Ho sempre detto e scritto che i diplomatici italiani sono i migliori del mondo. E ne sono convinta. Ce ne sono moltissimi esempi e le calate di stile o di correttezza sono generalmente molto poche e limitate a personaggi che, forse, hanno altri interessi che sopravanzano quelli della loro missione. Queste considerazioni odierne nascono dalla presentazione all'Istituto Italiano di Cultura di New York del bellissimo volume sulla "The Italian Legacy in the Dominican Republic", a cura del giá Ambasciatore nella Repubblica Dominicana, Andrea Canepari. Quest'opera è stata preceduta da altri due corposi testi, curati dallo stesso Canepari, e intitolati rispettivamente "The Italian Legacy in Washington, D.C." e "The Italian Legacy in Philadelphia". Ne parleremo più diffusamente quando avremo finito di leggerli tutti e tre.
La nota di oggi è che questa iniziativa, questo lavoro di amore e di ricerca, fatto da un diplomatico illuminato, apre la strada ad altri studi di questo genere, che hanno la massima importanza perché sono filtrati attraverso gli occhi di un osservatore presente e allo stesso tempo estraneo alla comunità di cui parla. Nella carriera diplomatica, dopo il superamento di un difficile esame e un approfondito corso di formazione, si succedono due mandati consecutivi di quattro anni ciascuno in due sedi e Paesi diversi, seguiti da un periodo di quattro anni alla Farnesina, in una delle direzioni generali in cui è articolato il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale. Poi si ricomincia con i due mandati all'estero e così via.
Ogni periodo trascorso altrove, in rappresentanza della nostra Repubblica, mette il diplomatico inviato nel mondo a contatto anche, se non prima di tutto, con la comunità italiana locale, con tutte le sue generazioni, sfaccettature, amori e disamori interni, competizioni fra territori e personaggi, inserimento e livello di influenza sulle realtà del Paese ospitante. Ci sono veri leader, grandi e piccole associazioni, famosi esperti nei campi più disparati, politici accreditati e fanfaroni che vorrebbero far credere di essere importanti anche se non lo sono. Ci sono faccendieri che rincorrono cariche e prebende per riempirsi le tasche in modi più o meno leciti. Di converso, ci sono elementi di successo che creano fondazioni e dedicano la propria vita all'assistenza alle fasce più deboli delle collettività o a sostegno di Centri di ricerca scientifica, Università e scuole in cui si studia l'Italiano. Tutto questo e molto altro costituisce il mosaico, non sempre perfetto, delle collettività attuali.
Ma, specialmente, nei nostri Paesi extraeuropei, i contributi e le stratificazioni della presenza italiana appartengono non soltanto alla storia della nostra emigrazione, ma anche alla storia locale, spesso sconosciuta agli stessi discendenti dei primi emigranti. Il sostantivo Legacy è tradizionalmente tradotto in italiano con i termini lascito, eredità, retaggio, ma significa molto di più. È un patrimonio spirituale e concreto al tempo stesso, è la memoria, è il quadro delle tradizioni portate con sé. È il complesso dei contributi identitari e culturali offerti alla società nella quale gli italiani sono andati a vivere. È una serie di palazzi e simboli, di arte, commercio e religione. È la realtà su cui si basano rapporti più stretti fra quel particolare Paese e l'Italia, attraverso i suoi figli che vi sono andati "a cercar fortuna" e, così facendo, hanno portato fortuna alle popolazioni con cui si sono incontrati, mischiati, e, a volte, confusi.
Questo legame fra Nazioni è anche un legame fra un passato e un futuro che parlano italiano. È un legame che sostiene le più antiche e profonde relazioni internazionali. È un legame che fa parte della politica estera dell'Italia e la sostiene. Tornando a noi, vorrei citare qualche esempio dei protagonisti di questo specifico racconto fatto dall'Ambasciatore Canepari. Eccoli. Alessandro Geraldini (Amelia 1455 – Santo Domingo 1524), umanista, diventa Vescovo di Santo Domingo nel 1519 e fa edificare la prima Cattedrale dell'isola, scoperta da Cristoforo Colombo e chiamata originariamente Hispaniola, alla latina. La Cattedrale è dedicata a Nostra Signora dell'Incarnazione.
L'ingegnere Guido D'Alessandro, nato a Bivino (FG) nel 1895, arriva nella repubblica Domenicana nel 1927, diventa generale dell'esercito, costruisce le fortezze di Monte Cristi e San Cristobal e l'Ospedale militare di Marion, poi si vede affidare dall'allora Presidente Rafael Trujillo, nel 1939, il progetto di edificazione del Palazzo Nazionale, inaugurato il 2 febbraio del 1947, in occasione del primo centenario dell'indipendenza. Pur creato da un italiano, il Palacio Nacional rappresenta il simbolo della sovranità della Repubblica Dominicana.
Giovanni Battista Cambiaso, genovese (1820 – 1886) è un ammiraglio, fondatore della Marina Dominicana e Primo Console Italiano. Raffaele Ciferri (Fermo 1897 – Pavia 1964) è un botanico, agronomo e micologo, laureato all'Università di Bologna, che realizza la prima stazione agraria sperimentale in Santiago de los Caballeros per lo studio della patologia delle piante. Infine. Giovanni Battista Vicini Canepa, nato in provincia di Genova nel 1847, detto "Baciccia", diventa coltivatore, produttore ed esportatore di caffè e zucchero. I nostri italiani hanno quindi creato i luoghi della religione e del potere di Stato, le sedi militari e la Marina della Repubblica, avviato i commerci e risanato la flora locale. Ma hanno un divertente merito in più: il Baciccia, dopo aver avuto 11 figli con la moglie legittima, intrattiene un'avventura extraconiugale con Maria Burgos Brito, da cui nascono altri 3 figli, incluso il futuro Presidente della Repubblica Dominicana Juan Bautista Vicini Burgos. No comment.
Ringraziamo il cielo per l'esistenza dei diplomatici illuminati che, con occhio spassionato e attento, aprono se stessi insieme a tutti noi alla conoscenza dell'enorme ricchezza rappresentata dagli italiani all'estero e sanno regalare una visione, non di parte, di quello che hanno fatto e continuano a fare le nostre collettività nel mondo.
SILVANA MANGIONE