di Anonimo Napoletano
Mentre il governo Meloni appena insediatosi si prepara a dare battaglia sul fronte immigrati e rifugiati, con la linea del pugno di ferro su porti e Ong dettata dal neo-ministro dell'Interno Piantedosi e da quello alle Infrastrutture Salvini, un rapporto appena sfornato dice, al contrario, che il Pil italiano si salva proprio grazie ai lavoratori stranieri, e che senza di loro interi settori produttivi andrebbero in irreversibile crisi. I dati vengono da un'anteprima del rapporto della Fondazione Leone Moressa, che sarà presentato ufficialmente il 14 novembre a Roma. Il primo dato che colpisce è che il totale della produzione creata dagli immigrati, denominata "Pil dell'immigrazione", nel 2021 ammonta a quasi 144 miliardi: vale a dire il 9% dell'intero Prodotto interno lordo italiano. La maggior parte di questa "ricchezza" si concentra nel settore dei servizi. Se, invece, osserviamo l'incidenza per settore, i valori più alti si registrano in agricoltura (17,9%), ristorazione (16,9%) ed edilizia (16,3%). Quote che rispecchiano abbastanza la presenza dei lavoratori stranieri nel rispettivi settori.
Il 45,8% degli occupati stranieri si concentra nel settore dei servizi, specialmente quelli alla persona (ad esempio professioni di cura e assistenza). Si tratta di oltre un milione di lavoratori, pari al 9,1% dell'intero settore. I settori con la maggiore incidenza percentuale degli occupati stranieri sono invece l'agricoltura (18,0% del settore, vale a dire un lavoratore su sei), edilizia (15,5%) e ristorazione (15,3%).
E questi risultati sono largamente inferiori al periodo pre-Covid. Con la pandemia, infatti, secondo quanto rilevano gli studiosi della Fondazione Leone Moressa, gli immigrati sono stati i lavoratori più penalizzati, soprattutto perché si tratta di quelli che hanno contratti di lavoro più precari, quindi meno tutelati dal blocco dei licenziamenti decretato dal governo. Infatti, nel 2020, il tasso di occupazione degli stranieri è diminuito di oltre 4 punti, scendendo per la prima volta al di sotto di quello degli italiani. Nel 2021, invece, il Pil italiano è tornato a crescere e così l'occupazione straniera. Il tasso di occupazione degli stranieri è oggi al 57,8%, ancora leggermente inferiore rispetto a quello degli italiani (58,3%). Ma prima del Covid gli stranieri contribuivano per il 9,5% al nostro Pil, mentre oggi al 9%.
Ma quanti sono gli immigrati in Italia (sia che lavorino sia no)? A gennaio 2022 quelli regolari erano sono 5,2 milioni, pari all'8,8% della popolazione. Quelli di loro che lavorano sono invece 2,26 milioni, pari al 10% degli occupati totali in Italia (prima del Covid erano il 10,3%).
A livello regionale, quasi un quarto degli occupati stranieri si concentra in Lombardia (529 mila lavoratori). L'incidenza maggiore si registra al Centro-Nord, con tre regioni sopra il 12% (Emilia Romagna 13,0%, Lazio 12,6%, Lombardia 12,2%) e altre tre sopra l'11% (Toscana 11,9%, Veneto 11,6%, Umbria 11,0%). E anche per l'incidenza sul Pil, a livello regionale, sono le regioni del Centro-Nord a registrare il maggior apporto economico da parte dell'occupazione straniera. In particolare, in tre regioni del Nord si rileva un'incidenza del Pil dell'immigrazione superiore al 10% del Pil regionale: Lombardia (12,7%), Veneto (11,7%) ed Emilia Romagna (11,5%).
Ma il vero allarme che lancia la Fondazione Moressa è che gli immigrati stanno sempre più fuggendo dall'Italia e il Covid ha solo accelerato la fuga. «Le partenze degli immigrati dall'Italia sono cominciate nel 2011, dopo la crisi, e il fenomeno si è accentuato negli ultimi due anni, con la pandemia. Chi aveva un lavoro precario ed è rimasto disoccupato ha preferito tornare a casa, oppure spostarsi in Paesi più affini dal punto di vista linguistico, come la Francia per i nordafricani o il Regno Unito per gli asiatici — spiega il ricercatore della Fondazione Moressa Enrico Di Pasquale — Le imprese adesso avrebbero bisogno di molta più manodopera stagionale, ma i tempi del decreto flussi sono sbagliati, non coincidono con quelli dell'economia: quest'anno a giugno era ancora tutto fermo». Il risultato: nei campi non si trovano abbastanza operai per raccogliere l'uva o le olive, negli alberghi non si trova chi pulisca le camere o lavori in cucina, nell'edilizia (settore che ha avuto un incredibile boom grazie al Superbonus del 110%) le imprese non hanno abbastanza manodopera.
Ma non basta. La Fondazione Moressa ha fatto un altro complesso calcolo: si è messa a conteggiare quanti soldi vanno dallo Stato agli immigrati in ogni settore, dall'istruzione alla sanità, dai servizi sociali e le case popolari alla giustizia e la pubblica sicurezza, per poi confrontare questi dati con il ritorno che arriva allo Stato italiano in tasse pagate dai lavoratori stranieri. Ne è venuta fuori così una "analisi costi/benefici dell'immigrazione". Ebbene, anche durante la pandemia, nell'anno 2020, il saldo è positivo per le casse dell'Italia. Gli stranieri infatti sono costati allo Stato 26,8 miliardi di euro, pari al 3% della spesa pubblica complessiva. Però gli immigrati, sempre nel 2020, hanno versato tasse per 28,2 miliardi di euro. Vale a dire che lo Stato italiano ha guadagnato qualcosa come un miliardo e 400 milioni di euro nel solo 2020. Qualcuno dovrebbe parlarne con Salvini e Piantedosi.