Franco Esposito
La bicicletta come oggetto di provocazione. La traversata dell'Antartide in solitario per "raccontare come il caldo sta sciogliendo i ghiacciai". Dopo l'Everest e l'Artico, a novembre uno straordinario intemerato viaggiatore partirà e proseguirà sul mezzo a due ruote l'avventura più estrema. Nome e cognome, Omar di Di Felice, quarant'anni, romano. Il Polo Sud la meta scelta.
Un'impresa tra sport e impegno denominata "Bike to 1,5°C Antartica Unlimited". Con il sostegno dell'Agenzia spaziale europea e la Ong ItalianClimate Network. Lo scopo? Documentare da vicino, in due mesi di viaggi, il ritiro dei ghiacciai per colpa del cambiamento climatico. Ma non solo. Una sfida, sì, è vero. Di Felice percorrerà quattromila kilometri per documentare come le nostre azioni stiano provocando danni irreversibili". Come dire, la sfida sta per partire, preparartevi al peggio. Prepariamoci a capire cosa spinge un biker ad affrontare il continente più ostile del mondo. L'Antartide.
L'impresa rientra nell'ambizioso ampio progetto di Omar Di Felice. Il grande amante della sfide in bicicletta in solitario si propone di raccontare come "i nostri comportamenti sbagliati provichino danni irreversibili all'ambiente". Qualsisia esploratorem poi, sogna l'Antartide, e lui l'ha sognato fin da bambino. "Quando divoravo i libri di Ernest Shakleton, il primo uomo ad aver tentato di raggiungere il Polo Sud".
Di Felice ha già stilato il programma di viaggio incontro alla grande avventura. La preparazione richiederà il rispetto di tempi precisi e rigorosi. Una settimana in Cile, per cominciare, sette giorni di quarantena. Poi, in volo, sulla costa dell'Antartide. Dove entrerà in azione una bici speciale. "A ruote larghe e chiodate, che mi permetterà di arrivare da Hercules Inlet alla base di Leverett Glacier".
L'unico punto in cui il temerario esploratore incontrerà altri essere umani. Leverett Glacier sarà la base scientifica permanente presente al Polo Sud. Di Felici pedalerà dieci ore al giorno e avrà con sé una slitta di ottanta chili con tutte le scorte alimentari e il carburante per accendere il fornellino. "Sarà questa la mia unica fonte di energia con cui sciogliere la neve da bere".
Sembra di ascoltare e vedere l'anticipazione di un film di avventura. Una di quelle pellicole in voga negli anni Cinquanta e Sessanta. Questa è davvero un'avventura straordinaria, che noi normali oseremmo definire addirittura pazza, Sì, folle. Invece: "Cercheremo di raccontare le dinamiche dell'Antartide dove c'è il settanta per cento del ghiaccio del pianeta. Ma sapete qual è il problema fondamentale?".
Ascoltiamo, da questo intrepido amante dell'avventura è probabile che s'imparino cose importanti. "Il problema vero è la fusione del ghiaccio. Quando sarà totale provocherà un innalzamento del livello die mari con impatti devastanti".
L'Italia ne saà ovviamente coinvolta. Paese fortamente urbanizzato nelle su zone costiere, molti suoi luoghi verranno abbandonati in conseguenza dell'aumento del mare".
Capito, gente, il rischio che corriamo? Di Felice sarà munitpo di drone e telecamera. Serviranno a testimoniare cosa vede. Il video sarà poi l'occasione, al ritorno in Italia, per docufilm e dibattiti con scienziati ed esperti. "Avrò un dispositivo satellitare che segnalerà la mia posizione ogni trenta munuti su una mappa. Ogni trentasie ore dovrò comunicare con l'Agenzia che gestisce la sicurezza in Anartide. Per eventuali azioni di salvataggio interverranno con il loro aeroplanino. Anche una banale caduta può rivelarsi fatale. A volte dieci giorni non sono sufficienti per l'intervento di soccorso, per via del meteo".
Il rischio forte è rappresentato dai crepacci. Ma soprattuto dai venti, l'ostacolo più tosto. In Antartide sono i più forti del pianeta. "Venti cabatici, che quando iniziano a spirare vanno ben oltre il nostro immaginario. Oltre i novanta chilometri orari. Devi chiuderti nella tenda e sperare che non ti portino via".
Una roba da far temare le vene e i polsi solo a sentire certe ipotesi. Che sono reali, non frutto della fantasia che anima in ogni caso qualsiasi viaggiatore. L'emozione, si sa, si mescola con la paura. Soprattutto quella. Sull'argomento, Di Felice ha una sua teoria. Frasi che lo aiutano in ogni frangente, in particolare quelli più difficili, i più scarbosi e complicati. "La paura ti consente di regolare quello che stai facendo. Se mi immagino sesaanta giorni da solo, alle prese con ogni necessità fisica e mentale, è normale che venga assalito dalla paura".
Immagina, questo incrediible viaggiatore, giorni in cui "le bufere saranno così forti per cui non potrò nemmeno uscire dalla tenda, giorni in cui proverò un forte sconforto". Allora perché farlo, perché andare incontro consapevolmente a rischi enormi? Omar Di Felice trova la risposta di una facilità elementare. Lo spirito dell'avventura prevale sempre e su tutto. E poi c'è da considerare, questa volta, il desiderio-necessità di mostrare "come con i nostri comportamenti sbagliati stiamo provocando danni irreversibili".
Di Felice ha esplorato l'Artide in bicicletta a febbraio. Ma questa in Antartide è un'altra storia e tutta un'altra cosa. "L'Artico mi ha messo a dura prova, ma è più facile. I soccorsi sono più immediati e, di tanto in tanto, trovi alloggi e comunità locali".
L'Antartide lascia spazio solo alla solitudine di chi lo sfida per esplorarlo. Quell'inesauribile incontenibile bisogno dell'uomo di sapere attraverso la scoperta. Perchè Omar Di Felice, evidentemente più di noi altri, "non nacque per vivere come bruto, ma per seguir virtude e conoscenza".