di Adalgisa Marrocco
C'era una volta una quindicenne che viveva spensierata, protetta dai suoi genitori in mezzo alla natura. Un giorno l'imperatore la incontrò e il giorno dopo le chiese la mano, pochi mesi dopo si sposarono. Se questa fosse una favola si chiuderebbe con "e vissero felici e contenti", ma in realtà è l'inizio della storia vera di un'imperatrice che felice non era affatto. Il suo nome era Elisabetta Amalia Eugenia di Wittelsbach, nata duchessa in Baviera, poi imperatrice d'Austria, regina apostolica d'Ungheria, regina di Boemia e di Croazia. Sinteticamente: Sissi, che il tempo ha trasformato in una vera icona pop.
A Vienna tutto parla di lei: dai manifesti appesi per la città alle scatole di cioccolatini, dalle cartoline ai souvenir. Ma queste tracce dipingono un'immagine patinata, e perciò falsata, di un'imperatrice che mal sopportava la vita pubblica, che controllò il suo corpo fino alla nevrosi e che, pur di evitare la vita di corte e le incombenze imperiali, trascorse la maggior parte del tempo a preservare la sua bellezza e a viaggiare con la mente e per il mondo. Si narra che una volta, a bordo del suo yacht Miramar, sfidò una tormenta legata a una sedia sopra il ponte: "Un gabbiano di Nessundove io sono, nessun lido considero mia patria, nessun luogo, nessun posto a sé mi lega; è di onda in onda invece che io volo", scrisse nel suo diario. Neanche il matrimonio fu un idillio: il consorte, l'imperatore Francesco Giuseppe I d'Austria, era sempre preso dagli impegni di Stato e aveva una mentalità troppo distante per comprendere i problemi e le complessità della moglie. La scrittrice Allison Pataki, che ha dedicato due romanzi storici a Elisabetta d'Austria, ha detto al New York Times che forse l'imperatrice si sarebbe sentita più a suo agio nella società odierna che nella Vienna del XIX secolo: "Il suo ruolo principale e l'aspettativa che riponevano su di lei era avere figli, produrre eredi. Ma lei era molto in anticipo sui tempi, volendo di più per se stessa come donna, individuo, moglie e leader".
Eppure, nell'immaginario collettivo, Sissi è tutt'altro. D'altronde, la sua figura iniziò a essere idealizzata all'indomani della sua uccisione, avvenuta per mano di un anarchico italiano in Svizzera nel 1898, quando non aveva ancora compiuto 61 anni. Ben presto il suo volto finì su monete e immagini commemorative, mentre i giornali dedicarono intere pagine al dolore del marito, che aveva perso il suo "angelo". Ora, a distanza di 124 anni dalla morte, due nuove produzioni audiovisive fanno rivivere Elisabetta, rifuggendo dalla tentazione del ritratto angelicato: si tratta della serie Netflix The Empress e del film Corsage, che ha debuttato al Festival di Cannes a maggio e uscirà nelle sale italiane a dicembre.
Entrambe le opere fotografano il lato oscuro del personaggio storico, diversamente dai film degli anni Cinquanta con Romy Schneider, in cui Elisabetta venne rappresentata come "una spensierata principessa Disney", scrive il New York Times. La showrunner e autrice principale della serie The Empress, Katharina Eyssen, ha detto alla testata americana che in quelle pellicole l'imperatrice è "una ragazza di buon cuore senza conflitti interiori", mentre la sua Sissi, interpretata dall'attrice Devrim Lingnau, "è più grintosa, selvaggia e spigolosa". La serie – spiega il Nyt – "si apre poco prima che Elisabetta incontri il suo futuro marito (e cugino), durante i festeggiamenti del suo compleanno a Bad Ischl, in Austria. La storia racconta che Francesco Giuseppe avrebbe dovuto chiedere la mano della sorella maggiore di Sissi, ma che cambiò idea appena vide quest'ultima. Nelle scene in cui gli occhi di Romy Schneider brillavano di gioia ed eccitazione, quelli di Devrim Lingnau diventano spia di un mondo interiore più oscuro".
Corsage, scritto e diretto da Marie Kreutzer, va oltre The Empress, offrendo un ritratto tagliente e senza filtri dell'imperatrice a quarant'anni. Sullo schermo, col volto dell'attrice Vicky Krieps, vediamo muoversi una donna con l'anima in tempesta, che cerca di evadere dall'oppressione della corte asburgica. Sissi ha spesso la sigaretta in mano, è ossessionata dall'esercizio fisico (è noto che avesse fatto allestire una palestra nelle sue stanze), controlla ossessivamente il suo peso (alcune fonti parlano esplicitamente di anoressia), assume eroina come antidolorifico e sedativo. Neanche il titolo del film, "corsetto", è casuale: l'imperatrice mantenne un punto vita di 50 centimetri per tutta la vita, a costo di essere soffocata da lacci e stecche. Soltanto osservare da vicino i suoi indumenti, esposti al Sisi Museum del palazzo imperiale viennese Hofburg, può rendere l'idea.
Elisabetta, che per tutta la vita aveva amato la poesia, mise per iscritto il crescente tormento di corpo e anima: "Solitaria vago in questo mondo, alla gioia, alla vita da tempo ho voltato le spalle; con nessuno condivido la mia vita, mai vi fu alcuno che mi abbia capito. Sono circondata dai parenti, ma soltanto al corpo e al sangue sono vicini; dieci volte è sprangata la mia interiorità e ben chiuso è ogni accesso". Gli ultimi anni furono ancora più difficili. Nel 1889, il figlio Rodolfo, erede al trono, morì suicida insieme all'amante, la baronessa Maria Vetsera, in circostanze mai del tutto chiarite. Da quel momento, la depressione di Sissi si fece ancora più profonda: vestita sempre di nero, intensificò i suoi viaggi in Europa senza mai trovare pace, rinunciò all'antico amore per i versi e il bel volto, ormai stanco e sofferente, venne celato dietro un ventaglio scuro.
Poi, il 10 settembre 1898, il destino dell'imperatrice si incrociò con quello dell'anarchico italiano Luigi Lucheni, che sulla riva del lago di Ginevra la colpì al petto con una lima, scrivendo la parola "fine" a una favola triste, precorritrice di tante storie moderne.