di Antonio Saccà
Come docente di Sociologia delle forme espressive, all'università, come docente di Storia e filosofia, ai licei, come scrittore di vari libri mi fu occasione di partecipare a congressi, convegni in mezzo mondo, e di conoscere l'intelligenza universale. Ovviamente non conobbi Antonio Gramsci, Benedetto Croce. E che dire di Luigi Pirandello? Francamente avrei voluto incontrarlo. E confortarlo, se possibile, e parlare in dialetto siciliano. Ma se entro nel "possibile" la voglia di parlare e conoscere è sterminata, viviamo più con persone scomparse che con le presenti. Gramsci: poco o nulla da dire, però, uomo di antica serietà, severo con gli altri e con sé stesso, di retta coscienza culturale, spregiatore di spregevoli, onesto, e con una scrittura precisata nella concettualità, ha pensato quel che scrive, soppesato.
Poi, quel che scrive è una versione del leninismo che è una versione del marxismo in finalità di organizzazione per la conquista del potere: il partito, l'egemonia culturale oltre che economica, il rapporto operai-contadini, il ruolo dell'intellettuale, il rapporto tra intellettuale e base sociale. A Gramsci manca radicalmente la valutazione di un intellettuale che è costretto a riconoscere l'inconsistenza del proletariato come classe sostitutiva della borghesia. Ma è discorso da vagliare separatamente. Con Benedetto Croce avrei passato il tempo senza tempo. Aveva la passione degli episodietti, i personaggi, le circostanze memorialistiche, la "storia" come arte, narrazione. Intendiamoci, Egli tendeva ad altro, la Storia come confine assoluto del nostro pensare e fare, e scontro di concezioni.
Ma si lasciava condurre anche dalla "cronaca", che è il brio piccante della Storia, ferme restando le contese ideali, che però consistono in soggetti viventi. E che erano queste contese ideali? Lotte per l'accrescimento della libertà! Croce scorgeva un disegno evolutivo non evoluzionistico, volontaristico, addirittura: la compressione della libertà spinge maggiormente ad apprezzarla e ambirla con ardua decisione attiva, pensiero-azione. È un "punto" cruciale. La "dialettica", il "superamento". Da che mondo è mondo consapevole l'uomo si trova con la percussione del male. Il "male" è inficitore della vita, se c'è il male che giova continuare vivendo infelici e, sopra tutto, mortali, coscienti di morire? "Se la vita è sventura perché da noi si dura?", è Giacomo Leopardi a chiederlo.
E l'Ecclesiaste biblico sosteneva che "tutto è vanità", prima di credere in Dio, che sanerebbe la vanità del tutto. I greci ed i romani, l'Occidente, inventò il Fato, era il Fato che decideva, tu, uomo, pensa a vivere, non curarti, del resto ignoreresti quel che il Fato ha determinato per te. "Zeus, che vuoi fare di me?", il disgraziato Edipo Re, vorrebbe saperlo. Vanamente. Con il cristianesimo abbiamo complicazioni insolubili. Dio è Bene, e vi è il male! "Si Deus est, unde malum? Si non est, unde bonum?". Agostino risolse: concepì il male come mancanza di bene. Come può mancare il bene se Dio è tutto e tutto bene? Dio manca a se stesso?
O è: "In una parte più e meno altrove" (Dante). E per aggiungere un tocco alla questione, del tutto fantasiosa, come può Lucifero ribellarsi a Dio, Eva disobbedire se vengono buoni da Dio? Inoltre, l'albero del bene e del male conoscibili mangiandone il frutto preesiste ad Eva e Adamo dunque è concepito e fatto da Dio, Adamo ed Eva scelgono (libero arbitrio) il male non lo creano! Per intendere Benedetto Croce occorre sapere la problematica teologica del "male". Torniamo alla Storia. Sia il cattolicesimo che gli storicisti hanno in comune la Provvidenza. Vale a dire: il male esiste ma serve al bene negli strabilianti disegni di Dio, per i credenti, ultimo rimedio per "giustificare" il male.
Gli storicisti dialettici usano la categoria del "superamento", il male è un "momento" negativo da negare (negazione della negazione, sintesi della tesi contraria, dell'antitesi), verso quali trofei, questo continuo "superamento"? Per Hegel lo Stato tedesco, per Karl Marx il comunismo che "supera" il capitalismo dopo il "momento" socialista, per Benedetto Croce la conquista di più vasta libertà, un allargamento della libertà, l'umanità tenderebbe alla propagazione della libertà. Croce non sopportava coloro che evidenziavano il momento negativo, l'antitesi. Aveva una sincera tensione al "superamento". Il negativo era, per Lui, positivo in quanto faceva apprezzare la mancanza del positivo.
La guerra faceva apprezzare la pace, la dittatura faceva rinascere l'impeto alla libertà. È una concezione che svaluta i pensatori del "negativo", ed in effetti Croce svaluta Leopardi, Pascoli, Pirandello, rischia di strappare dall'esistenza il tragico, con una decurtazione ottimistica sulla condizione umana e sociale. E se fosse vero il contrario, se è la coscienza tragica a far sentire il male come male ed insorgere laddove il male come strumento al bene può farcelo sopportare? Una maniera laica, secolarizzata della Provvidenza? Come a dire: "Stai calmo, il Bene vincerà, anzi, apprezza la negazione che ti fa risentire il bene mancante. In ogni caso il Bene (la libertà) vincerà. Del resto a segnare il negativo senza uscita resti nel male". Questo l'argomento fondamentale di Benedetto Croce.
Eppure, segnare il male come male, non dialettizzabile, è un degno, invincibile sentire dell'uomo. E indicare un futuro positivo nel presente negativo può, potrebbe avvilire l'insorgenza alla lotta, pazientarla, renderla sopportabile, un modo di "sperare", il futuro sistemerà le cose. Ma vi è un altro modo di intendere Benedetto Croce: non scoraggiarti, sostieni, avanza, arretra, lotta, continua, la libertà sia il tuo scopo assoluto, anche per manifestare il nulla della vita, sì, devi conquistare la libertà di manifestare il nulla della vita, capisci che gran conquista è la libertà, il diritto, la possibilità della negazione, fondamentalissimo, il positivo imposto è il dominio sull'anima del pensiero.
No, non vi è un disegno, non vi è un percorso certo, accertabile della storia, la mia, la tua volontà ma la tua volontà, nessuna provvidenza, la tua volontà, la mia volontà, e cerca di capire, sentire, che pure le società liberali, e democratiche, possono rischiare la libertà, attento, la libertà la devi sbandierare dandole qualità, valore, ma per valorizzarla devi ottenerla, e mantenerla. Attento, cittadino, anche nelle società liberali la libertà può soccombere! Se impone il positivo la libertà può soccombere. Avessi da parlare con Benedetto Croce mi direbbe questo, con qualche aneddoto. E' un piacere apprezzato ascoltarlo. "Lottare" per la libertà non attenderla provvidenzialmente né ritenerla acquisita nelle "nostre" società storicisticamente. Si alzò, tolse un fascicolo, una rivista: "La critica". Dunque, Egli per primo criticava e si criticava! Libertà voluta e volente non posseduta!