Di Matteo Forciniti
L'impegno e la passione hanno accompagnato la vita di Tina Modotti, una delle più importanti fotografe di inizio novecento protagonista di innumerevoli avventure in giro per il mondo. A lei ha reso omaggio recentemente una conferenza tenuta da Claudio Del Pup presso la Fundación Verde a Montevideo organizzata da Efasce (l'Ente Friulano dell'Uruguay) con la collaborazione del Centro Culturale Dante Alighieri.
Quella di Tina Modotti è stata una storia costellata da emigrazione, arte, attivismo politico e anche qualche mistero. Nata a Udine nel 1896, la prima esperienza emigratoria la fece da bambina in Austria per alcuni anni prima di tornare in Italia dove cominciò a lavorare giovanissima per poter sostenere economicamente la famiglia. Nel 1913 partì verso gli Stati Uniti dove iniziò una carriera nel mondo del cinema muto e dove conobbe e sposò in seconde nozze il fotografo Edward Weston.
Fu insieme a lui che si addentrò nella fotografia durante il periodo in Messico caratterizzato da un forte impegno artistico come ricorda Del Pup: "Attraverso questa iniziativa che avevamo da tempo in mente con Efasce abbiamo voluto omaggiare un'artista friulana dal talento naturale che ha vissuto tantissime esperienze. Tra queste abbiamo scelto di soffermarci in particolare sulla sua fotografia che è stata una straordinaria ricerca antropologica, una testimonianza stupenda del Messico post rivoluzionario negli anni venti in un'epoca di grande effervescenza culturale. Pur non avendo mai studiato fotografia, con le sue opere lei è riuscita a raggiungere dei livelli altissimi".
Dal Messico Tina Modotti fu però espulsa nel 1930 a causa di una campagna mediatica mossa da un'accusa ingiusta dopo un omicidio. Ne seguì un viaggio in giro per l'Europa in preda all'ascesa del fascismo, l'approdo nell'Unione Sovietica comunista e poi l'impegno nella guerra civile spagnola per la causa repubblicana. In Spagna, grazie all'appoggio dell'organizzazione Soccorso Rosso, riuscì ad aiutare i bambini da esiliare in altri paesi dopo la sconfitta dei repubblicani. In seguito per lei ci fu una nuova, ultima, avventura in Messico. È qui che trovò la morte nel 1942 in circostanze mai chiarite: secondo alcuni venne assassinata dai servizi segreti sovietici perché a conoscenza di fatti compromettenti, per altri fu solo un infarto dovuto a circostanze naturali.
"A volte si tende a confondere l'emigrazione e l'esilio ma in realtà sono due concetti ben diversi" puntualizza Claudio Del Pup, docente e artista plastico di origini friulane. "L'emigrazione è dettata da necessità economiche alla ricerca di nuove opportunità di lavoro; l'esilio è invece una scelta obbligata di fronte al pericolo concreto di morte. Nel corso della sua movimentata e complicata vita, Tina Modotti ha vissuto appieno entrambe le esperienze da una parte all'altra del mondo, tra più nazioni e contesti diversi". Ma al di là dell'aspetto ideologico delle sue idee, il messaggio da sottolineare oggi secondo Del Pup è quello di "un impegno costante a favore dei più umili, il suo lato profondamente umanitario forse dettato anche dalla sua esperienza personale frutto di sacrifici e sofferenze".
Della sua fotografia ci restano solo i lavori del periodo messicano negli anni venti, uno sguardo sui movimenti sociali e su un popolo che aveva imparato ad amare. La macchina con cui lavorava era un enorme oggetto di quattro chili destinato qualche anno dopo a scomparire nel nome del progresso: "Tra le varie vicende avute nella vita c'è stato anche uno scontro con la nuova tecnologiache la portò ad abbandonare la professione. Con la diffusione delle macchine Leica -molto più piccole in peso e dimensione- la fotografia iniziò a diventare sempre più popolare. Questo provocò un rifiuto deciso in lei. Adesso sono diventati tutti fotografi, diceva, proprio come succede oggi con i cellulari".