di Alessandro Camilli
Si ingegnano e si istruiscono reciprocamente via social su come e dove sabotare le gabbie. Le gabbie dove sono detenuti umani? No, le gabbie con cui si catturano cinghiali per impedire che cinghiali rechino danni agli umani. Cinghiali da catturare (quando lo si fa) per non abbatterli. Catturarli per sterilizzarli e contenere la loro espansione demografica ormai abnorme rispetto al territorio, antropizzato o no che sia. Ma quelli che si ingegnano, radunano, istruiscono via social su dove e come sabotare le gabbie non tollerano alcun limite alla libertà di movimento dei cinghiali (o di qualunque altro mammifero o artropode o vivente che sia). Con una eccezione: il mammifero umano può essere bloccato
Giustizieri dell'ambiente - Tra le varie eventualità che un mammifero umano deve oggi mettere nel conto della sua giornata c'è quella di essere bloccato su una strada urbana o suburbana. Bloccato da chi? Da quelli che liberano cinghiali però imprigionano le auto e con loro gli umani che vi sono dentro. Da quelli che a turno scelgono una strada, vi si sdraiano, fanno blocco, fermano il prossimo. Dicono di farlo per spiegare al prossimo che il petrolio e i suoi fratelli non vanno usati più, da subito. Per dirlo fanno abuso di se stessi, abusano delle buone ragioni dell'ambientalismo, si autonominano giustizieri, pretendono impunità, anzi gloria alla loro prepotenza. Si fanno braccio operativo di una Inquisizione del corretto vivere. E, come ogni milizia che gioca e vive sulla e della dicotomia puro/impuro, hanno costante bisogno di alzare il tasso di dipendenza tossica.
Si prendono il diritto/missione di sporcare quadri capolavori artistici. Si prendono il diritto di bloccare sistematicamente le strade. Per loro l'umano è entità impura da punire, proprio come il cinghiale e ogni altro animale non umano è purezza intangibile, letteralmente intangibile. Fanno le vittime, sono dei bulli. Si travestono da missionari, sono dei flagellanti. Si sentono sapiens più di ogni altro fieri che la loro sapienza abbia divorziato con rancore e perfino odio verso la ragione e la misura. E infine si riparano, non senza una qualche viltà, dietro un qualche obbligo civile a sopportarli. Ma, avrebbe detto Totò, ogni limite ha la sua pazienza.