di Adalgisa Marrocco
In principio fu una petunia, all'inizio degli anni Novanta. Il professor Richard Jorgensen dell'Università dell'Arizona voleva solo rendere ancora più violaceo il colore del fiore, iniettandovi il gene della pigmentazione. E invece, a sorpresa, la petunia diventò bianca. Dapprincipio si pensò che il fenomeno fosse isolato, ma ben presto altri scienziati dimostrarono che era possibile estenderlo anche ad altre specie di piante. E non solo. Si osservò che esiste un modo per "spegnere" alcuni geni sfruttando l'RNA, una macromolecola biologica che converte le informazioni genetiche del DNA in proteine. La scoperta del meccanismo, spesso paragonata a quella della penicillina, ha preso il nome di "RNA interferenza" (RNAi) ed è diventata una delle più grandi promesse della medicina moderna per la lotta a virus, malattie familiari, tumori, ma anche per battere, in futuro, malattie neurodegenerative che non hanno ancora una cura.
"Dobbiamo immaginare l'RNA come se fosse il software di un computer, mentre il DNA è l'hardware. Il primo fa funzionare il secondo", ha spiegato Craig Cameron Mello, Nobel per la Medicina del 2006, intervenendo nei giorni scorsi al Festival di Salute, organizzato a Roma dal Gruppo Gedi. Verso la fine degli anni Novanta, insieme al collega Andrew Zachary Fire del Carnegie Institution di Washington, Mello si rese conto che piccole molecole di RNA, inserite nel verme C. elegans potevano interferire con il meccanismo della sintesi proteica, silenziando, in modo selettivo, alcuni geni difettosi. La tecnica consiste nell'utilizzo di molecole di short interfering RNA (siRNA) che introdotte nell'organismo sotto forma di nanoparticelle, entrano nel nucleo delle cellule e sono in grado di riconoscere, in modo complementare, tratti di RNAm portatori del gene "fastidioso". Mello spiega che l'RNA interferenza "funziona un po' come Google, anche se quando lo abbiamo scoperto questo motore di ricerca non esisteva. Le nostre cellule posseggono un meccanismo che gli permette di condurre 'ricerche genetiche guidate'. Ciò accade attraverso un frammento di RNA che è in grado di fare cento milioni di tentativi di match al secondo e, una volta trovato quello che sta cercando, silenzia il gene corrispondente. Questo meccanismo ci consente di creare farmaci altamente specifici".
Un po' come i vaccini a RNA messaggero di cui abbiamo sentito parlare durante la pandemia? Non esattamente. "I vaccini anti-Covid portano un'informazione che serve a indurre le nostre cellule a sintetizzare, limitatamente, una proteina virale che il nostro organismo riconosce come estranea e combatte con gli anticorpi. Questo fa in modo che, nel momento in cui dovessimo contrarre il virus, le nostre difese sarebbero pronte a neutralizzarlo. L'RNAi, invece, impedisce che le nostre cellule producano proteine dannose o sbagliate. Semplificando: entrambi trasferiscono un'informazione, ma il primo serve a costruire qualcosa, mentre il secondo blocca qualcosa", spiega all'Huffpost Giuseppe Novelli, genetista dell'Università di Roma Tor Vergata.
Un esempio di farmaco basato sull'RNA interferenza è stato approvato recentemente dall'Aifa: si tratta di una terapia in grado di "silenziare" la molecola Pcsk9, implicata nell'ipercolesterolemia, la condizione che causa livelli alti di colesterolo nel sangue. Il farmaco (il cui principio attivo è inclisiran), viene somministrato due volte l'anno con iniezioni sottocutanee: dopo la prima somministrazione, la dose successiva viene data a distanza di tre mesi e in seguito ogni sei mesi. Il professor Novelli spiega che "l'intuizione è arrivata alcuni anni fa, con l'individuazione di soggetti che, nonostante un'alimentazione ricca di grassi, non vedevano aumentare i loro livelli di colesterolo. Si è scoperto che queste persone presentavano una mutazione genetica di Pcsk9: ciò ha permesso di studiare e sperimentare un farmaco che, agendo su quella stessa proteina, potesse abbassare i livelli di colesterolo".
Ma le applicazioni dell'RNAi, alcune delle quali già disponibili, non si fermano qui. Il genetista dell'Università di Roma Tor Vergata afferma che "oltre all'ipercolesterolemia, abbiamo a disposizione cure per l'amiloidosi ereditaria da transtiretina e l'atrofia muscolare spinale. Si studia, poi, per utilizzare lo stesso approccio nella cura dei tumori: l'idea è quella di mettere fuori uso le proteine anomale che guidano la proliferazione incontrollata". Si guarda con speranza anche alla cura di malattie neurodegenerative del sistema nervoso centrale (come Alzheimer e Sla), ma per raggiungere quest'obiettivo – spiega Novelli – la ricerca dovrà fare ancora strada.
Altre novità sono attese a breve. Craig Cameron Mello ha annunciato che "l'anno prossimo anno partirà la sperimentazione umana su un nuovo farmaco che stiamo sviluppando con l'University of Massachusetts contro la preeclampsia (o gestosi) da gravidanza". I segni tipici di questa sindrome – che in Europa interessa circa il 2-5% delle gestazioni - sono la pressione alta, la presenza di proteine nelle urine che vengono rilevate durante le visite e i controlli periodici. In alcuni casi, possono comparire anche sintomi come dolore addominale, forte mal di testa, nausea e vomito, alterazioni della vista, tremori alle mani e aumento repentino di peso. Il farmaco allo studio, spiega Mello, "ha come target un gene responsabile della preeclampsia e dovrebbe essere in grado di risolvere il problema, che è potenzialmente pericoloso sia per la salute della mamma che del nascituro".