Si sono appena compiuti i primi due atti obbligatori per l'insediamento del nuovo Parlamento, uscito dalle urne con una schiacciante vittoria di Giorgia Meloni e dei suoi Fratelli d'Italia che, unito alle deludenti performance di Lega e Forza Italia, garantisce comunque una solidissima maggioranza alla Camera e al Senato. Le prime considerazioni sulle scelte e i risultati non sono rose e fiori. Prima nota: usciamo da un Parlamento che aveva eletto una donna, Maria Elisabetta Alberti Casellati, Forza Italia, alla Presidenza del Senato, seconda carica dello Stato, e Roberto Fico, M5S, alla Presidenza della Camera dei Deputati. L'articolo 3 della Costituzione, che sancisce la parità uomo donna, era stato onorato e i padri costituzionalisti, fondatori della nostra Patria, sorridevano di gioia. Ricordiamo i dati dell'elezione del 2018: votanti 72.93% degli aventi diritto, in calo deI 7.24% dalle consultazioni del 2013. Risultati: Centro destra 37% (Lega 17.37%, Forza Italia 14.01, Fratelli d'Italia 4.35); Movimento 5 Stelle 32.8%; Centro Sinistra 22.85%, di cui Partito democratico 18.72%. I grillini erano il primo partito, il secondo partito era il PD. Tuttavia uno strano Manuale Cencelli aveva decretato che vittoriosi fossero un partito (M5S) e una coalizione, non un altro partito, per l'assegnazione delle due massime cariche dopo quella del Presidente della Repubblica. Alle ortiche era andata l'antica e sana abitudine di assegnarne una alla maggioranza e una alla minoranza decretata dalle urne. Paragoniamo situazione del 2018 a quella uscita dal voto del 25 settembre 2022. Il primo dato è sconfortante: il totale dei votanti scende al 63.91, perdendo quasi il 10% rispetto al 2018. Il Centro destra stravince con il 43.79%, ma il gigante della coalizione è Fratelli d'Italia, che guadagna oltre 21 punti rispetto alle elezioni precedenti, relegando la Lega con l'8.77% (quasi 9 punti in meno) al secondo posto e Forza Italia al terzo posto con quasi 5 punti in meno all'8.11. Il vero perdente è il M5S che passa dal 32.68 al 15.43, con oltre 17 punti in meno. Il Centro sinistra guadagna quasi 4 punti: dal 22.8 al 26.13 e il Partito democratico cresce, sia pur di pochissimo, passando dal 18.72 al 19.07. Le presunzioni del Terzo polo svaniscono sfrigolando nella pozzanghera di un misero 7.79%, circa la metà del 15% promesso dal connubio Calenda/Renzi, nato soltanto dalla prosopopea e dalla voglia di intestarsi la guida di due partitucoli separati, ma destinatari di tutte le prebende parlamentari concesse ai loro capi. Il resto è, ovviamente, noia. Ma la narrazione della realtà nuda e cruda, basata sui numeri e non su interpretazioni di comodo, che vi abbiamo appena fatto, stranamente è in totale contrasto con il racconto urlato dalla marea di coloro che saltano sempre sul carro più utile. I soli partiti che hanno conquistato terreno sono due e con quantità diverse: enorme, Fratelli d'Italia, minimo ma reale, il PD, pur orbo dei presuntuosi scissionisti Calenda e Renzi. La decisione di conduttori di programmi TV, opinionisti e telegiornali è invece che l'unico perdente è il Partito democratico, che si fa prendere dalle solite convulsioni intestinali delle seimila correnti interne, che lo ammorbano dalla nascita. Come sappiamo, la RAI è stata colonizzata dal 1994 a oggi da quote maggioritarie di amministratori e giornalisti di centrodestra, ora anche di grillini, che ripagano a iosa i loro padri protettori con i loro comportamenti. La quota RAI legata al centrosinistra, invece, applica fino allo spasimo la par condicio e la costante analisi con la matita rossa e blu nei confronti dell'area che li ha messi al loro ambito posto. Conclusione? Enrico Letta è l'unico Segretario politico che si è dimesso per traghettare a un fulgido futuro congressuale il PD che, fra l'altro, ha stravinto all'estero, portandosi a casa 3 senatori su 4 e 4 deputati su 6 per un totale di 7 su 12 parlamentari eletti nella circoscrizione Estero. Ma questo, in Italia, non l'ha mai detto nessuno. In altra occasione faremo un'analisi del perché e del percome il PD si impone all'estero, ma non più abbastanza in Italia, tanto per capire. Come dicevamo, tra giovedì e venerdì, si sono compiuti i riti delle elezioni dei Presidenti di Camera e Senato. Sono stati eletti due uomini, buttando nel cestino, come carta straccia, il concetto stesso di parità di genere. Forse perché avere la prima Presidente del Consiglio donna basta e avanza come presenza femminile ai vertici della politica italiana? Basta e avanza a chi? L'ascesa di Ignazio La Russa al Senato premia colui che fin dall'inizio ha sostenuto il progetto e la persona stessa di Giorgia Meloni, costruttrice di Fratelli d'Italia. Alla Camera è andato Lorenzo Fontana, della Lega. Forza Italia, che ha fatto il suo dovere di ancoraggio al centro del Centro destra è rimasta a becco asciutto e il rinato Senatore Cavalier Berlusconi lo ha fatto pesantemente notare, con gesti e commenti, seduto in prima fila, poi uscendo da Palazzo Madama. Ma, al Senato, è stato commesso un giallo ancora irrisolto. Dato che Forza Italia ha votato scheda bianca, chi ha fornito a La Russa i voti mancanti per essere eletto? Il colpevole è stato subito identificato nel PD, additato dal coro guaiolante di chi si è rifatto una verginità alle ultime consultazioni e conta di strappargli altri voti alle prossime amministrative. Per essere giusti, al PD non conveniva affatto eleggere La Russa. I voti in cerca d'autore sono stati quasi certamente complottati all'interno di gruppi medio piccoli, che sperano di conquistarsi qualche cadreghina in qualche rimpasto di Governo, che si renderà necessario quando le estemporaneità del papeetiano faranno cadere il Primo Governo Meloni, che sarà sostituito da un Meloni due, con altri alleati. Ecco l'ultima, e forse la più importante, riflessione su quanto accaduto: nessuno dei neoeletti Presidenti ha speso una sola parola sul mondo di 6 milioni e mezzo di italiani che vivono all'estero e sulle decine di migliaia che li raggiungono ogni anno perché l'Italia, invecchiata fino allo spasimo, in disperata ricerca della mancante manodopera, da quella manuale a quella intellettuale e creativa, esporta i suoi figli senza predisporre alcun meccanismo che potrebbe consentire un loro rientro, qualora lo volessero. Vedremo se lo farà la prossima Presidente del Consiglio nel suo primo discorso di presentazione del programma di Governo per ottenere la fiducia parlamentare. Ci auguriamo di sì. Se non succedesse, si tratterebbe di un grave tradimento al lavoro che la Destra ha fatto sin dal 1955 per tenere vivo il pensiero dell'Italia stessa per questa sua seconda Italia, che vive lontano e attende con ansia da anni molti interventi ormai irrinviabili.