di Ottorino Gurgo
È opportuno cominciare il nostro ragionamento partendo da due incontrovertibili dati di fatto: il Pd ha perso le elezioni dello scorso 25 settembre; il segretario del partito Enrico Letta ha annunciato le convocazione del congresso per il prossimo gennaio.
Partendo da questi due assunti ci sembra di poter dire che l'esigenza primaria sulla quale il Pd dovrà concentrare la propria attenzione è quella di ricostruirsi non solo attraverso una nuova classe dirigente, ma anche dando al partito nuove strutture nuovi valori e nuovi obiettivi..
In quest'ottica suscita qualche perplessità il comportamento del segretario uscente che, anziché lasciare agli iscritti che parteciperanno al congresso la libertà di compiere le proprie scelte in assoluta autonomia, attraverso un dibattito aperto e non condizionato, sembra voler far trovare i congressisti dinanzi al fatto compiuto.
Significativo, al riguardo, è l'atteggiamento tenuto in questi giorni da Letta riguardo alle alleanze che il Pd dovrà stipulare nelle settimane e nei mesi a venire. Il problema non è nuovo, ma è di rilevante importanza.
Letta fa mostra di avversare con determinazione la prospettiva di una riunificazione del partito e continua a sostenere con forza - nonostante dica pubblicamente il contrario - l'alleanza con Giuseppe Conte e i suoi cinquestelle. Così, per scendere al concreto, continua a ostacolare anche il semplice dialogo con il terzo polo di Carlo Calenda e Matteo Renzi ai quali preferisce, come è apparso evidente nell'elezione degli uffici di presidenza della Camera e del Senato, l'accordo con i pentastellati.
A prescindere da ogni altra considerazione, Letta sembra non rendersi conto - animato con'è personali sentimenti di rivalsa per gli affronti che probabilmente ritiene di aver ricevuto dai leader di "Azione" e di "Italia viva" che, imponendo al Pd di non dialogare con i due "reprobi" finisce con il rafforzare lo schieramento avversario.
Il centrodestra, infatti, potrebbe clamorosamente implodere per le continue bizze di Silvio Berlusconi che non fa mistero di non gradire la leadership di Giorgia Meloni. Ma se ciò accadesse non è da escludere che, in tal caso, la Meloni e Salvini potrebbero avvalersi del "soccorso" del terzo polo spinto dal Pd di Letta fuori dalla coalizione dì centrosinistra".
Ma quel che soprattutto appare incomprensibile è per quale ragione il Pd che deve ricostruirsi dopo la sconfitta elettorale, debba lasciarsi imporre alleanze e linea politica proprio da colui che quella sconfitta ha provocato e che si accinge a lasciare il suo incarico.
Quel che serve alla politica italiana è un nuovo Pd, autonomo e riformista, con una classe dirigente giovane ed efficiente, in grado di esercitare con efficacia anche il fondamentale ruolo dell'opposizione, capace di liberarsi dalle incrostazioni del passato, affrancato da quei rancori che rischiano di portarlo verso una dissoluzione che potrebbe rivelarsi inevitabile.
Ottorino Gurgo