Gente d'Italia

Perché l’Italia è oggi al ventesimo posto nella classifica dell’attrazione di investimenti esteri

Foto Depositphotos

DI SILVANA MANGIONE

Perché? Quali errori si possono correggere rapidamente e quali problemi attendono una soluzione da decenni, senza trovarla? Ne ho parlato negli anni con alcuni illuminati dirigenti dell'ICE, ora ITA – Italian Trade Agency, come è stata rinominata per salvarla, senza cambiarne la sostanza, quando uno dei tanti governi della fine del Novecento decise di abolire l'Istituto del Commercio Estero, perché lo considerava controllato da un'area di partito che non gradiva. Lo spacchettamento delle influenze politiche lo vediamo ovunque. Ne è un ottimo esempio Mamma RAI. Sfortunatamente, non sempre il rappresentante, collocato di forza nell'amministrazione di quello o questo ente pubblico, ha la preparazione specifica e le capacità necessarie per gestire l'incarico. O meglio, qual è un errore che si potrebbe sanare rapidamente, se soltanto si superassero gli stereotipi sugli italiani che vivono fuori dai confini, specie negli Stati Uniti, e che sarebbe possibile ingaggiare a favore dell'economia nazionale? Quanti miliardari e plurimiliardari in dollari hanno un cognome o un'ascendenza italiana? Li abbiamo mai censiti? Quanti sono stati invitati in contesti ad altissimo livello, per proporre loro dei validi investimenti in Italia?

Stiamo parlando anche di creazione di nuove realtà produttive, che aumentino l'occupazione, in particolare dei giovani, molti dei quali sono stati costretti a emigrare per trovare altrove spazi lavorativi o di ricerca. Molti italodiscendenti provengono dal Mezzogiorno d'Italia. Alcune Regioni del Sud stanno mostrando grandi abilità di offerta. Fra i compiti dell'ITA e del MAECI, è inclusa la promozione degli investimenti esteri in Italia (e viceversa), ma non si prevede un ambito dedicato e improntato allo stimolo e al coinvolgimento attivo, ad esempio, degli stranieri di origine italiana elencati nella classifica annuale di Fortune 500 o evidenziati nei rapporti di Bloomberg e altri. Perché?

Bisogna avere il coraggio di constatare che il rapporto dell'Italia con le sue comunità all'estero, ivi inclusi gli esponenti del Gotha italico della finanza e dell'industria, è – a dir poco – complicato  per non dire assente. Nella maggior parte dei casi si sviluppa basandosi su luoghi comuni, che permettono di far finta di conoscere le situazioni, senza che ci sia alcuna volontà di avvalersene o di risolverle. Specie fra nipoti e pronipoti dei nostri antichi emigranti in USA, a un certo punto del loro percorso di vita, scatta l'aspirazione a un'identità più personale e strutturata di quella delle mille origini del popolo americano. Un'identità più profonda, legata alla cultura e alla bellezza. C'è sempre, magari inconsciamente, la spinta a tornare, da vincitori, per regalare ai propri progenitori, una sorta di "vendetta" attraverso un successo che contribuisce all'Italia.

Non stiamo parlando dei presidenti di fondazioni e club, pomposamente riuniti in nuove organizzazioni dagli acronimi che richiedono un intero alfabeto. Per loro, i sentimenti viscerali sopra evocati hanno il solo scopo di evidenziare la propria "superiorità", venendo in Italia, come gruppo accroccato secondo numeri e non valori, per farsi una doviziosa Photo Op con i dignitari di turno. Stiamo parlando, invece, di veri capitani d'industria o di holding di qualche genere. A costoro si devono presentare proposte articolate, che rientrino nei piani perfezionati dai loro stessi gruppi di lavoro. Alle proposte, però, si devono affiancare tutti gli elementi che ne rendono possibile la realizzazione. Non sempre i Ministri chiamati in causa sono disposti a scendere in campo concedendo la loro presenza e il loro appoggio diretto nelle trattative. Spesso nemmeno gli organi regionali e locali garantiscono il pronto sostegno sul territorio.

Ma l'ostacolo più difficile da superare, per cui l'Italia crolla di fronte ad altri Paesi, è di essere ancora attanagliata da una burocrazia sospettosa, tignosa, testarda, lenta fino all'esasperazione. In pochi ma disastrosi casi, i "burosauri" – come li chiamava il commediografo Silvano Ambrogi – sono più propensi ad addurre ragioni per dire NO a normalissime richieste, che a snellire gli iter di approvazione di licenze, permessi, registrazioni e apertura di conti, che in Italia fanno perdere mesi o anni, mentre in altre nazioni si risolvono in una settimana. La nostra burocrazia è retaggio nefasto delle spezzettature legislative in regni, ducati, contee, poteri religiosi e corporativi, stratificati prima dell'Unità d'Italia. Se non erro, dal 1861 a oggi è passato più di un secolo e mezzo, per l'esattezza 161 anni, ma non ne siamo ancora venuti fuori del tutto.

Tra le condizioni per l'applicazione del PNRR, l'Unione Europea ha posto la semplificazione e digitalizzazione delle procedure. Questo stimolo, cui è legata la concessione di fondi salvifici, potrebbe sortire effetti rapidi e inaspettati. Il prossimo Governo nascerà con una schiacciante maggioranza parlamentare, almeno sulla carta, perché, in passato, le lotte interne delle coalizioni elettorali vittoriose hanno mandato a catafascio ben altre alleanze. Se la maggioranza terrà, si potrebbe porre mano anche a un altro intervento, di cui si parla tutti i giorni senza fare nulla per effettuarlo, mentre si sono inventate definizioni che rinviano la questione a data da destinarsi. L'elegante espressione "nuova mobilità" – adottata per sostituire la vecchia "fuga di cervelli", che accusava i giovani plurilaureati di un esodo egoistico – copre ancora l'inabilità di costruire un meccanismo di circolarità, che permetta loro di scegliere fra due possibilità. Una è quella di rientrare in Italia con posizioni universitarie o di ricerca e con emolumenti pari a quelli di cui godono già.

L'alternativa è diventare facilitatori e gestori di reti di colleghi stranieri al servizio dell'Italia. Se le condizioni per l'incremento di investimenti, che auspichiamo, dovessero materializzarsi, questi nostri gioielli, che arricchiscono con il loro lavoro le tasche di altre nazioni, potrebbero, se lo vogliono, tornare nel Bel Paese per diventare il nucleo direttivo dei nuovi insediamenti sul territorio, sfruttando anche le network di contatti che hanno sviluppato all'estero. Pensare positivamente non costituisce peccato. Concretizzare le ipotesi richiede la volontà di tutti.

Exit mobile version