di Gabriella Cerami
Gianfranco Fini è riemerso. Amante delle immersioni, dopo la sconfitta elettorale di Futuro e libertà nel 2013, dovuta anche allo scandalo della casa di Montecarlo, si era inabissato. Anni e anni di silenzio, a parlare di lui di tanto in tanto ci hanno pensato i magistrati e le carte del Tribunale di Roma che tutt'ora indaga sull'accusa di riciclaggio che pesa sull'ex presidente della Camera. Ma se tre indizi fanno una prova, è possibile dire che l'ex leader di Alleanza nazionale è tornato nell'agone politico. Il percorso è iniziato qualche mese fa, quando Gianfranco Fini a maggio è ricomparso al Senato per festeggiare i 95 anni del decano della sala stampa parlamentare Pasqualino Laurito. Poi l'incontro con la stampa estera incuriosita dall'ascesa di colei che sarebbe diventata premier, lanciata alla ribalta nazionale proprio da Fini nel 2004 che notò in lei, ricostruisce oggi, "il talento e la capacità di aggregare il mondo giovanile a destra". Il terzo indizio è il ritorno in tv, domenica ospite di Lucia Annunziata su Rai3.
Ora è troppo presto per stabilire se e come farà parte della partita, nel senso stretto di incarichi e nomine, perché come si è detto il processo a suo carico non si è ancora concluso, ma di certo si è tornati a parlare di lui e soprattutto la premier Giorgia Meloni ha deciso di tornare a parlare con lui. A tessere la tela del riavvicinamento, due figure di spicco nell'ambiente della destra: Francesco Storace e Ignazio La Russa. Uno leader de La Destra, l'altro uno dei colonnelli storici di Alleanza nazionale e prima dell'Msi.
Eppure solo nel 2019 la leader di Fratelli d'Italia, allora al 3%, diceva così: "Voglio chiarire ancora una volta che non potrà mai esserci nulla tra noi e Fini", smentendo le voci di sostegno dell'ex leader di An in vista delle elezioni Europee. Anche perché, tre anni prima, colui che era stato il suo mentore l'aveva definita: "Una ragazzina che si è montata la testa". Meloni è rimasta scottata dalla storia della casa di Montecarlo: "Sono profondamente sconcertata da quanto emerso riguardo ai milioni di euro trasferiti da società di gioco d'azzardo alla famiglia Tulliani. La storia della destra non lo merita. Perché la destra, la nostra destra, è distante anni luce da tutto questo". Fini ricambia, in una delle sue ultime apparizioni in tv, quando la sua prediletta si candida a sindaco di Roma: "Meloni non corre per vincere ma per accendere i riflettori su se stessa facendo il gioco di Salvini, che vuole sfilare la leadership a Berlusconi".
Ora il mentore e la delfina sono tornati a parlarsi. Al disgelo hanno lavorato in tanti. Primo fra tutti Francesco Storace, con cui l'ex presidente della Camera ha pranzato nell'estate del 2021 con tanto di foto sui social in cui il leader de La Destra scriveva: "A pranzo con un Capo". L'estate successiva un'altra foto e un altro pranzo. "Aiutatemi a convincere Gianfranco Fini a tornare in politica". Storace ha stretti contatti con Ignazio La Russa, ora presidente del Senato. Si racconta, in ambienti di Fratelli d'Italia, che sarebbe stato il leader de La Destra a tessere il filo con uno dei colonnelli storici di An così poi da arrivare a Giorgia Meloni e al disgelo.
Nel cerchio magico della premier sono in molti a dire: "Fini se ne sta a casa sua ma c'è qualcosa della cultura finiana, quando era al suo meglio, nella nostra nuova vicenda". Se Fini rinunciò alla fiamma, FdI per ora se la tiene anche se nel percorso verso il futuro partito dei conservatori italiani la fiamma non ci sarà più come dicono riservatamente i big meloniani. Gli ormeggi che Meloni ha mollato rispetto all'onda lunga del fascismo rientrano esattamente, anche se molti avrebbero sperato più nettezza e più ragionamenti argomentati da parte della neo premier, nel tracciato finiano quello in cui egli disse: "Il fascismo è il male assoluto". Su questo Meloni è più timida del suo mentore. Quello che, dopo la vittoria elettorale del 2008, quando Berlusconi gli disse di dargli qualche nome di giovane e di donna per il governo, ovvero per non mettere soltanto "i tuoi colonnelli, caro Gianfranco", il leader di An gli rispose: "Ti do la migliore". E così Meloni diventò ministro della Gioventù.
Nel melonismo la svolta atlantista risente molto dell'impronta finiana, così come, ma anche qui in maniera non piena, c'è del finismo nella concezione dell'Europa della premier, pur essendo lei più marcata di sovranismo rispetto a quella che fu di Fini.
Ha fatto impressione a tanti in questi giorni rivedere in Parlamento quello che forse è stato il finiano più finiano di tutti e che ha seguito l'ex leader di An in Futuro e libertà e ha condiviso tutti i passaggi politici con Fini. Stiamo parlando del neo senatore Roberto Menia, triestino, eletto in Fratelli d'Italia.
Anche guardando la composizione dell'esecutivo a molti non sfugge la presenza di qualche eredità di Fini: "Magari ci fosse ancora Pinuccio Tatarella perché sarebbe, come lo fu in passato, il perfetto ministro dell'armonia", dicono nelle stanze di Fratelli d'Italia. Ma Alfredo Mantovano, da sottosegretario a Palazzo Chigi e uomo macchina del governo, ha tutte le caratteristiche per fungere da figura di mediazione tra i vari partiti e stiamo parlando di un personaggio a sua volta con origini finiane. E c'è un colonnello di Fini alla guida del Senato: Ignazio La Russa. C'è al Mise il ministro Adolfo Urso che ha condiviso, sia pure in una corrente sua e del compianto Matteoli, al massimo grado l'avventura di An. Da lì proviene anche il ministro dell'Istruzione e del merito Giuseppe Valditara, per non dire di Daniela Santanché al Turismo. I rapporti personali, più che politici, tra Meloni e Fini sono quelli che sono, ovvero di natura più che altro telefonica, ma l'imprinting Gianfranco non solo è evidente ma anche gradito tra i nuovi governanti.