uruguay si stanno silenziosamente perdendo.